Gueri da Santomio
Domenica 7 Ottobre 2012 alle 12:23 | 1 commenti
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Di Enrico Hüllweck
Ormai ero spazientito! A Gueri da Santomio il ritratto del mio bambino l'avevo commissionato fin dalla primavera. Potevo capire la necessità di qualche ritocco ,ma l'autunno ormai bussava alle porte e di quel quadro nessuna notizia. Un giorno, finalmente, Gueri bussò alla mia porta. Era il 19 ottobre dell'89.
Con il viso sorridente, ma con gli occhi che tradivano il pianto, mi mise in mano il sospirato dipinto, raffigurante il volto del mio frugoletto, dicendomi : "Mi scusi se l'ho fatta aspettare, ma su questa tela volevo mettere una data particolare: quella di oggi, perché oggi, due anni fa, è morto mio figlio in un incidente e io ho sentito il desiderio, la necessità di mettere questa data sul quadro, perché così (e nel frattempo gli occhi gli si riempivano di lacrime), con il sorriso di suo figlio, sento che è come se continuasse un po' a vivere anche il mio : il mio figliolo che non ho più...".
Guardai il quadro. Era bellissimo, fatto con l'anima e lo si vedeva, anche senza leggere la struggente dedica che Gueri aveva scritto sul retro della tela. Per questo quando, due anni dopo, Gueri da Santomio arse vivo nel tragico incendio del suo studio in Corso Palladio, morendo così (flogheon anthos) fra i suoi quadri, rimasi doppiamente commosso e rattristato per la scomparsa di quello che fu, verosimilmente, il più popolare dei pittori vicentini. Mi tornò in mente, allora, il giorno in cui l'avevo visto per la prima volta, con il cavalletto per dipingere ben piantato sul marciapiede di Ponte San Paolo, mentre "tirava giù ponte San Michele e il Retrone", alternando colpi di spatola e di pennello ad altrettanti saluti e sorrisi per tutti quelli che gli passavano accanto o che si fermavano a guardare. Ammiccava contento sotto il suo berretto arguto e un po' sbiego e sembrava respirare gioia di vivere, dilatandosi nel suo maglione rosso, come fosse il padrone del fiume che scorreva sotto di noi. Doveva aver colto la mia espressione un po' dubbiosa e incuriosita mentre guardavo sulla tela lo spazio dove sarebbe dovuta apparire l'acqua del fiume e dove invece, per il momento, uno zigzagante colpo di spatola aveva tracciato, quasi come un urlo, una forte striscia gialla, come di luce solare riflessa, scintillante, risplendente. "Non preoccuparti ", mi disse Gueri (mi dava del tu perché ero un ragazzino), "se alla fine non si capirà cos'è , ci scriverò sopra ‘acqua di fiume' ". In realtà Gueri non ebbe mai bisogno di "spiegare" le forme descritte nei suoi quadri. Amava così tanto la natura, compresa la materialità dei corpi e dei volti, da non osare di stravolgerla nella forma, diventandone così un fedele ritrattista, tanto da accettare consapevolmente la critica e il supponente disprezzo di quei critici e di quegli intellettuali che riconoscono l'arte solo quando si trovano davanti alle schifezze pittoriche di certi celebrati artisti, celebri per aver imbrattato tele sulle quali sarebbero stati incapaci di dipingere sul serio. Lui accettava divertito le critiche degli "intenditori snob", consolandosi con la benevolenza di tutti quelli che capivano il suo sottile e abile trucco: giocare, cioè, non con le linee delle forme (nelle quali, rispettosamente, metteva poco di suo), ma con la sgranatura e il riallineamento dei colori, con la trasfigurazione delle cose e dei volti, non già attraverso i lineamenti, ma attraverso una elaborata, raffinata e complessa tessitura di pennellate cromatiche (queste sì spesso ardite e sorprendenti) alle quali affidare l'interpretazione esistenziale dei soggetti e l'evocazione dei messaggi, dei sentimenti e degli stati d'animo.
Il vero nome di Gueri da Santomio era Bortolo Grendene . Maladense....
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e semplice come poche persone lo sono
un grande amico sei sempre con noi