Doveva essere "protezione fauna selvatica e prelievo venatorio", è diventata solo "caccia"
Domenica 14 Agosto 2011 alle 10:14 | non commentabile
Renzo Rizzi, portavoce CPV - In un intervento del 27 luglio l'assessore alla caccia Marcello Spigolon, propone una lunga carrellata di cose positive, tanto che il lettore che non conosce la materia può rimanere stupito dai risultati descritti. La realtà è completamente diversa, quello dell'assessore è il solito spot politico/venatorio, la solita sviolinata ai cacciatori a cui ci ha abituato, un modus-operandi, in cui è vietato affrontare i gravissimi problemi che attanagliano la fauna selvatica.
Per completezza d'informazione, va ricordato che la materia è normata dalla legge quadro nazionale 157 del 1992, la stessa ha una dicitura precisa : legge 157/92 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Ovvero la caccia è una possibilità di fruizione di questo bene comune, ma la priorità e la salvaguardia nella sua biodiversità , il consolidamento e l'arricchimento.
Alla prova dei fatti, ci troviamo, che non sono state messe in pratica le misure protettive previste dalla legge, alcuni esempi significativi : Gli animali selvatici dovrebbero disporre, quindi "protetto" fino al trenta per cento del territorio agro-silvo-pastorale negli ambiti.
Dovrebbero essere inoltre protette le rotte di migrazione e i valichi montani, autostrade del cielo che portano gli uccelli dal nord Europa alla pianura padana.
Ancora, dovrebbe essere stato istituito un centro di recupero fauna selvatica ferita e/o in difficoltà .
Vicenza detiene il triste primato negativo, territorio protetto meno del cinque per cento del quale, circa il tre per cento è ancora a disposizione della caccia.
Sui 36 valichi censiti dall'ISPRA in provincia nel 1982, solo mezzo passo Xomo è stato protetto, e nessuna delle rotte migratorie, come il centro recupero mai realizzato a differenza delle altre province Venete.
Questo nonostante tutti gli addetti ai lavori cacciatori in primis, siano perfettamente consci che le aree protette sarebbero un serbatoio inesauribile di produzione di animali selvatici, come sono consci che la protezione delle rotte porterebbe un sensibile aumento delle specie in pianura.
Questo modo miope di gestire la fauna selvatica, porta a far si che i cacciatori in tre settimane di caccia distruggano tutto il patrimonio della fauna stanziale, e comincino già da fine ottobre ad immettere una massa enorme di fauna pronta caccia, animali liberati alla sera ammazzati al mattino, sono centinaia di migliaia e il loro utilizzo costantemente in aumento, risulta essere il peggio del peggio di questa pratica, un'autentica macelleria a cielo aperto.
Sui costi della caccia, come CPV abbiamo trattato e dimostrato ampliamente che questa pratica è diventata un pesante costo sociale, a differenza di quanto, tra le righe fa intendere l'assessore Spigolon. Su questa tematica abbiamo in cartello una serie di conferenze, a Vicenza è prevista per la seconda settimana di ottobre, ai cittadini verrà chiarito perché e quanto devono pagare per mantenere questo sport.
A tal fine per informazione, a proposito delle sbandierate tasse, ricordo che un cacciatore, per cinque mesi l'anno, ha la possibilità di abbattere "regolarmente" cinquecento animali, lo stesso tra tasse, assicurazione e iscrizione all'ambito paga complessivamente una quota di circa trecentosettanta euro, un balzello risibile per uno sport che va ad intaccare un bene comune, una quota che "stranamente" negli ultimi venti anni non ha subito variazioni.
Il vero problema è che la lobby venatoria non possiede la "visione conservativa" e, trovare come "assessore alla caccia" il cacciatore Marcello Spigolon, ben supportato in campagna elettorale dalla potente lobby politico-venatoria, la quale a ogni costo ha preteso questo dicastero, questo ci dà la garanzia che il risultato, non potrà essere quello indispensabile.
Se a questo ci aggiungiamo che l'assessore controlla anche i guardiacaccia della provincia, un corpo di polizia che ancora, da un ventennio ha al suo comando un cacciatore, le perplessità aumentano. Sono scelte discutibili e poco appropriate, dove risulta difficile non notare un possibile conflitto di interessi, comunque sia, i risultati favoriscono la lobby politico-venatoria ma condannano fauna selvatica e ambiente, di conseguenza pesantemente gli stessi cacciatori.