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CSQA: dice no ai prodotti italian sounding

Di Redazione VicenzaPiù Venerdi 6 Agosto 2010 alle 17:43 | 1 commenti

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CSQA  -  Dopo il "caso" del formaggio Gran Moravia, ennesima imitazione italian sounding dei marchi nostrani più blasonati, l'Ente di Certificazione, leader indiscusso nel settore agro-alimentare, riafferma la propria vocazione alla territorialità e l'impegno a tutelare la qualità del Made in Italy e dei prodotti DOP e IGP.

CSQA intende entrare nel merito della questione sollevata da Mauro Rosati, Segretario Generale della Fondazione Qualivita, organismo di riferimento per la difesa e la diffusione della cultura rurale e in particolar modo di quella legata alle produzioni agroalimentari di qualità.

Rosati denuncia l'ennesimo tentativo di imitazione, questa volta proprio nel territorio nazionale, effettuato dalla ditta produttrice di un formaggio - il Gran Moravia - molto simile, nel marchio, nel nome e nella forma, al Grana Padano DOP e al Parmigiano Reggiano DOP ma che in realtà viene prodotto nella Repubblica Ceca.

È ormai abitudine consolidata che si associno nomi italiani a prodotti esteri col solo scopo di renderli più appetibili; si tratta del fenomeno conosciuto come italian sounding: tutto ciò che suona italiano, che italiano non è affatto, ma fa vendere bene.

La Brazzale S.p.A., già certificata da CSQA per il sito produttivo di Zanè (VI), aveva richiesto all'ente la certificazione di prodotto per il Gran Moravia. Richiesta respinta dal Comitato Direttivo dell'Ente per evitare di dare forza ai prodotti italian sounding.

La denuncia di Rosati ha permesso a CSQA di venire a conoscenza dell'utilizzo non corretto del certificato ISO 9001 rilasciato alla ditta produttrice riportato sul sito www.granmoravia.it e impropriamente associato a una descrizione delle caratteristiche qualitative del prodotto, completamente estranee con l'oggetto della suddetta certificazione.

Di conseguenza CSQA si è immediatamente attivata per richiedere alla ditta produttrice di eliminare, dai propri canali promozionali, ogni riferimento a certificazioni CSQA, dopo l'utilizzo improprio che ne è stato fatto. Tali certificazioni, infatti, non sono associabili alla filiera agroalimentare del prodotto in questione (come si evince invece dal sito internet che lo promuove) ma solo allo stabilimento di Zanè (VI). Qualora la ditta produttrice non desse seguito alla richiesta, CSQA procederà alla sospensione ed alla revoca della certificazione rilasciata.

CSQA è un organismo di certificazione internazionale e accreditato, che spazia dai sistemi di gestione per la qualità, l'ambiente, l'energia, la responsabilità sociale, la certificazione di prodotto e la sicurezza, con una forte specializzazione nel settore agro-alimentare, dove è leader indiscusso.

È l'ente di riferimento del Made in Italy, avendo ottenuto per primo l'Autorizzazione Ministeriale in Italia per il controllo dei prodotti DOP e IGP, dapprima per il Grana Padano e, negli anni a seguire, per oltre 40 prodotti a denominazione.

È stato il primo ente di certificazione a redigere il Bilancio Sociale, frutto di una precisa volontà di innescare e mantenere un processo virtuoso di trasparenza e di condivisione in grado di favorire l'interazione e lo scambio relazionale con il contesto in cui l'azienda opera. È una realtà fortemente vocata al territorio e ai valori che esprime, che annualmente investe in Ricerca & Sviluppo e in Formazione per sviluppare skills e proporre idee nuove nel segno della qualità, della sostenibilità e della sicurezza.

CSQA è arrivato alla soglia dei vent'anni di attività senza perdere di vista i valori su cui ha fondato la sua identità: la competenza, la tradizione intesa come sostegno al Made in Italy e, di conseguenza, alla vocazione della territorialità; la terzietà, quale garanzia d'indipendenza, rappresentatività e imparzialità, racchiudono lo sforzo quotidiano di operare secondo un'etica della responsabilità.


Commenti

Inviato Venerdi 24 Giugno 2011 alle 20:01

Riceviamo e pubblichiamo
24 ottobre 2010

Gran Moravia, ecosostenibilità trasparente

Caro Rosati, sono Roberto Brazzale consigliere della impresa omonima che produce il Gran Moravia. Ci siamo conosciuti recentemente a Verona. Letto il suo "attacco" al Gran Moravia, abbiamo ritenuto di replicare in modo puntuale a tanta animosità attraverso il suo stesso "blog", per essere trasparenti con i suoi e nostri lettori. Perché tanta ostilità nei nostri confronti? Siamo semplicemente un'impresa italiana (la più antica nel caseario) che ha preso sul serio il processo di integrazione europea, ed ha portato i suoi tecnici italiani a sviluppare un progetto caseario di assoluto livello in una delle più belle regioni agricole europee, la Moravia, facendosi spazio tra le imprese francesi e tedesche . L'unico caso riuscito di "colonizzazione casearia" di un'industria italiana all'estero. Abbiamo voluto denominare fin da subito il prodotto con un riferimento geografico chiarissimo ed inequivocabile proprio per fornire al consumatore una informazione immediatamente chiara sulla provenienza. Come è possibile contestarci ambiguità al riguardo? Lei sostiene che home page e sito web non evidenziano che si tratta di formaggio non italiano: scusi, ma cosa possiamo fare di più che indicare il luogo di provenienza nel suo stesso marchio? Esiste forse il dubbio che il Parmigiano Reggiano venga (anche se non esclusivamente) dalle provincie citate, e che il Grana Padano viene dalla valle del Po? Allo stesso modo, ci sembra lapalissiano che il Gran Moravia venga ... dalla Moravia! Più indicazione di provenienza di così? Con la scelta di denominare il prodotto Gran Moravia abbiamo proprio voluto evitare ogni dubbio al riguardo, addirittura anticipando volontariamente l'effetto di una norma sulla indicazione di provenienza della materia prima che forse non arriverà mai concretamente. Cosa si vuole di più? Lei sa bene che, in base alla legge, se avessimo chiamato il prodotto "Italia Bella" o cose simili, nessuno avrebbe potuto opporsi. Dopo oltre duecento anni di serio lavoro, non interessano le "scorciatoie" che lei ci attribuisce. Oltretutto, non ne abbiamo per nulla bisogno, dato che il consumatore è molto più maturo di quanto qualcuno creda, ed è assolutamente in grado di riconoscere l'eccellente livello qualitativo del prodotto ed apprezzarne la provenienza da una area agricola ed ambientale tra le più straordinarie d'Europa. A differenza di quanto lei asserisce, anche il sito web è al riguardo di una chiarezza assoluta: è perfino riprodotta la cartina della Moravia! Ogni lettore del suo "blog" potrà controllare di persona. Veniamo al cosiddetto "Italian Sounding", altra tesi sconcertante: ci può spiegare perché noi, italiani al 100%, creatori del progetto, esclusivi interpreti della tecnologia e della conduzione aziendale, non potremmo usare la nostra lingua? Oltretutto, il prodotto è un tipico prodotto italiano (nel senso di "corrispondente ad un tipo"), di ricetta italiana, casari italiani, tecnologia italiana, macchinari italiani, tradizione famigliare italiana, destinato per gran parte al mercato italiano. Perché non potremmo usare la nostra meravigliosa lingua, che poi è quella dei nostri consumatori? Badi bene che ciò non significa fare confusione sulla provenienza del prodotto, anzi, per i motivi che prima le ho indicato. O forse è stata trasformata in D.O.P. anche la lingua italiana e sottratta al libero uso? Lei si chiede cosa sia la Filiera Ecosostenibile. Proprio perché non esiste ancora un concetto di "eco sostenibilità" definito normativamente, nel lanciare sul mercato questa assoluta primizia che va incontro alla mutata sensibilità del consumatore, abbiamo in ogni messaggio pubblicitario dichiarato con assoluta chiarezza i parametri in base ai quali riteniamo che la filiera di produzione latte destinato al Gran Moravia si possa definire "Ecosostenibile" : estensione dei terreni, numero di capi di bestiame, modalità di allevamento, impatto ambientale. La filiera del Gran Moravia è in grado senza ombra di dubbio di perpetuarsi all'infinito senza alterazione dell'ambiente in cui si svolge. Se questa non è sostenibilità, cosa dovrebbe esserlo? Lei sa bene che creare una rete di aziende agricole con simili caratteristiche è praticamente impossibile, non tanto per la qualità degli allevatori che rimane altissima, ma per il semplice fatto che l'Italia soffre di una grave ristrettezza di terreni coltivabili rispetto agli allevamenti in atto. Tant'è che il nostro paese è in grave difficoltà con la UE a causa del pesante superamento dei limiti di carico di nitrati sui terreni. Oltretutto, l'abbondanza di terreni e le favorevoli condizioni climatiche in cui si trovano, permettono standard di salubrità e qualità nettamente superiori, come dimostra la totale assenza di inquinamenti da aflatossine. Ecosostenibilità è qualità che si riflette direttamente sul prodotto. La sua lamentela riguardo ad una assenza di non meglio precisate "certificazioni" ci sembra riflettere una cultura secondo la quale soltanto ciò che è "certificato" è "vero". Credo che il nostro nome commerciale, costruito in oltre duecento anni, valga molto di più di una qualsiasi "certificazione" acquistabile per poche migliaia di euro presso uno dei tanti enti a ciò abilitati. E' una garanzia infinitamente più affidabile di un bollino rilasciato magari da un ente la cui terzietà è tutta da dimostrare. Una certificazione terza della filiera ecosostenibile è nei nostri programmi, ma ciò non è così importante. Lei stesso sa benissimo, e dovrebbe senza timore chiarirlo ai suoi lettori, che una certificazione era stata da noi volontariamente richiesta al CSQA di Thiene lo scorso mese di Giugno, il quale si è ingiustificatamente rifiutato di prestare quel servizio, anche a seguito del suo personale intervento. L'apertura a quell'ente di certificazione dimostra la nostra trasparenza, alla quale si è risposto con un malizioso e anomalo "comunicato stampa", denigratorio e parziale, in ordine al quale ci siamo riservati di agire nelle opportune sedi. Verrebbe da chiedersi: quali reali interessi difende davvero tale società di certificazione? Quelli commerciali dei suoi soci-proprietari (Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Confcooperative, Lega delle Cooperative, cui sono iscritte le stesse aziende controllate) o quelli del cittadino consumatore? Caro Rosati, circa settanta anni or sono mio nonno, dopo averlo commercializzato per decenni, iniziò a commissionare ai caseifici del vicentino la produzione di formaggio allora detto "piacentino" o "lodigiano", cioè il "grana", quando nessuno lì, non solo non lo produceva, ma nemmeno sapeva cosa fosse. Dopo alcuni anni, è stato cofondatore del "Consorzio di Tutela del Grana Padano", di cui ci onoriamo di essere ancora soci con un riferimento produttivo di quasi settantacinquemila forme all'anno. Dagli anni '50 abbiamo, così, prodotto milioni di forme di Grana Padano. Il mondo della produzione casearia è sempre stato in evoluzione, anche quello dei formaggi tipici che, prima che fossero fissati i disciplinari di fatto immodificabili del sistema "D.O.P.", subivano costantemente evoluzioni tecniche. Perché avremmo dovuto rinunciare ad esplorare le potenzialità straordinarie di una regione agricola, la Moravia, finalmente restituita all'Europa di cui è stata il florido centro per molti secoli? Forse ciò che qualcuno non ci perdona, è di aver continuato questa tradizione realizzando lo stesso prodotto ancora più in là, con lo stesso spirito pioneristico. Il tabù che abbiamo malauguratamente violato, è che "solo in Italia si possano realizzare prodotti "tipici" buoni e sani". Niente di più falso! Diciamo ciò senza minimamente mettere in discussione la straordinaria qualità della produzione casearia italiana, senza dubbio la migliore del mondo. Ma è assurdo pensare che soltanto sotto il nostro cielo si possano realizzare certi prodotti. Coloro i quali difendono le "DOP" quasi come fossero verità di fede, sembrano sempre meno disponibili a confrontarsi su di un terreno di aperta e leale concorrenza, che va sempre a beneficio del consumatore. Quando provano il "Gran Moravia" sono costretti ad ammettere, a denti stretti, che il prodotto è in grado di competere sullo stesso terreno qualitativo del Grana Padano ed addirittura del Parmigiano Reggiano. Questa è la verità. Molti, però, preferiscono poi un atteggiamento "talebano" di denigrazione del concorrente e reagiscono con stizza irritata ad ogni disturbo delle loro rendite di posizione che venga da aziende come la nostra, la quale rispetta scrupolosamente non soltanto leggi e regolamenti, ma anche il codice non scritto di lealtà commerciale. I difensori delle rendite di posizione dovranno presto rendersi conto che il consumatore non è disponibile a rinunciare a prodotti buoni, sani e leali che gli vengono offerti anche secondo combinazioni nuove e assolutamente legittime. Le sembrerà strano ma con la presente , come le abbiamo già anticipato di persona, vorremmo invitarla a visitare i nostri stabilimenti, invito esteso ai suoi lettori, ed a conoscere tutti i nostri collaboratori, che stanno lavorando sul progetto "Gran Moravia" con straordinario entusiasmo e professionalità. Potrebbe finalmente provare il prodotto e conoscere ogni dettaglio del progetto. Siamo sicuri che dopo quella visita sentirà il bisogno di eliminare dalle pagine del suo sito un articolo così ingeneroso ed acrimonioso, la cui permanenza non le fa certo onore e ci arreca ingiusto danno. Il suo presidente, Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, proverà certo apprezzamento per un'iniziativa che, una volta tanto, vede un'impresa italiana realizzare un progetto che rende concreto lo sforzo di integrazione comunitaria e gli straordinari benefici che esso può regalare ai popoli. Con tutta cordialità Roberto Brazzale [email protected]
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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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