Franco: una manovra difficile ma equa
Venerdi 28 Maggio 2010 alle 17:43 | 0 commenti
Paolo Franco, Lega Nord - Un Governo è finalmente intervenuto sull'unico settore che non ha risentito degli effetti della crisi economica. Il pubblico impiego ha infatti continuato a godere delle favorevoli condizioni garantite da contratti intangibili, con remunerazioni sempre al passo con i tempi.
Gli interventi previsti dall'ultima manovra finanziaria per questo settore sono di due tipi: il blocco degli aggiornamenti contrattuali che riguarderà tutti i livelli del pubblico impiego, e la riduzione degli emolumenti, riservata invece ai dirigenti pubblici che godono di un certo livello di retribuzione. Magistratura e politica compresi.
Premesso che in un Paese in cui con troppa facilità è sempre stata gettata addosso la croce addosso ad altri, diventa in questo momento fondamentale evitare qualsiasi generalizzazione nei confronti dei lavoratori della Pubblica Amministrazione. Soprattutto nei comuni più piccoli e nelle scuole, infatti, i dipendenti e gli insegnanti si applicano con competenza ed alacrità , contribuendo in modo encomiabile alla gestione degli affari comuni e alla formazione dei giovani.
Un fatto è però innegabile: in questi ultimi anni la forbice tra i dipendenti dei settori privati e quelli del pubblico impiego si è allargata enormemente. La crisi finanziaria, la recessione del manifatturiero, l'esplosione della cassa integrazione e l'incremento dei tassi di disoccupazione hanno flagellato le componenti dell'imprenditoria privata, in primis i lavoratori e la piccola impresa, ovvero coloro che hanno sempre contribuito all'alimentazione fiscale di questo Stato onnivoro. Il lavoratore dell'impresa privata ha assistito impotente alla flessione dell'orario di lavoro, al blocco e alla riduzione dello stipendio, e vive costantemente nell'insicurezza, con un piede sull'uscio di quell'azienda che al ritorno dalle ferie forse non riaprirà i cancelli. La situazione è ancora più grave per chi ha già perso il lavoro, magari in un'età che rende difficile, se non impossibile, il reinserimento. Eppure la vita costa: gli affitti, il mutuo, il vitto, bolli, assicurazioni, bollette, rette scolastiche dei figli.
Il dipendente pubblico non corre il rischio di trovare le porte chiuse o di essere licenziato, mantenendo il diritto alla contribuzione previdenziale, alle ferie, ai permessi e alla malattia. Anche l'impiegato dell'azienda privata gode del diritto all'assenza per malattia, solo che di questi tempi- riconosciamolo onestamente- si guarda bene dall' usarlo! E, paradossalmente, proprio i lavoratori più garantiti per il posto di lavoro, sono stati finora i maggiori beneficiari degli effetti prodotti dalla crisi economica, potendo usufruire degli incentivi alla rottamazione e agli acquisti, del calo dei costi di locazione degli immobili, e della sostanziale diminuzione dei prezzi di moltissimi articoli di uso comune.
Come premesso, queste considerazioni non intendono demonizzare nessuno, se non coloro che in questi lunghi anni hanno approfittato di ogni spazio disponibile all'interno della finanza pubblica, con assunzioni clientelari, false dichiarazioni di invalidità , forme di corruzione ed impenitenti evasioni fiscali. Qui sta la questione morale più grave: ogni cento euro sottratti in maniera inopinata sono cento euro tolti al lavoro del giovane, del padre di famiglia, delle aziende oneste produttrici di ricchezza autentica e posti di lavoro.
Nessuno vuole gettare al macero i lavoratori pubblici, ma non è più possibile tollerare la difesa ad oltranza delle rendite di posizione, come invece sembrano ostinarsi a credere i sindacati e alcuni politici. Manifestazioni di protesta e scioperi sarebbero la terribile espressione di una sterile moltiplicazione delle spaccature all'interno del Paese: accanto alla divisione tra un Nord produttivo e un Sud che arranca nelle proprie contraddizioni, assisteremmo ad una ulteriore scomposizione tra il mondo del lavoro privato, spogliato della sua identità ed abbandonato alla mercè dei mercati e della globalizzazione, e quello pubblico, raggomitolato in sè stesso nella strenua difesa delle proprie prerogative come parte "altra" del Paese.
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