Equimpresa in Veneto per riequilibrare i rapporti con lo Stato
Mercoledi 2 Settembre 2015 alle 09:47 | 0 commenti
 
				
		Nel nome - Equimpresa - c’è tutto il suo significato: uno strumento nuovo, capace di riequilibrare i rapporti fra lo Stato e le imprese. L’idea nasce dai Giovani di Confindustria Veneto, e dopo un’estate di lavoro sugli aspetti tecnici è pronta a muovere i passi formali, con l’obiettivo di dare una risposta concreta alle difficoltà delle imprese, aggravate dai ritardi di pagamento da parte delle Pubbliche amministrazioni.
«Un’azienda non può permettersi un ritardo nei  pagamenti, ma quando tocca allo Stato rispettare le scadenze questo non  avviene», spiega il presidente Giordano Riello. Il progetto Equimpresa  si fonda sull’avvio di un fondo comune di investimento alternativo, che  investa nei crediti vantati dalle imprese verso la Pa e si finanzi  presso investitori istituzionali (ad esempio fondi pensione) che abbiano  risparmi da investire e possano permettersi un  orizzonte ampio,  superiore ai 10-20 anni. Un soggetto capace di tenere i crediti sino a  scadenza e oltre sino alla data di pagamento: tempi lunghi e un rischio  praticamente nullo, mentre oggi attese di molto inferiori risultano  insopportabili per troppe aziende messe in crisi proprio dai mancati  pagamenti per lavori già eseguiti.
 Per l’avvio dell’operazione è già stato dato mandato allo studio  Eversheds a Roma, che oltre alla fattibilità si occuperà - sempre per  conto dei giovani industriali - dei contatti con una o più società di  gestione del risparmio e altri soggetti interessati a intervenire  nell’operazione. La struttura dovrà «perseguire l’interesse degli  investitori, ed essere orientata al miglioramento delle condizioni  finanziarie in cui versano le imprese che vantano crediti nei confronti  della Pubblica amministrazione». I tempi? «La prima fase è una selezione  trasparente del soggetto adatto a una attività di alta utilità sociale;  qui non si tratta di speculare, ma di riallineare i tempi dello Stato  con quelli di chi produce garantendo un’equa remunerazione agli  investitori che sottoscriveranno le quote - spiega Valerio Lemma,  consulente e docente di diritto bancario all’università Marconi di Roma  -. Poi occorrerà stilare un regolamento, raccogliere le sottoscrizioni e  selezionare i crediti. Potrebbe entrare in funzione nel giro di un  anno». Una struttura di diritto privato, che potrà decidere se porre  delle condizioni territoriali, come ad esempio individuare crediti o  enti pubblici di una determinata regione. Il modello veneto sarebbe  replicabile in altri contesti. Nonostante l’operazione “sblocca debiti† gli arretrati che la Pa deve alle imprese sfiorano ancora i 4 miliardi  di arretrati. Una questione di lavoro e di sviluppo, ma non solo:  qualche giorno fa l’ennesimo caso di suicidio di un imprenditore veneto,  Edoardo Alberton di Bassano. «Ogni  gesto disperato  risulta ancor più  inaccettabile se causato non dalla crisi, ma da situazioni come il non  riuscire a pagare l’Iva. Il sistema che prevede il pagamento  dell’imposta anche sui fallimenti è perverso, perché significa   pagare  una tassa sui crediti non incassati, a causa del fallimento del cliente.  Si innesca  un circolo vizioso che trascina anche il creditore nel  vortice dell’indebitamento, con il rischio di non riuscire a pagare i  dipendenti e di  chiudere. Al Governo chiediamo una revisione», dice  Riello. 
 @Ganz24Ore
 di Barbara Ganz da Il Sole 24 Ore
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.
 
  
		
		
	 
				     
				     
				     
				    