Dismissioni e lavoro, la fabbrica cambia
Domenica 1 Aprile 2012 alle 13:00 | 0 commenti
Da VicenzaPiù n. 231
All'inizio fu la protoindustria. Si sviluppò in Europa tra il XVI e il XVII secolo: l'attività manifatturiera si svolgeva nelle botteghe artigiane e nelle stesse case dei contadini con la crescita dell'industria a domicilio, il settore più dinamico nell'Europa seicentesca dato che la produzione artigianale era ostacolata e limitata da regolamenti corporativi (nella foto l'area dell'ex complesso Rossi, zona Ferrovieri).
L'industria a domicilio, diffusasi soprattutto nel tessile in un ambito inizialmente rurale, prevedeva un mercante-imprenditore, possessore delle materie prime, spesso anche dei telai e, quindi, datore di lavoro delle famiglie contadine che integravano il lavoro dei campi con quello del telaio.
Le caratteristiche e i maggiori vantaggi che presentava questo tipo di industria erano il basso costo della manodopera e la sua flessibilità . L'inizio della decadenza della protoindustria può essere datato al 1713 quando John Lombe impianta uno stabilimento dotato di una macchina per lavorare la seta, impiegandovi 300 operai. Lì nasce la civiltà industriale che arriva al boom di fine secondo millennio e allo sboom attuale. E se per le centrali nucleari si pone alla fine del loro ciclo di vita produttivo il problema di come spegnerle senza troppi danni, e drammi, intorno alle cubature di capannoni dismessi nel tempo perché vecchi e ora perché senza commesse si apre e cresce lo scontro tra chi al vecchio cemento produttivo vuole solo sostituire i mattoni della speculazione per la speculazione e chi vede la possibilità di attivare intorno alle dismissioni processi che generino nuova economia, un mix tra investimento imprenditoriale e socio culturale. In una parte del mondo in cui la competizione non ha spazio a breve per la manifattura diventa importante e rilevante il recupero di spazi per attività che rimettano al centro l'uomo, senza togliergli altra terra con nuove invasive costruzioni con l'olezzo della mafia, diretta e indiretta, e che dimostrino che è possibile, e migliore, generare un reddito del buono e del bello. In queste pagine parliamo di riqualificazione del territorio, non solo continuando a denunciare gli obbrobri e le spesso illecite speculazioni ma mostrando e suggerendo esempi positivi. Di dismissioni che non siano dimissioni dall'essere persona. Quella persona, il lavoratore ma anche l'imprenditore, che spesso nell'Italia della Pmi è prima di tutto lavoratore, intorno alla quale è aperto un dibattito scontro dopo la riforma del lavoro in atto, di cui ci è sembrato giusto riportare in queste stesse 8 pagine. Perché tutta la fabbrica cambia.
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