Ferragosto: un giorno di riposo dopo il lavoro e non un giorno senza lavoro
Mercoledi 15 Agosto 2012 alle 00:01 | 0 commenti
In attesa che, ora che le ferie stanno per esaurirsi, "parta" l'attesa intervista a Giulio Antonacci che è pronto a svelarsi e a svelare 2550 giorni sul ponte di comando de Il Giornale di Vicenza, buon ferragosto a tutti. Se lo dedichiamo soprattutto ad alcuni contributi ferragostani di nostri collaboratori per non lasciarvi soli, anche oggi, che è ferragosto, noi lavoriamo per far sì che, per il poco che possiamo fare, il 15 agosto torni ad essere un giorno di riposo dopo il lavoro e non un giorno senza lavoro.
Ferragosto dal 18 a.C., infatti, è il giorno delle feriae Augusti (il riposo di Augusto), una festività istituita dall'imperatore Augusto che si aggiungeva alle esistenti e antichissime festività cadenti nello stesso mese, per fini di auto-promozione politica, visto che già allora imperavano gli addetti al marketing politico: marketing come mercato, politico come polis, città , cioè, uhhmm, mercato della città . Ma anche per collegare le principali festività agostane per un adeguato periodo di riposo, necessario dopo le grandi fatiche profuse durante le settimane precedenti, quelle dei raccolti e dei principali lavori agricoli. Questo ferragosto segue quello degli ultimi anni di crisi crescente e, purtroppo, ne precede altri in cui la situazione non sarà migliore. L'augurio migliore che si possa fare non agli altri, ma a tutti noi è che il mercato della cosa pubblica (cioè la corruzione) lasci spazio alla valorizzazione del lavoro (all'umanità ). Noi, da queste pagine, di informazione indipendente, inchiesta e approfondimento, assolviamo un compito, credeteci, spesso ingrato. Non segnaliamo quello che non va, secondo noi, certo, ma in base a documenti e a testimonianze, per masochismo ma per provare, umilmente, a rendere un po' più chiaro lo scuro. Cerchiamo di capire, per quanto possibile, prima noi e poi raccontiamo a chi ci legge le storie e i meccanismi che hanno inquinato il mondo in cui viviamo e lo hanno portato dove ora è. Oltre che ai tribunali umani, che se funzionassero (meglio?) renderebbero meno vitale il nostro lavoro quotidiano, il giudizio compete a chi legge, che ne ha diritto in quanto protagonista o vittima della vita di ogni giorno e che, valutando, può scegliere dove puntare e su chi puntare per cambiare in meglio. C'è chi fa giornalismo di comodo, chi denuncia per il proprio comodo e chi, noi come altri, fa un lavoro scomodo. Nel nostro non ci sentiamo né migliori, né peggiori di altri. Ma solo alcuni di questi ci piace chiamarli colleghi e danno un senso forte al nostro sforzo quelli che non ci sentono colleghi. Anche a loro buon ferragosto: si riposino a lungo.
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