FederFauna: se si usasse l'animale per portar via soldi al sociale?
Venerdi 11 Febbraio 2011 alle 19:12 | 0 commenti
FederFauna - La recente proposta di Angiola Tremonti, di sopprimere i cani randagi nei canili se trascorso un certo tempo dalla cattura non dovessero essere adottati, nasce da fatti che dovrebbero far riflettere. "Ho scoperto che al canile vengono riservati più soldi di quanti non ne vengano versati alla protezione civile e ci sono famiglie che non hanno neanche i soldi per mangiare", ha detto l'artista canturina, sorella del Ministro delle Finanze.
E cio' e' tristemente ovvio: se le risorse da distribuire sono limitate, qualcuno per forza di cose avra' di meno. Ma per quale ragione degli animali, o meglio, degli enti o associazioni che si occupano o dichiarano di occuparsi di animali, dovrebbero ricevere piu' aiuti di coloro che si occupano delle persone? Visto che, da che mondo e' mondo, la pubblicita' e' l'anima del commercio, probabilmente il tutto puo' spiegarsi con una astuta, massiccia e ben studiata politica di marketing, che i soggetti interessati sono riusciti ad architettare ed operare, con il tragico risultato che oggi, molte persone provano piu' pieta' per un animale che per un essere umano. Non si spiegherebbero altrimenti situazioni come quelle descritte dalla Tremonti, non si spiegherebbero donazioni, anche molto ingenti, a favore di animali che comunque da soli non potrebbero amministrare, e non si spiegherebbe nemmeno come nell'assegnazione del cinque per mille dell'Irpef, vi siano Onlus animaliste che percepiscono piu' di altri enti che svolgono attivita' socialmente rilevanti. Che poi tutte queste persone che "preferiscono" l'animale all'Uomo, siano comunque in realta' una minoranza, cambia poco quando la maggioranza, per qualsivoglia motivo, non ha voce. Leggendo la cronaca, ci si puo' fare l'idea che esistano un certo numero di persone che amano gli animali e due tipi di animalisti: il primo tipo costituito da gente che appicca incendi, "libera" animali che poi il piu' delle volte fanno una brutta fine o comunque danneggia in modo diretto l'economia e la proprieta' privata, ed un secondo tipo, in doppio petto, rigorosamente non di pelle o pelliccia se esposto al pubblico, che dice di rappresentare la maggioranza degli Italiani, che ha rapporti stretti con il potere, e che e' riuscito addirittura ad essere riconosciuto come di "utilita' sociale". Gli appartenenti a quest'ultimo tipo, sono dei veri maestri nell'arte della comunicazione che e' la base per una buona pubblicita'. Per fare un esempio, un'associazione animalista normalmente non dice mai di aver ottenuto il riconoscimento della "personalita' giuridica": dice di essere stata riconosciuta "ente morale", che e' esattamente la stessa cosa, ma che, con quel "morale" che richiama molto l'etica, suona per i piu' assai diversamente. Sono tante, probabilmente tutte, le associazioni animaliste che dichiarano di non avere fini di lucro, ma ce n'e' mai stata una che abbia spiegato che per non avere scopo di lucro e' sufficiente reinvestire gli utili per gli scopi organizzativi? Se un'organizzazione non ha scopo di lucro, non e' detto che chi vi collabora non percepisca compensi o rimborsi. Anzi, Wikipedia riporta che Il fatturato totale del settore no-profit ammonta a 36 miliardi di euro e che in esso vengono impiegati 630.000 lavoratori retribuiti. Certo, nell'ambito del no-profit esistono moltissime realta' meritorie e che veramente si occupano dei bisogni dei membri piu' deboli della societa', ma in un'epoca come la nostra, in cui la pubblicita' conta cosi' tanto, il rischio che a chi investe piu' soldi per aiutare il Prossimo, ne restino di meno per farsi pubblicita' e che chi invece investe di piu' in comunicazione che in opere, catturi piu' consensi e quindi piu' soldi, esiste. Esiste il rischio che qualcuno usi un richiamo di forte presa emotiva come l'animale, per portar via soldi al sociale.
Per le tutte news: http://www.federfauna.org/News/
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