Giornata della memoria: noi siamo la nostra storia
Giovedi 9 Febbraio 2012 alle 15:26 | 0 commenti
Riceviamo da Roberto Ciambetti Presidente del Comitato Istria-Dalmazia della Regione del Veneto e pubblichiamo
"La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa, noi siam nulla", diceva Luis Buñuel. Quanto pesa nella nostra memoria di popolo, la diaspora istriano-dalmata, l'Esodo, la tragedia delle Foibe?
Conosco tanti per i quali Istria, Dalmazia, Fiume, Pola, Zara, sono ferite aperte, che sanguinano ancor più per il tentativo di rimozione che per anni ha voluto celare alla nostra coscienza collettiva una Storia dolorosa in una rimozione che faceva comodo a molti, a troppi, con il silenzio e persino l'infamia di chi non diede nemmeno asilo ai profughi.
Il ricordo di oggi non può far giustizia del silenzio di anni, ma di certo deve rammentarci il dovere morale che abbiamo: non sapremo mai con esattezza quanti morirono, che si tratti di 5 mila o 30 mila tra uomini, donne, adolescenti, persino bambini, oggi sappiamo che furono vittime di un crimine contro l'umanità i cui mandanti ed esecutori verrebbero processati e condannati.
La vittime di allora non chiedono vendetta, né tocca a noi emettere sentenze. Sappiamo però che nessuno oggi si pensa d'accusare un popolo per quell'infame crudeltà : fortunatamente abbiamo imparato a distinguere e pesare le responsabilità e capire che risentimento ed odio non generano giustizia.
So bene che molti tra i protagonisti della diaspora, come tra parenti di chi non tornò più o scomparve nel nulla, desterà sorpresa la mia speranza di vedere forse un giorno nelle scuole italiane ma ancor più in quelle Venete leggere il 10 febbraio una poesia di Ligio Zanini, magari quella dei pesciolini "Sensa nom" o "Fioi", o pagine del suo duro romanzo Martin Muma, testimonianza della parabola umana di un poeta che, pur comunista convinto, finì prigioniero nel ‘gulag' dell'Isola Calva, travolto dalla nemesi storica, con il crollo delle illusioni e l'amara scoperta della realtà che sfugge ancor oggi a molti, a troppi e che proprio la Giornata del Ricordo porta alla luce: Istria e Dalmazia, sono testimonianza paradigmatica delle contraddizioni della nostra era, delle tensioni, violenze, disinganni, crudeltà che segnano tanti luoghi al mondo, come, da ultimo, proprio in questi giorni, le quotidiane cronache dalla Siria ci rammentano.
Ricordare è un dovere prima che un diritto. E nel ricordo avere il coraggio di non dimenticare che, almeno fino al XIX secolo, per Istria, Dalmazia, Quarnaro, non aveva alcun senso parlare di italiani, sloveni, croati, perché, casomai, si sarebbero identificate tradizioni e lingue diverse in una terra dove veneti, croati, morlacchi, austriaci, persino sparute minoranze valacche, si sentivano semplicemente Istriani o Dalmati avendo vissuto pacificamente per secoli assieme sotto l'egida veneziana, pur mantenendo la loro lingua, tradizioni e identità . Non è un caso se la riva più bella di Venezia, quella che s'affaccia sul bacino di San Marco e che si diparte da Palazzo Ducale verso l'Arsenale - due luoghi simbolo della città - porti il nome di Riva degli Schiavoni, cioè gli slavi,quegli ‘oltremarini' che per ultimi, e solo forzatamente, furono costretti ad abbandonare la Serenissima al suo destino. Ecco: noi siamo la nostra memoria. Senza retorica, senza enfasi, ma con l'orgoglio di un popolo, i Veneti dell'altra sponda dell'Adriatico con tutte le loro lingue e culture, la cui storia deve essere un duro monito per noi tutti.
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