Giustizia, legalità e sicurezza: tessuto di tutti i diritti
Giovedi 18 Settembre 2014 alle 23:15 | 0 commenti
Regione del Veneto, Sezione Sistema statistico regionale - Di seguito pubblichiamo il numero di Statistiche Flash di Settembre (qui il pdf con grafici e tabelle)
Una vera inclusione sociale, che contrasti gli squilibri esistenti tra territori, gruppi sociali e persone, è un presupposto per la crescita del Paese. L'inclusione chiama in causa i diritti di cittadinanza: l'accesso ai diritti sociali (istruzione, lavoro, salute...) e ai diritti civili per poter esercitare la propria partecipazione ai processi decisionali.
Ma tutte le libertà e i diritti si esercitano entro una trama indispensabile fatta di giustizia, legalità e sicurezza. Sapere di poter rivolgersi a un tribunale per una controversia, di ottenere giustizia in tempi brevi, di poter contare su un sistema di regole chiare, riconosciute, eque ed efficienti, è una consapevolezza decisiva per la convivenza e l'integrazione. E, va da sé, è anche una leva importante per favorire la crescita e la ripresa economica.
Molteplici sono le dimensioni che contribuiscono a definire il livello di legalità , sicurezza e civiltà di un Paese: presenza di garanzie per un corretto e responsabile esercizio dei poteri dello Stato, nel rispetto delle leggi, per il bene comune e secondo criteri di trasparenza; contrasto alla corruzione; tutela dei diritti fondamentali dell'uomo; livello di criminalità , di conflittualità e tutela dell'ordine pubblico; accessibilità alla giustizia; sostenibilità , efficienza e indipendenza del sistema giudiziario. Alcuni di questi aspetti sono analizzati nella ricerca "WJP Rule of Law Index 2014", a cura del World Justice Project, che confronta lo Stato di diritto di 99 Paesi del mondo, evidenziandone i punti di forza e le criticità , mediante indici sintetici di performance che assumono valori crescenti in corrispondenza di livelli più alti di legalità . Nel confronto internazionale, l'Italia evidenzia alcuni limiti importanti: con 63 punti su 100 si colloca al 29° posto nella graduatoria generale dei 99 Paesi esaminati e, soprattutto, rileva ritardi e inefficienze rispetto ai 30 Paesi più industrializzati e ad alto reddito (27° su 30). Ai vertici della classifica si collocano i Paesi del Nord Europa: Danimarca e Norvegia al primo posto, seguite da Svezia e Finlandia. Gli aspetti più problematici che penalizzano il sistema italiano riguardano la mancanza di trasparenza (29° posto tra i 30 Paesi più industrializzati), l'ordine e la sicurezza, l'inefficienza della giustizia civile, la corruzione; migliore invece la situazione per quanto riguarda il riconoscimento e il rispetto dei diritti fondamentali (21°).
Sentirsi sicuri
C'è un bisogno di sicurezza che si impone anche nella società odierna: preoccupano le situazioni di instabilità internazionale, ma anche il verificarsi di nuovi contrasti sociali e atti di violenza nella vita di tutti i giorni. A partire dal 2011, sia in Veneto che in Italia cresce la criminalità , segnando un'inversione di tendenza rispetto al trend del biennio precedente. Nel 2012 nella nostra regione salgono a 201.102 i reati denunciati dalle Forze di Polizia all'Autorità giudiziaria (+5% rispetto al 2011), ossia circa 4.100 reati ogni 100.000 abitanti, un dato comunque inferiore a quello italiano (4.734). Tra i reati più diffusi, si confermano i furti (il 58% delle denunce) e i danneggiamenti (12%), reati di minore pericolosità , ma che proprio perché particolarmente diffusi influiscono significativamente sulla percezione di sicurezza dei cittadini. Sempre più connessi via web, siamo maggiormente vulnerabili ed esposti a nuovi rischi, tanto che truffe e frodi informatiche sono il terzo tipo di reato più denunciato. Rispetto all'anno precedente, aumentano i crimini di strada (borseggi (+16,9%), scippi (+4,2%) e furti in auto), i furti negli esercizi commerciali (+12%) e i furti e le rapine nelle abitazioni (+19%). Si parla di 20.376 furti/rapine nelle case, cioè circa 2 casi ogni ora.
La crisi economica ha portato con sé un aumento della microcriminalità , ma anche, se pur in forma meno evidente, una crescita delle attività delle organizzazioni criminali, abili nell'approfittare delle difficoltà incontrate dalle imprese. L'infiltrazione della criminalità organizzata investe ormai molti settori e riguarda anche regioni non comunemente ritenute a rischio: particolarmente esposto risulta il Lazio e, tra le regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna presentano valori di rischio medio-alto.
A fronte di un aumento dei livelli di criminalità , cresce anche il senso di insicurezza e di preoccupazione. I cittadini pensano che la criminalità sia uno dei problemi prioritari del Paese e lo avvertono quotidianamente, tanto che il 32% delle famiglie in Veneto dichiara di vivere in una zona a rischio di criminalità (31% in Italia), quando era il 25% due anni prima. Quasi il 78% delle persone teme di rimanere vittima di un furto in casa o di atti violenti, il 30% non si sente sicuro di uscire quando fuori è buio e il 15% a restare solo in casa. La preoccupazione è maggiore per chi è già stato vittima di un reato (87%), perché il trauma non si esaurisce con l'episodio, ma si protrae nel tempo, generando paura e inducendo una percezione più intensa del rischio di criminalità per sé e per gli altri.
Una giustizia lenta è una giustizia negata
L'accesso a un sistema giudiziario efficiente è uno dei principi fondatori delle democrazie europee; non solo, contribuisce a rafforzare la fiducia di cittadini e imprese nelle istituzioni, innescando positivi meccanismi di crescita economica. La stessa Unione Europea, nel definire le priorità per rilanciare la crescita, ribadisce la necessità di migliorare i sistemi giudiziari nazionali per semplificare le condizioni operative delle imprese.
In merito alla giustizia civile, l'Italia evidenzia forti criticità per i tempi eccessivamente lunghi: in media ci vogliono circa 500 giorni per arrivare a una decisione di primo grado (contro una media nei Paesi Ocse di 240 giorni) e quasi 8 anni per giungere alla sentenza definitiva in Cassazione.
A livello locale, nel 2012 per una causa civile nel distretto di Venezia servono mediamente 336 giorni per una sentenza di primo grado, performance migliore rispetto alla maggior parte degli altri distretti; non così efficiente il secondo grado di giudizio: in caso di ricorso in appello passano altri 1.163 giorni, nel complesso oltre 4 anni, quando nel distretto di Trento basta un anno e mezzo. Anche per la maggiore presenza di imprese, la domanda di giustizia civile è più alta nell'area di Verona (4.048 nuove cause di primo grado per 100.000 abitanti vs la media regionale di 3.473), a Treviso e a Padova. Ciò nonostante, qui si riesce a dare una risposta in tempi mediamente più brevi e a smaltire un maggior numero di pratiche.
La performance del sistema giudiziario potrebbe migliorare se si investisse di più in informatizzazione, poiché le nuove tecnologie consentono di velocizzare le procedure e ridurre i costi e i tempi di lavoro, assicurando nel contempo una migliore disponibilità di informazioni. In questo l'Italia fa ancora troppo poco: si pensi che nel 2010 riservava all'informatizzazione appena l'1,9%, del budget complessivo destinato alla giustizia, percentuale tra le più basse a livello internazionale (media 3,9%). Nell'ultimo periodo, tuttavia, si assiste a un'accelerazione verso il digitale: ad esempio, nei primi 6 mesi del 2014 gli atti depositati telematicamente nel distretto di Venezia salgono a 40.541, il 240% in più rispetto al semestre precedente (Italia: +76%). E dal 30 giugno 2014 per i tribunali ordinari diventa obbligatorio il ricorso al processo civile telematico per i nuovi procedimenti e dal 31 dicembre 2014 lo sarà anche per quelli pendenti (Legge n° 114/2014).
Detenuti: non solo numeri, ma persone
L'Italia, a fronte di un tasso di detenzione tra i più bassi d'Europa (112 detenuti per 100.000 abitanti contro la media europea di 150), registra un elevato livello di sovraffollamento carcerario, sia per il maggior numero di detenuti in attesa di giudizio, sia per il minore ricorso a misure alternative alla detenzione. Nel 2013, gli istituti penitenziali italiani, progettati per una capienza massima di 47.709 posti, ospitano 62.536 detenuti, circa 131 ogni 100 posti letto previsti (media europea 98). In Veneto i detenuti sono 2.969, quasi il 50% in più dei posti disponibili, con punte di sovraffollamento più alte a Vicenza e a Treviso. La situazione delle carceri italiane è da tempo sotto osservazione e oggetto di profonde critiche, anche a livello internazionale. Poco più di un anno fa, la Corte europea ha condannato l'Italia di aver violato la Convenzione sui diritti dell'uomo per le condizioni considerate «inumane» dei detenuti (sentenza ‘‘ Torreggiani'')¹, richiedendoci di intervenire per eliminare il sovraffollamento e adottare al più presto misure in riparazione dei diritti violati. In risposta a quanto disposto dalla Corte europea, con la Legge n° 117/2014 si riconosce il diritto al risarcimento per chi è costretto a vivere in celle ai limiti delle condizioni di sopportabilità : per i detenuti già tornati in libertà è previsto un risarcimento in denaro, per chi è ancora in carcere uno sconto di pena.
I carcerati sono prevalentemente uomini, giovani e con un'istruzione medio-bassa. Gli stranieri nelle carceri venete sono il 58%, una percentuale importante, ma che in parte si spiega considerando che, rispetto agli italiani, gli stranieri riescono a usufruire meno delle misure alternative al carcere (a livello nazionale il 13% contro il 31% degli italiani), perché spesso sprovvisti dei requisiti per poterle chiedere, come un ambiente familiare idoneo, un alloggio e un lavoro adeguato. Circa il 68% di chi è in carcere è condannato in maniera definitiva, tra questi il 29% deve scontare una pena complessiva inferiore ai 3 anni, il 22% dai 3 ai 5 anni. Il lavoro svolge un ruolo fondamentale per il recupero e il reinserimento del detenuto. In Veneto lavora il 41% dei reclusi, il valore più alto a livello nazionale, preferibilmente alle dipendenze di un datore esterno all'Amministrazione penitenziaria (28,5%). Proprio il lavoro presso imprese, cooperative o altri soggetti, di solito più specializzato e simile a ciò che richiede il mercato, può più facilmente trasformarsi in opportunità lavorative concrete al termine della pena. Una delle esperienze meglio riuscite nella nostra regione è l'attività di pasticceria del carcere di Padova: i detenuti, guidati da abili maestri pasticceri, sfornano prodotti artigianali di riconosciuta qualità .
1 In accettazione del ricorso presentato da alcuni detenuti italiani per denunciare di essere costretti a condividere celle eccessivamente piccole, disponendo di uno spazio personale di appena 3 metri quadrati.
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