Don Spritz in "Contropiede": alla Maratona di New York giovani writers ai margini
Domenica 3 Giugno 2012 alle 16:30 | 0 commenti
Tratto da VicenzaPiù n. 235 (abbonati alla moderna versione online sfogliabile e dal prossimo numero con articoli leggibili anche in formato testo: VicenzaPiù Edicola è ora disponibile in abbonamento con due modalità . Abbonamento standard: 18 Euro all'anno Iva di legge inclusa. Abbonamento sostenitore: 30 Euro all'anno Iva di legge inclusa).
Di Diana Saccardo
A far da cornice la meravigliosa Villa Godi Malinverni a Lugo che con il suo antico splendore ospiterà don Marco che presenterà il suo libro appena pubblicato e che in soli due mesi ha già venduto oltre 4000 copie. La presentazione non poteva che essere nella "sua terra" dove appena può ritorna per "ossigenare il corpo e la mente". Ama la sua terra e le sue origini: forti sono le sensazioni e le emozioni che prova quando ritorna a casa e immancabilmente ad aspettarlo ci sono gli affetti di sempre: la mamma Ivette, il papà Francesco ed il fratello Sandro.
La presentazione non poteva che essere nella "sua terra" dove appena può ritorna per "ossigenare il corpo e la mente". Ama la sua terra e le sue origini: forti sono le sensazioni e le emozioni che prova quando ritorna a casa e immancabilmente ad aspettarlo ci sono gli affetti di sempre: la mamma Ivette, il papà Francesco ed il fratello Sandro.
Ecco quindi che con il patrocinio dell'Amministrazione Comunale, in prima linea con il Sindaco Robertino Cappozzo, si realizza un altro sogno di don Marco: riunire la sua gente e gli amici per condividere la sua gioia in una grande festa "a casa"
Tra un incontro e l'altro da nord a sud della penisola siamo riusciti ad incontrarlo:
Don Marco, ad un anno esatto di distanza presenti ufficialmente il tuo nuovo libro Contropiede (San Paolo, 2012). Per la presentazione hai nuovamente scelto Lugo, il paese dove risiedi. Per te che giri in lungo e in largo l'Italia è "un ritorno alle origini"?
Il lavoro mi porta ad essere sempre in viaggio per l'Italia ma nel cuore custodisco sempre la nostalgia delle mie origini. Ragion per cui quando c'è una festa da onorare non ho scelta: si torna sempre a casa perchè - come si legge anche nel romanzo - questa era la strategia dei grandi generali dell'antichità : andare, conquistare la terra e tornare a casa. E dal mio paese riparte ogni mattina il mio viaggio della speranza per cantare la Bellezza che salva la storia
Il tuo primo romanzo - Penultima lucertola a destra - da poco più di un anno sta spopolando in tutta Italia, ti aspettavi tutto questo successo?
Posso sembrare presuntuoso ma di una cosa sono sicuro: in un periodo storico ricco di "contraffazioni" e di cose già viste e sentite, oggi la gente giovane è assetata di sentire parole nuove, fresche e genuine, simili all'acqua che sgorga in alta montagna. Era un qualcosa che sospettavo: che poi l'affetto e l'entusiasmo che stiamo raccogliendo lungo la Penisola sia addirittura superiore alle mie attese, questo è un dato che deve far riflettere, sopratutto chi dispera in questo momento. Perchè, a ben pensarci, il mio messaggio altro non è che l'incantevole messaggio evangelico declinato con un alfabeto che le nuove generazioni possano ancora comprendere
Tra le righe di Penultima lucertola a destra c'è la storia di un ex detenuto e di un giovane prete. Qualche mese dopo l'uscita del romanzo sei diventato cappellano del carcere di Padova. Un sogno premonitore?
Ho sempre ritenuto la letteratura uno strumento meraviglioso per poter scendere dentro l'abisso dell'animo umano e dare voce anche alle angolature più spinose. Il tema del carcere, quello dello sport e quello dell'essere prete sono tre sfumature che raccontano pure la mia storia, la storia di un ragazzo amante dello sport al quale Dio ha chiesto di scommettere assieme a lui in un sacerdozio da "giocarsi" dentro il ventre di una galera. E dal suo interno parte ogni mattino per mostrare e raccontare come l'uomo sia capace dei più atroci delitti come anche delle più inaspettate risurrezioni. In questo senso la letteratura è diventata il mio strumento per incentivare la gente a credere che la speranza non sia ancora morta su questo splendido palcoscenico che è la nostra vita
Contropiede racconta la storia di un ex meccanico, appassionato di atletica, che riesce in una sfida che ha dell'inverosimile: aprire le porte della Maratona di New York a un gruppo di giovani writers ai margini della società . Anche in questo libro sembra esserci una parte di te perché tu hai partecipato alla Maratona di New York del 2010. Com'è stata quell'avventura?
Tutto è partito il giorno in cui mi sono innamorato della maratona: quando ho scoperto che avevo qualche possibilità di fare dei bei tempi (2h 48' il record attuale, il sogno sono le 2h 35', ndr) ho capito che lo sport poteva diventare uno strumento splendido per avvicinare quel mondo di ragazzi che lo frequentano. Nel romanzo è nascosta una doppia storia: la mia frequentazione con i ragazzi di una periferia romana e la mia partecipazione alla Maratona di New York 2010. Ciò che ne è uscito è il suicidio di una convinzione: che la sfida dell'educazione sia una partita persa. Niente di più errato: la sfida educativa è ancor oggi la sfida per eccellenza che riesce solo laddove c'è veramente una persona - nel romanzo il mister - che crede davvero nel presente dei giovani. Di quei giovani che quando tu li pensi sconfitti scattano in contropiede e ti rovesciano una partita.
In entrambi i tuoi libri il comune denominatore è lo sport che è da sempre sinonimo di impegno e sacrificio. Cos'è per te lo sport? E che ruolo può avere nella crescita e nell'educazione dei giovani?
Lo sport è la palestra nella quale sono cresciuto e alla quale devo la strutturazione del mio splendido e complicato carattere: senza lo sport non so che ragazzo sarei diventato. Da quando sono diventato prete ritengo la pratica sportiva una forma di "catechesi" convincente e credibile perchè riesce laddove oggi una certa pastorale di parrocchia ha clamorosamente fallito: accendere nell'animo di un ragazzo la passione per i grandi ideali e aiutarlo a trovare gli strumenti giusti (passione, caparbietà , applicazione, sforzo, sudore) per poterli poi raggiungere.
In Penultima lucertola a destra il sottotitolo è: "La sconfitta è l'arma segreta dei vincitori". Ci sono state sconfitte anche nella tua giovane vita? E quanto hanno influito per continuare a credere ai tuoi sogni?
La mia è la storia di un ragazzo fortunatissimo al quale servono ogni giorno apparenti sconfitte per ricordarsi due cose: di non essere Dio e di tenere sempre i piedi piantati a terra, come insegnano da anni a casa mia. Ecco allora che le sconfitte - e da qualche mese sono il "parroco degli sconfitti" in carcere - diventano il laboratorio più bello per poter diventare uomini migliori. Analizzare una sconfitta, come analizzare un gesto disperato o turpe, significa comprenderla meglio per poi cercare di rimettersi in piedi per diventare diversi. In questo senso lo sport è l'ambiente ideale perchè, fatto seriamente, ti mostra come la vera vittoria sia in realtà la somma di tantissime piccole sconfitte che, invece di ammazzarti, ti hanno reso più forte e caparbio.
Contropiede è appena uscito e già alcune recensioni ne parlano positivamente. Cosa ti aspetti da questo libro e che messaggio vuoi lanciare a tutti coloro che lo leggeranno?
Non mi aspetto null'altro che l'affetto di tutti coloro che stanno intuendo che la sfida educativa e cristiana è ancor una proposta valida da giocare. Il messaggio nascosto nel romanzo è molto semplice e diretto. E' un messaggio per la mia Chiesa: smetterla di usare i bans e le arruginite certezze del passato per cercare di avvicinare i giovani alla dinamica della fede ma trovare il coraggio di abitare nuovi linguaggi che chiedono una sana follia. E' un messaggio per lo sport e per chi dello sport è protagonista, come gli allenatori: il primo dovere è insegnare il divertimento ai ragazzi. Tutto il resto viene di conseguenza: se un ragazzo praticando sport non si diverte diventa un'inutile forma di masochismo che alla lunga non paga. E forse è un messaggio per tutti: la strada è lunga solo per chi non va in fondo ai propri sogni.
Fin qui don Marco, un giovane sacerdote appassionato e creativo che gira l'Italia per raccontare la Bellezza della Vita, un viaggio nella speranza e nella realizzazione dei sogni per un futuro da protagonisti e per assaporare la vita con un gusto diverso. Ci saluta con un sorriso che gli illumina il volto e gli occhi che brillano in cerca di un'altra avventura, un'altra sfida da vincere e mille altri sogni da realizzare.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.