Fondazione Nordest: nonostante crisi Veneto Banca e BPVi, l'economia torna a crescere
Giovedi 31 Marzo 2016 alle 10:06 | 0 commenti
L’anno della svolta, di una economia che torna finalmente a crescere (+0,8%), ma anche l’ora di un cambio di prospettiva, e di un «necessario bagno di umiltà »: così lo definisce Francesco Peghin, presidente della Fondazione Nordest, che ieri ha presentato il Rapporto 2016. Sono passati 16 anni da quando è stato costituito l’istituto che mette puntualmente sotto la lente ogni trasformazione di questo territorio: «Era nata con l’obiettivo di studiare e raccontare un tessuto sociale ed economico di grande successo internazionale: nessuno avrebbe potuto prevedere che in breve tempo sarebbero avvenute trasformazioni così travolgenti.
Di certo le vicende dal 2008 in poi hanno parecchio abbattuto quel senso di superiorità meritocratica e morale e quel pensiero di essere migliori rispetto ad altre parti d’Italia che accompagnavano le azioni e le dichiarazioni della classe dirigente del Nordest», sottolinea senza fare sconti Peghin.
Non a caso, alla crisi di due banche del territorio – Veneto Banca e Popolare di Vicenza – nell’anno che doveva rappresentare la ripartenza è dedicato un capitolo del Rapporto: «In totale sono state registrate perdite per circa 10 miliardi, concentrate in un perimetro geografico circoscritto, con ovvie ripercussioni in termini di investimenti e consumi e la crisi di un rapporto fiduciario con la comunità », spiega il direttore scientifico della Fondazione Stefano Micelli.
Le banche, il Mose: tutti messaggi «a una società che deve avere maggiore spirito critico, senza cercare il colpevole di turno, ma separando i destini di aziende dinamiche e internazionali dal collasso di una classe dirigente». Perché le aziende, quelle, si stanno dimostrando all’altezza della competizione: «L’economia del Nordest cresce, l’export è salito in un anno del 5,8% a conferma la competitività della nostra manifattura anche in uno scenario economico internazionale sempre più difficile da prevedere», sottolinea Micelli. Resta una criticità importante rispetto alle altre aree di punta europee con le quali storicamente il Nordest si è confrontato: «La distanza con le regioni più dinamiche si è fatta significativa: nel 200o il Pil triveneto era del 41% superiore alla media europea, nel 2014 è sceso a un +13%, mentre Baden-Württemberg e Bayer restano a quota +44% e 45% e il Pil dell’Este spagnolo, che include la Catalogna, è comunque calato di percentuali inferiori».
Di positivo c’è il segnale di discontinuità rispetto al passato sul fronte del lavoro, frutto anche dell’introduzione della decontribuzione sui nuovi contratti a tempo indeterminato. Le assunzioni hanno registrato un incremento del 15% rispetto al 2014, pari a 84.180 unità , raggiungendo quota 643.115 contro un valore di 558.935 del 2014. A contribuire in modo significativo sono state le assunzioni a tempo indeterminato (+70,1% rispetto al 2014).
Il Nordest investe anche in capacità di attrazione di aziende straniere e scopre un nuovo modo di fare impresa, che diventa più competitivo grazie alle tecnologie del digital manufacturing, e che investe in capitale umano innovativo. Laboratori e modelli didattici innovativi, quali Fab Lab e Maker Space, entrano nelle scuole e si propongono come modello nazionale. Un investimento sui giovani e sul futuro, in un’area che si scopre sempre più vecchia: negli ultimi 7 anni la popolazione delle tre regioni si è ridotta in modo sensibile, fino a raggiungere 7,2 milioni di persone, e aumenta l’emigrazione.
Di Barbara Ganz, da Il Sole 24 ore
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