Ex Popolari venete, Fabrizio Viola: l'offerta di ristoro resta immutata
Lunedi 27 Febbraio 2017 alle 09:25 | 0 commenti
«Il problema di tutti i problemi è ridurre il rischio legale e recuperare fiducia». Fabrizio Viola, ad di Banca Popolare di Vicenza e consigliere di Veneto Banca con delega al progetto di fusione delle due ex popolari, affronta di petto la platea di imprenditori veneti e friulani. Non c’è una alternativa, una scorciatoia, un altro passaggio. La via della salvezza passa dalla riduzione del rischio legale. A questo è orientata l’offerta, sostenuta da fondo Atlante: negoziare la rinuncia alle litigation con un ristoro del 15%.
«Il progetto dell’offerta transattiva con i vecchi azionisti è fondamentale per il futuro –dice Viola- il presidio dei rischi legali, in caso di non raggiungimento dell’80% delle adesioni, aumenterebbe fino ad essere insufficiente. Sarebbe insufficiente anche in caso di aiuto pubblico. E questo, anche se ci fosse, non cambierebbe i termini dell’offerta». La storia quindi cambierebbe in maniera irreversibile e l’idea di costruire una grande banca regionale con un solido profilo, interlocutore privilegiato di un territorio sul quale non solo è fisicamente presente, ma che conosce nelle più intime dinamiche, verrebbe a mancare. «Sono arrivato qua perché richiesto dal cda di Vicenza e Veneto Banca – afferma Viola spiegando il contesto della sua nomina ed il suo ruolo in questa difficile trasformazione- per gestire quello che è stato fin dall’inizio il rilancio delle due banche venete. Senza 12,5 miliardi di Atlante oggettivamente non staremo parlando di due banche che stanno costruendo un rilancio, ma di ben altro». Ma il capitale messo dal fondo di Alessandro Penati, come noto, non è stato sufficiente. E questo proprio a causa del numero di contenziosi tra soci e banche per l’azzeramento del valore delle azioni, da 62,3 euro a 10 cent per Vicenza, da 40,75 euro a 10 cent per la banca di Montebelluna. L’offerta prevede per chiudere la questione con i soci ha questo schema: Banca Popolare di Vicenza mette sul piatto 9 euro ad azione; Veneto Banca non offre, invece, una cifra fissa ma il 15% della perdita (per chi ha comperato al prezzo massimo di 40,75 euro, si tratta di 6,1 euro per azione). Per sostenere il piano di rimborso Atlante ha tirato fuori un altro miliardo a fine 2016. «Queste sono altre risorse che l’azionista ha messo a disposizione delle banche per il rilancio, ma ne servirà ancora di capitale –dice Viola- per portare a termine il progetto di fusione. In questo momento l’entità di questo aumento è al vaglio della Bce, stiamo dunque aspettando la posizione del regolatore che sta esaminando il business plan». Si cammina sulle braci quindi, sia per Viola che per i suoi manager. «Dobbiamo toglierci dalla testa che Atlante stia facendo l’affare della vita. È importante per far comprendere che l’intenzione della nuova proprietà e quindi del management è ridare un orizzonte a queste banche». C’è una via per ridare futuro alle due ex popolari venete, uscite da uno dei crac più clamorosi della storia italiana. In uno dei territori a maggior forza industriale d’Europa: «Atlante e Bce –spiega ancora l’amministratore delegato- hanno ritenuto che l’unico modo è procedere ad un progetto di aggregazione. Questo per creare un istituto che sia attrattivo sia in termini di capitale che di raccolta. Anche con l’aiuto del capitale pubblico, questa banca regionale si può fare». Ma Viola ripete come un mantra che l’equazione per essere tale ha bisogno del sostegno e della fiducia dei vecchi azionisti. Ma soprattutto dell’appoggio del sistema economico locale, che Viola dice queste due banche non hanno tradito. «Popolare Vicenza e Veneto Banca, anche nelle fasi più contestate della gestione, non hanno fatto mancare il sostegno all’economia. Le aziende hanno ottenuto finanziamenti. Se parliamo di aziende che hanno un imprenditore che è stato gabbato posso capire, ma l’oggettività dei numeri dice che i due istituti hanno continuato a supportare il territorio. Non ci sono quindi motivi perché il rapporto banca e impresa sia deteriorato». Il vero problema sono i depositanti, perché i soci di BPVi e Veneto Banca erano spesso anche azionisti. «L’incognita enorme dei depositanti è il vero problema di queste due banche e ricostruire la fiducia non è una cosa che si fa a breve. Io non ho un piano per recuperare la fiducia, so bene che questo problema è il problema e deve essere coerente con determinati valori e reso concreto con dei comportamenti. Bisogna far passare nella testa delle persone che è un percorso. Se noi riusciamo nel progetto di rilancio si possono pensare a formule partecipative. Possiamo pensare che quello che viene recuperato se è più del previsto venga riconosciuto anche ai soci». Viola fa riferimento allo studio del warrant che sarebbe un modo per aumentare il ristoro agli azionisti. «Noi faremo il possibile per ricostruire il rapporto di fiducia con i nuovi clienti, perché senza non andiamo da nessuna parte. Ma i nostri soci devono credere che l’idea di banca che abbiamo in mente è molto diversa, e non potrebbe che essere così, da quella che purtroppo hanno conosciuto in passato».Â
Di r. pa., da La Repubblica Affari&Finanza
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