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I segreti di Nicoletta Doni, la donna del Mose: "comprato il mio silenzio!"
Sabato 18 Luglio 2015 alle 14:33 | 0 commenti
«O rimango buona buona dove sono e guardo cosa succede, sapendo che al massimo tra 4 anni mi mandano via, oppure vedo di “farmi mandare via†prima, con tanti soldi, dato che so tante cose». Quando la mattina del 12 luglio 2013 viene arrestato Giovanni Mazzacurati, i finanzieri si presentano anche a casa di Nicoletta Doni, responsabile del servizio di Pianificazione e Controllo del Consorzio Venezia Nuova, tra le varie cose sequestrate ci sono anche due agendine: una ha in copertina un quadro di Van Gogh, l’altra uno sfondo azzurro con stelle e pesci.
All’interno ci sono i suoi «segreti» su quello che succede al Consorzio, annotati quasi quotidianamente come nel passo sopra, datato 16 luglio 2012. Ora il contenuto di quelle agendine è finito nell’ordinanza del gip Alberto Scaramuzza, che ha portato il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia a sequestrare, giovedì mattina, 7,7 milioni di euro a 8 imprese coinvolte nell’inchiesta Mose. «Dice (probabilmente intende Mazzacurati, ndr ) che già il fatto di avermi demansionata e avermi comunque dato un premio da 80 mila euro pone il CVN in difficoltà ... - è scritto in quella stessa data - hanno comprato il mio silenzio!».
L’ingegner Doni per oltre sette anni è stata anche membro dell’organismo di vigilanza (odv) del Consorzio e dunque è l’esempio concreto del perché ora alle aziende viene contestata una responsabilità nel mancato controllo dell’operato dei loro amministratori. Come scrive il gip, non c’era solo un evidente conflitto di interessi nel fatto di essere un dirigente operativo del soggetto che avrebbe dovuto vigilare, ma anche una totale copertura di quelle «procedure assolutamente non in linea con il modello di organizzazione imposto dalla normativa». E si capisce quali sono le «tante cose» che sapeva da un altro appunto di pochi giorni dopo. E’ il 27 luglio e Doni scrive: «Mazzacurati aveva bisogno di soldi (evidentemente in nero per pagare qualcuno) e gli aveva detto di far vendere la barca». Qualche mese prima, l’1 febbraio, mentre è in corso la verifica delle fiamme gialle al Consorzio, la dirigente annota: «Peccato che il Casson di turno o la Guardia di Finanza non hanno capito bene cosa dovevano andare a controllare effettivamente». In altri passaggi vengono rivelati i favori ai dirigenti del Magistrato alle Acque, come l’assunzione delle figlie di Patrizio Cuccioletta e Giampietro Mayerle in Thetis e del genero di quest’ultimo allo stesso Consorzio. E il gip osserva che i membri dell’odv sapevano tutto, ma non hanno fatto nulla per evitarlo. «Favorendo così, invece di prevenire, i reati poi accertati con riferimento ai rapporti tra Magistrato alle Acque e Consorzio», chiosa.
Oltre a Doni, infatti, il magistrato – sulla base dell’informativa della Finanza e della richiesta dei pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini – sottolinea la scarsa indipendenza anche di altri quattro membri o ex dell’odv del Consorzio. A partire da Valentina Croff (responsabile dell’amministrazione del Consorzio e dunque in posizione simile a Doni), per arrivare ai tre dirigenti o funzionari ministeriali Lorenzo Quinzi, Aldo Cappiello e Massimo Anitori. Valga per tutti il caso di Quinzi, all’epoca dirigente dell’Economia. Ci sono numerose telefonate in cui lui suggerisce a Mazzacurati come fare per ottenere i fondi del Cipe e anche un appunto nell’agenda di Doni secondo qui avrebbe rivelato che «gli piacerebbe fare il presidente del Magistrato alle Acque». Quinzi, come gli altri due, aveva anche ricevuto incarichi per decine di migliaia di euro dal Consorzio. C’è poi un’ultima intercettazione in cui Mazzacurati dice che Quinzi gli ha promesso che il Mose sarà una priorità e gli ha riferito di un biglietto (con «una raccomandazione») firmato da Gianni Letta.
L’ingegner Doni per oltre sette anni è stata anche membro dell’organismo di vigilanza (odv) del Consorzio e dunque è l’esempio concreto del perché ora alle aziende viene contestata una responsabilità nel mancato controllo dell’operato dei loro amministratori. Come scrive il gip, non c’era solo un evidente conflitto di interessi nel fatto di essere un dirigente operativo del soggetto che avrebbe dovuto vigilare, ma anche una totale copertura di quelle «procedure assolutamente non in linea con il modello di organizzazione imposto dalla normativa». E si capisce quali sono le «tante cose» che sapeva da un altro appunto di pochi giorni dopo. E’ il 27 luglio e Doni scrive: «Mazzacurati aveva bisogno di soldi (evidentemente in nero per pagare qualcuno) e gli aveva detto di far vendere la barca». Qualche mese prima, l’1 febbraio, mentre è in corso la verifica delle fiamme gialle al Consorzio, la dirigente annota: «Peccato che il Casson di turno o la Guardia di Finanza non hanno capito bene cosa dovevano andare a controllare effettivamente». In altri passaggi vengono rivelati i favori ai dirigenti del Magistrato alle Acque, come l’assunzione delle figlie di Patrizio Cuccioletta e Giampietro Mayerle in Thetis e del genero di quest’ultimo allo stesso Consorzio. E il gip osserva che i membri dell’odv sapevano tutto, ma non hanno fatto nulla per evitarlo. «Favorendo così, invece di prevenire, i reati poi accertati con riferimento ai rapporti tra Magistrato alle Acque e Consorzio», chiosa.
Oltre a Doni, infatti, il magistrato – sulla base dell’informativa della Finanza e della richiesta dei pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini – sottolinea la scarsa indipendenza anche di altri quattro membri o ex dell’odv del Consorzio. A partire da Valentina Croff (responsabile dell’amministrazione del Consorzio e dunque in posizione simile a Doni), per arrivare ai tre dirigenti o funzionari ministeriali Lorenzo Quinzi, Aldo Cappiello e Massimo Anitori. Valga per tutti il caso di Quinzi, all’epoca dirigente dell’Economia. Ci sono numerose telefonate in cui lui suggerisce a Mazzacurati come fare per ottenere i fondi del Cipe e anche un appunto nell’agenda di Doni secondo qui avrebbe rivelato che «gli piacerebbe fare il presidente del Magistrato alle Acque». Quinzi, come gli altri due, aveva anche ricevuto incarichi per decine di migliaia di euro dal Consorzio. C’è poi un’ultima intercettazione in cui Mazzacurati dice che Quinzi gli ha promesso che il Mose sarà una priorità e gli ha riferito di un biglietto (con «una raccomandazione») firmato da Gianni Letta.
di Alberto Zorzi dal Corriere del Veneto
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