Immigrati extracomunitari di oggi e emigranti veneti del passato: differenze socio culturali e integrazione effettiva
Venerdi 3 Novembre 2017 alle 14:57 | 0 commenti
 
				
		In un articolo apparso su Il Corriere del Veneto, dedicato da Davide Rossi a Ernesto Galli della Loggia, uno storico assai lucido e penetrante nelle sue analisi, analisi e valutazioni che a volte non condivido (ad esempio di recente sulla vicenda del Governatore della Banca d'Italia) ma che egualmente stimo assai, mi colpisce una risposta data al giornalista dallo storico. La domanda è questa "... qualcuno rinfaccia al Veneto di avere la memoria corta: un secolo fa era terra di emigrazione, oggi è refrattario ad accogliere immigrati che pur servirebbero come manovalanza nella sua economia".
Tra  altre considerazioni Galli della Loggia  risponde dicendo "... Gli  emigrati  veneti di cento anni fa  erano ben diversi dagli immigrati  odierni. Quei veneti erano cattolici bianchi che si recavano a lavorare  in paesi abitati  prevalentemente da cristiani bianchi (ancorché  protestanti in alcuni contesti). Chi arriva oggi  in Italia è islamico,  sudamericano, asiatico e con fedi religiose  delle più varie e queste  caratteristiche contano se si vuole giungere a una corretta integrazione  tra autoctoni e nuovi arrivati"-
Spero che non vi sia  qualcuno  che   alle parole di Ernesto Galli della Loggia   risponda che  hanno sapore   razzista, perché  non lo è affatto. Definisce uno degli elementi  che   creano  perplessità nei contatti così come, cento anni fa, alcuni  aspetti della migrazione italiana, e non solo  italiana, creavano forme  di diffidenza nei loro confronti. Ma dalla indicazione dello storico   ricavo il fatto che questa considerazione  non si è formalizzata, da  noi, più di tanto se non quando  è esplosa la vicenda del terrorismo di  matrice islamica. 
Prima di allora, e ancora oggi, la ufficialità dello Stato e della Chiesa non hanno posto attenzione al fatto se non per parlare di fratellanza, di solidarietà , di condivisione, senza porsi la domanda se il cittadino qualunque, non l'impegnato politicamente o sul piano religioso, avesse avuto modo di esprimere a monte, ovverossia prima che le masse di immigrati giungessero in Italia, la loro opinione in merito e quindi che vi fosse stato un periodo di presa di coscienza da parte di questi e di informazione puntuale e adeguata al fenomeno da parte e dello Stato e della Chiesa.
Così come non mi risulta che cento  anni or sono, ma anche in tempi più recenti, i nostri migranti  all'estero potessero bighellonare  ad  ogni ora del giorno e della notte  ovunque facesse a loro piacere, per di più sostenuti economicamente e  protetti nella salute. Difficile quindi tentare un parallelo tra queste  due situazioni sia per  l'elemento temporale, cento anni  sono, per  qualche aspetto, una eternità, sia per quello della  cultura  sociale  dei paesi ospitanti, Italia compresa. Sia, appunto , per l'indicazione  che proviene dalla storico citato.
Il precedente Ministro degli  Interni, on. Angelino Alfano, dava l'impressione  che l'unica sua  preoccupazione fosse quella di distribuire le centinaia di migliaia di  profughi/clandestini/fuggiaschi   su tutto il territorio  nazionale, su  una base unicamente  numerica, percentualmente. Questo senza  nessun   approfondimento relativo alle  specificità dei gruppi da ospitare e alla  specificità, ben radicata sul territorio, il che significa cultura,  tradizioni, sensibilità, delle realtà ospitanti. Pareva anzi che l  impegno dominante l'attività degli organi dello Stato  periferici, fosse  quello  degli affittacamere. Deludente per  questi uffici e deludente  per le popolazioni. 
Pare ora che il nuovo Ministro degli Interni Marco Minniti (Secolo XIX) dichiarando che «L'integrazione dei migranti, al di là degli aspetti socio-umanitari, è alla base di una società più sicura. Anche sul fronte del terrorismo islamico» percorra una strada alquanto diversa da quella del suo predecessore e punti a un progetto che definisca certamente i diritti ma anche i doveri principalmente per coloro che hanno diritto alla protezione internazionale. Cito tra i vari punti che sarà dedicata molta attenzione alla "conoscenza dell'italiano e il rispetto della carta costituzionale, dal riconoscimento della laicità dello Stato al rispetto della donna.".
Se questa linea di condotta dello Stato si realizzerà allora penso che anche il fattore religioso potrà essere accettato dai più senza ansietà . E questo sarà a vantaggio di tutti.
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