Giochi di una volta, quando i primi artigiani erano i bambini
Sabato 4 Febbraio 2012 alle 00:07 | 0 commenti
 
				
		Franco Albanelli, regista per conto terzi, documentarista in proprio
I primi artigiani erano i bambini. Meccanici, falegnami, progettisti, finanche ingegneri. Sì, i primi veri artigiani erano i bambini. Almeno lo erano quelli che Franco Albanelli ci mostra in "Giochi di una volta", film-documentario che racconta la storia dei giochi dei bambini vicentini di primavera fa. Quelli che per avere un giocattolo lo dovevano per forza costruire. Con scarti del legno, sassi o tappi di bottiglia, tutto andava bene. Con un po' di inventiva e qualche consiglio si riusciva a dare valore a qualcosa che valore non aveva più (qui la photo gallery).
I bambini dei "Giochi di una volta" erano quelli che giocavano fuori,  alla luce del sole. Ma anche sotto il diluvio universale, l'importante  era giocare. Erano i tempi delle corti e delle contrade, dove qualsiasi  strada polverosa era il luogo ideale per trovarsi con gli amici. Quelli a  cui mostrare le cicatrici sulle ginocchia, conseguenza di una sfida a  la cavalina saltamussa o a scalon. 
Ecco, sono questi i bambini che  Albanelli ha filmato nel suo documentario di un'ora al suo battesimo  ufficiale venerdì 27 gennaio al Teatro Mattarello di Arzignano in  occasione della 599a festa patronale di Sant'Agata, ricorrenza  legatissima alla frazione di Tezze. 
«Sono 25 anni che produco  filmati per televisioni e aziende - spiega il regista, titolare della  Link Video di Trissino e nato a Castelgomberto 51 anni fa -. Questa volta  ho voluto fare qualcosa in proprio, qualcosa che non fosse legato  all'oggi ma che potesse essere interessante a vedersi per diversi anni».  E tra le varie idee che Albanelli aveva in testa e di cui parlava con  gli amici, quella che ha ricevuto un'accoglienza più calorosa è stata  quella dei giochi d'infanzia. Così, tra un importante lavoro di ricerca e  una raccolta di testimonianze ancora vivide nei ricordi degli anziani,  Albanelli è partito con il progetto. Le riprese non sono state fatte in  un teatro di posa, ma per le contrade di San Germano dei Berici, un  paese che ancora oggi porta intatti i segni di quella cultura che si è  andati a rievocare. «Sui Colli Berici - spiega Albanelli - di lavoro per  ricreare le atmosfere delle vecchie contrade ce n'è voluto poco,  bastava togliere quelle due o tre macchine... Per i costumi e i giochi,  invece, abbiamo rifatto tutto quello che si poteva rifare». E poi tre  giorni di riprese con dei ragazzi di Arzignano che per qualche giornata  si sono prestati ad un doppio gioco: quello dell'attore e quello della  macchina del tempo. «Alla fine erano stanchi, ma divertiti - racconta  Albanelli -. Per qualcuno è stato terribile perché non riusciva a  contare fino a dieci in dialetto. Altri mi domandavano: "Ma vi  divertivate solo con questo?"». 
Il film-documentario parte dalle  vecchie filastrocche della cultura orale vicentina, cantate e suonate da  uno dei testimoni dei giochi di una volta. Non poteva poi mancare la  citazione delle poesie Severino Chiarello Monforte che alla cultura  paesana e agli oggetti della tradizione contadina è sempre stato molto  legato. Quindi si passano in rassegna 36 giochi a ognuno dei quali è  associato un disegno stilizzato, una descrizione e infine una  rappresentazione filmica, grazie all'interpretazione fornita da alcuni  ragazzi arzignanesi sotto la direzione artistica di Roberto  D'Alessandro, della compagnia teatrale "Il mondo alla rovescia". Il  tutto commentato con le testimonianze di chi quei giochi li ha vissuti  davvero, andando così a costruire una sorta di libro dei ricordi
L'intento  del documentario, però, non è produrre un "effetto nostalgia" per cui  era bello tutto quello che c'era una volta e non lo è quello che c'è  ora. Cerca invece di essere una testimonianza: «Oltre a rievocare gli  usi delle vecchie contrade - spiega Albanelli -, il film è anche una  sorta di manuale di istruzioni in cui si può capire come costruire una  trottola o una fionda. Inoltre si struttura anche come una raccolta di  interviste dei nostri vecchi dalle cui parole di capisce subito che si  sta trattando di ricordi vivi e sentiti, in cui ognuno racconta il suo  oggetto preferito, quello che ha voluto e quello che si è costruito». E  da queste testimonianze si respira il profumo dell'infanzia in contrada,  dove, con poco, ci si divertiva tanto: «Si racconta ad esempio -  anticipa Albanelli - che con la fionda si mirava alle "cicchere"  dell'Enel. Poi si aspettava che venissero i tecnici per sapere quante  realmente erano state colpite».
Alcuni dei giochi di una volta,  costruiti grazie al lavoro di Maurizio Guiotto, saranno visibili al  Teatro Mattarello di Arzignano proprio in occasione della première del  27 gennaio. Ci sarà quindi l'opportunità di ricordare, per chi ha  qualche capello bianco, o di vedere per la prima volta questi oggetti  semplici ma a volte geniali (si pensi al rocchetto: con della cera, un  elastico, un pezzo di legno e poco più si costruiva una sorta di  fuoristrada telecomandato ante litteram) che hanno fatto la loro parte  nel costruire la storia e la cultura della nostra provincia. Oltre ai  giochi, al Mattarello saranno visibili sia le foto di scena che i  costumi, opera di Mariangela Gabrieli, che saranno indossati dai ragazzi  che hanno partecipato al film.
Ai bambini dei giochi di una volta si  diceva «impara l'arte e mettila da parte». Ma per quei bambini imparare  l'arte dell'artigiano, del meccanico finanche dell'ingegnere era troppo  semplice: bastava giocare con la slira, con il rocchetto o con il  telefono senza fili.
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