Elena Donazzan, Guantanamo, e l'illegalità della violenza verbale
Venerdi 15 Gennaio 2016 alle 10:45 | 0 commenti
L'assessore regionale Elena Donazzan non si risparmia di alimentare la polemica sulla questione terrorismo, naturalmente tirando in ballo l'Islam e una non ben precisata incompatibilità tra civiltà . Lo fa riferendosi al caso dell'espulsione di Redjep Ljimani a Treviso. Insomma, per una volta che la legge viene applicata, che l'antiterrorismo funziona, che i loro tanto criticati terroristi vengono buttati fuori dal paese, c'è comunque da lamentarsi.
Se "lamentarsi" è una parola possibile in questo caso. La Donazzan invoca "una Guantanamo italiana", dove rinchiudere "i cittadini che l'intelligence e le forze dell'ordine ritengono pericolosi in quanto jihadisti, o presunti tali, senza passare per la normale giurisdizione". Insomma, stando alle parole dell'assessore (che si spera che rilasci dichiarazioni di questo stampo a titolo puramente personale, lei che sarebbe anche assessore all'Istruzione...) chiede un carcere esclusivo (per jihadisti), preventivo ("presunti tali") e illegale ("senza passare per la normale giurisdizione"). Donazzan chiede di agire con il guanto di ferro, a difesa "della democrazia e dello Stato di diritto", ma lo fa chiedendo di istituire un luogo di prigionia che si regge su un vuoto normativo, dove le persone sarebbero rinchiuse senza nemmeno essere in attesa di un processo, violate nella loro libertà in modo arbitrario e tutt'altro che democratico, dove il diritto è relegato dietro alla violenza di una legge militare e di una logica del sospetto che sa tanto di caccia alle streghe.
Donazzan evoca lo scontro di civiltà , sostenendo che è l'Islam a cercare per primo lo scontro, ma non si risparmia la violenza verbale, auspica la violenza fisica di una detenzione forzata, applica costantemente una prepotente violenza simbolica in ogni atto del suo operato politico.
Non c'è spazio, nel mondo immaginario di Elena Donazzan, per chi non la pensa come lei, non c'è Giustizia democratica se non quella perseguita da chi la pensa come lei, non c'è rettitudine se non quella del mondo Occidentale.
Il caso Redjep è un esempio di come il terrorismo sia anche verbale. L'atto di Redjep è criminale, non c'è dubbio. Inneggiare all'uccisione di persone, con la sola ragione che si professano religioni diverse, è un'atto orrorifico, una violenza verbale che va punita, e sarà punita con l'espulsione. Una forma analoga di violenza verbale, che inneggia alla detenzione per sospetto, cosa porterà a Elena Donazzan? Inorridisce dirlo, ma forse le frutterà persino una manciata di voti.
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