Dieci anni dopo: una controlettura della crisi
Domenica 11 Settembre 2011 alle 09:24 | 0 commenti
				
		
Riceviamo dall'assessore regionale Roberto Ciambetti e pubblichiamo.
L'11 settembre 2001 segna la fine del Novecento, segna, con un atto terroristico e violento, la fine del secolo, per dirla con Marcello Veneziani, sterminato. Sterminato, perché ha visto una trasformazione straordinaria nella qualità della vita umana, dal carretto trainato da asini alle conquiste spaziali, dalla società agricola arretrata al computer; sterminato, perché segnato da stermini di massa, dal genocidio Armeno alle camere a gas e ai gulag, dalla Shoà alle pulizie etniche, passando per una sequenza incredibile di guerre più o meno mondiali, più o meno locali, con milioni di morti.
Contemporaneamente, però, l'11 settembre 2001 segna l'inizio di una nuova epoca: le immagini in diretta degli aerei dirottati che si schiantano sulle Twin Towers si diffondono in "real time" ovunque nel mondo e l'azione terroristica diventa un evento globale in un mondo sempre più piccolo: la grande pace degli anni Novanta s'infrange di colpo.
Cambia il mondo e  mutano anche i protagonisti della storia, alcuni sono  già usciti di scena come l'Urss, altri pretendono il loro posto alla  ribalta dalla Cina all'India e poi ancora il Brasile, il sud Africa, la  nuova Russia e ciò che un tempo era funzionale all'antico ordine, dal  rais di Tripoli al faraone egiziano, viene spazzato via. La battaglia  per le materie prime spinge i prezzi al rialzo mentre una guerra meno  appariscente, ma determinante, si gioca, nella sfera di influenza nei  paesi produttori di materie e beni strategici: la Cina gioca d'anticipo e  si posiziona in Africa senza farsi tante remore.
Giorno dopo giorno  si concreta sotto i nostri occhi la sfida profetizzata da Ralf  Dahrendorf,  quadrare il cerchio tra benessere economico, coesione  sociale e libertà politica: i rischi di una involuzione sono evidenti,  la democrazia basata sullo stato sociale è in pericolo.
L'architettura  mondiale trema, quasi che l'onda d'urto del crollo del World Trade  Centre propagandosi nel tempo avesse investito i templi e le fondamenta  dell'economia occidentale:  oggi ci accorgiamo quanto pericolose siano  le sabbie mobili su cui la finanza ha costruito la sua ricchezza,  accumulando debiti di debiti stimati in qualcosa come otto anni di Pil  mondiale, uno tsunami capace di travolgere l'economia mondiale.
Visto  così, si può ben dire che il 15 settembre 2008, giorno del crollo della  Lehamn Brothers, sia stato ben più grave nelle sue conseguenze  economiche dall'11 settembre 2001,  come ha sostenuto Emma Duncan nel  Times di Londra del 20 agosto scorso. Tesi interessante, ma non del  tutto esatta: non dobbiamo dimenticare che l'attacco di Al-Quaeda agli  Usa innescò sia la guerra in Afghanistan, sia la caccia a Bin Laden in  Pakistan, sia la spesa per la difesa interna antiterrorismo, aumentando  di almeno un trilione e mezzo di dollari il debito americano, che ha  ormai superato i 14,3 trilioni di dollari. Tutto lascia pensare che  senza l'11 settembre 2001, la crisi dei debiti sovrani dei paesi  occidentali sarebbe stata ben diversa e di certo l'Euro avrebbe avuto  vita meno difficile.
Non voglio dire che esiste un disegno  preordinato: la storia insegna che certi meccanismi quando si mettono in  moto possono dare origine a fenomeni anche incontrollati,  potenzialmente in grado di travolgere anche chi pensa o di poterli  gestire con noncuranza o di non essere intaccato da fenomeni  collaterali. Del resto, se pensiamo alla teoria dell'effetto farfalla,  per cui una variazione anche minima o piccolissima delle condizioni  iniziali può determinare mutamenti straordinari nel lungo periodo,  se  pensiamo appunto che il battito d'ali di un insetto può scatenare  dall'altra parte del globo un urgano, dobbiamo anche accettare che il  crollo delle Twin Towers come il crollo della Lehman Brothers possano  innescare negli anni a venire un cataclisma, un mutamento epocale che è  sotto i nostri occhi: il secolo sterminato è finito, e con esso tutte le  sue strutture; di certo il domani non si può gestire sulle macerie (e i  debiti) di ieri.
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