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Da Stonewall al Vicenza Pride: dal 28 giugno 69 ad oggi. Le radici dell' "Orgoglio Gay"

Di Citizen Writers Sabato 6 Luglio 2013 alle 10:54 | 0 commenti

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Di Anna Barbara Grotto per la rubrica autogestita Vita gay vicentina da VicenzaPiù n. 257 in distribuzione e sfogliabili comodamente dagli abbonati online   

Correva l'anno 1969 a New York, ed era pressoché "normale" per gay lesbiche e transessuali subire angherie di ogni sorta da parte delle forze dell'ordine. La polizia aveva, infatti, questa pessima -ma, ripeto, per l'epoca drammaticamente "normale"- abitudine di fare irruzione nei locali di ritrovo della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender), e attraverso vere e proprie retate repressive, picchiare arrestare umiliare.

 L'unica colpa dei gay era... di essere gay. Correva l'anno 1969, il 28 giugno per la precisione, quando la ribellione a questa oscena "normalità" fatta di soprusi diede inizio all' "Orgoglio Gay". Chissà quanti si saranno chiesti quali, appunto, siano le origini storiche del "Gay Pride". Beh fin troppe volte mi sono sentita chiedere "cosa ci sarà mai da essere orgogliosi, io mica vado a manifestare il mio orgoglio di essere etero". Mi viene da sorridere, perché sono decenni che sento fare questa obiezione, piuttosto superficiale direi. Non voglio scrivere di come si può rispondere in modo semplice alle frasi più banali (sciocche?) che vengono ripetute, sempre identiche a se stesse, nei confronti del movimento LGBT; anche se ammetto che mi fa un po' d'acquolina (intellettualmente parlando, dico) l'idea di scriverne un articolo... vedremo. Mi limito -per ora- a rispondere che mi esprimerò sull'argomento quando tutti gli interlocutori avranno gli stessi diritti.
Oggi voglio parlare delle radici storiche dell' "Orgoglio Gay". Quindi, tornando al nostro argomento, cosa successe il 28 giugno del 1969? Capeggiata da Sylvia Rivera, una donna transgender, che si narra diede il via agli scontri scagliando una bottiglia contro i poliziotti, iniziò dal locale "Stonewall Inn" la prima reazione di gay, lesbiche e trans contro le violenze della polizia. Polizia che non riuscì nemmeno nei giorni a seguire ad arginare la rivolta: e furono proprio le drag queen dello "Stonewall" a rifiutarsi di subire, in silenzio, l'attacco violento ed ingiustificato della polizia, a ribellarsi contro quella "normalità" che vedeva la comunità LGBT obbligata a nascondersi e comunque essere oggetto di soprusi persino all'interno dei propri luoghi di ritrovo, a fare muro contro le squadre anti-sommossa che la polizia aveva messo in campo.
La comunità LGBT si ribellò e disse "basta"; e a questa presa di posizione seguì una spontanea manifestazione per le strade limitrofe, che raccolse un po' alla volta tutti i tanti gay e lesbiche e trans che fino a quel momento si erano nascosti.
Per 3 giorni la folla si raccolse e battagliò: raccontano che tra le 1.000 e le 2.000 persone furono protagoniste di questi che passarono alla storia come i "moti di Stonewall". Per la prima volta lesbiche, gay e transgender mostravano con fierezza il proprio volto, per la prima volta erano per strada a dire "non mi vergogno di ciò che sono, anzi ne sono fiero".
L'anno successivo, in memoria di quanto era accaduto, un movimento organizzato che prese il nome di "Gay Liberation Front" organizzò una manifestazione che radunò fra le 5 e le 10.000 persone, che possiamo definire a ragione il primo "Gay Pride": marciarono dal Greenwich Village al Central Park.
"Orgoglio gay" come coscienza di sé, quindi; "orgoglio gay" come gioia di essere, senza soprusi; "orgoglio gay" come volontà di vivere alla luce del sole, senza finzioni; "orgoglio gay" come manifestazione fiera delle differenze, contro l'omologazione.
Dobbiamo molto (e non parlo solo della comunità LGBT, ma di tutta la società civile) alle donne transgender, a Silvia Rivera innanzitutto, e alle drag queen che ebbero il coraggio e la forza di alzare con fierezza la testa contro quelle "normali" violenze.
Nessuna violenza dovrebbe mai essere accettata come "normale", e siamo in debito con chi si è battuto prima di noi per la libertà di tutti.
Inevitabile pensare al nostro Gay Pride Vicentino, la cui Parata finale, dopo ben 6 mesi di eventi, si è svolta sabato 15 giugno.
È stata la prima volta nella storia della nostra città. Molti anni dopo quel 1969 quindi, ma è l'Italia tutta ad essere in ritardo rispetto agli Stati Uniti. A onor del vero, la prima manifestazione pubblica di omosessuali fu nel 1972, pensate, a Sanremo: contro il "Congresso internazionale sulle devianze sessuali". Vi parteciparono, però, solo poche decine di persone. Insomma ben diverso, nei numeri e nei modi, il coinvolgimento italiano rispetto a quella newyorkese.
Furono comunque diverse, negli anni a seguire, le manifestazioni culturali della comunità LGBT, che un po' alla volta, timidamente, stava alzando la testa anche in Italia: vennero organizzate a Torino, a Pisa, a Palermo.
Occorre attendere addirittura il 1994 per il primo vero e ufficiale Gay Pride nazionale italiano, che si svolse a Roma.
Il primo Gay Pride in Veneto fu organizzato nel 1995 a Verona, e nel 1997 si replicò con Venezia. Ma la prima grande manifestazione nella nostra regione fu quella del 2002: Padova ospitò addirittura il Pride nazionale, andando ben oltre gli attesi 10.000 partecipanti (c'è chi dice si raggiunsero persino le 20.000 unità). Nonostante l'entusiasmo, si dovette poi aspettare il 2012 per assistere ad un'altra iniziativa di piazza: il Pride di Bassano.
Ed è stato proprio lì che si sono attinte le energie -anzi le sinergie- per organizzare il Vicenza Pride del 2013, la prima manifestazione congiunta di tutte le associazioni LGBT regionali: il primo "VENETO PRIDE" della nostra storia.

Leggi tutti gli articoli su: Anna Barbara Grotto, Stonewall, VicenzaPiù n. 257

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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