Crisi verso la fine. I Trucchi e i ritardi
Sabato 7 Novembre 2009 alle 10:30 | 0 commenti
Il dr. Giancarlo Marcotti* cura la rubrica ViPiù Economia&Mercati sul nostro settimanale
Ecco il suo intervento sul n. 170 di VicenzaPiù da oggi in edicola a 1 euro
Nel terzo trimestre il Pil statunitense è cresciuto del 3,5 per cento: un dato da paese emergente che ha scatenato un'ondata di entusiasmo.
E' presto per festeggiare, visto che la ripresa è alimentata da fondi statali.
Ma si va verso un ritorno alla normalità . Qualche consiglio per la ritardataria Italia.
New York: giovedì 29 ottobre ore 8 e 30 (le 13:30 in Italia) tutto il mondo sta attendendo un numero, gli Stati Uniti comunicano il dato preliminare del GDP (Gross Domestic Product) il Prodotto Interno Lordo, del terzo trimestre.
Tutti i traders del mondo accarezzano nervosamente il loro mouse come fosse il grilletto di una pistola, pronti a cliccare su "Buy" se il dato risulterà soddisfacente oppure "Sell" se deludente.
Esce il dato: +3,5% ... le Borse festeggiano. La recessione è finita, almeno negli Stati Uniti.Il dato è davvero incoraggiante, una crescita quasi da paese emergente. Il Presidente Obama si mostra particolarmente euforico, anche se il ruolo gli impone di ricordare che "c'è ancora una lunga strada da percorrere" poi, però, aggiunge con una punta di orgoglio "è certamente un segno che ci stiamo muovendo nella giusta direzione".
I catastrofisti
Si potrebbe pensare che, per una volta almeno, economisti e analisti si siano dichiarati tutti soddisfatti. Macché, neanche a parlarne.
I mercati stavano ancora festeggiando che già comparivano su diversi siti finanziari articoli dai toni molto meno trionfalistici.
I vari Mr. Doom (Sigg. Catastrofe), così vengono chiamati i pessimisti in Usa, si affrettavano a scrivere che c'era poco di cui essere allegri, il dato, per i più, era considerato "drogato", ma alcuni si spingevano addirittura a termini come "trucco". La tesi sostenuta è che se oggi gli Stati Uniti sono usciti dalla recessione lo si deve solo al consistente pacchetto di stimoli (787 miliardi di dollari) messo in campo dall'Amm. Obama appena insediata, ma deliberato dal Congresso nella parte finale della presidenza Bush.
In pratica senza questo mega sovvenzionamento pubblico, molti sostengono che oggi non avremmo assistito a nessun incremento del Pil e staremmo quindi parlando di depressione dopo cinque trimestri consecutivi in ribasso.
Eppur funziona
Senz'ombra di dubbio questa tesi ha una sua validità , noi ovviamente non sappiamo se il dato, depurato dagli stimoli governativi, fosse comunque (anche se marginalmente) positivo oppure no, ma non è questa la cosa rilevante. Gli aiuti all'economia vengono erogati proprio perché diano un contributo in termini di maggior sviluppo, ne consegue che, l'importante è che funzionino ed, almeno in questo caso, sembra proprio che l'effetto sia stato positivo.
Andando infatti a disaggregare il dato notiamo come i settori nei quali è stato riscontrato un maggior incremento (auto +22,3% e soprattutto edilizia +23,4%) sono proprio i comparti sui quali si sono concentrati la maggior parte degli aiuti di stato.
Ovviamente tutti sappiamo che questi aiuti non potranno (né dovranno) durare in eterno, la ripresa è appena cominciata ed, a nostro parere, non è questo il momento di togliere gli "stimoli" che i vari governi mondiali hanno approntato per far fronte alla crisi. L'intero sistema economico mondiale deve, però, cominciare a ragionare su come affrontare il dopo emergenza. Qualcosa in questo senso si sta già muovendo, alcuni grandi colossi bancari americani hanno cominciato a restituire parte degli aiuti ottenuti, ed anche in Europa vengono approntate le prime operazioni. Il colosso olandese Ing (quello di Conto Arancio, tanto per intenderci), ad esempio, ha annunciato un aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro per poter rendere in tempi brevi il 50% di quanto ottenuto dal Governo del proprio Paese nei momenti più delicati della crisi, inoltre, probabilmente, la Divisione assicurativa verrà scorporata e messa in vendita.
Non sono operazioni indolore (solo sulle indiscrezioni il titolo ha perso circa il 10% sulla Borsa di Amsterdam), ma il fatto che a soli sei mesi dal punto più acuto della crisi ci si prepari per tornare alla normalità lo riteniamo un segnale confortante.
E l'Italia?
Il nostro Paese è stato forse quello che è intervenuto di meno a supporto del sistema economico, i motivi sono noti e possono essere riassunti in tre punti:
1) Il nostro sistema bancario essendo più "tradizionalista" (ricordate Tremonti:"Le nostre Banche non parlano inglese) ha risentito meno di altri gli effetti devastanti della crisi
2) Il nostro sistema produttivo è costellato di piccole e medie imprese
3) Il nostro debito pubblico era già a livelli siderali e non poteva essere allargato a dismisura
Il fatto che il nostro Paese abbia una struttura economica che si fonda sulle PMI (Piccole e Medie Industrie) le quali, singolarmente, non hanno forza contrattuale, non deve essere un punto di debolezza, bensì di forza.
Le nostre imprese, non devono essere salvate dai fallimenti, ma messe nella condizione di poter competere sui mercati internazionali
Alcune mega multinazionali statunitensi (vedi General Motors) sono state salvate dal fallimento perché, come dicono gli americani, "too big to fail" (troppo grandi per fallire), a nostro avviso, questo, non è il miglior modo per rendere più efficiente il sistema economico.
La locomotiva
E' così probabile che le nuove locomotive dell'economia mondiale vadano cercate al di là del .. Pacifico, in altre parole dobbiamo guardare a Paesi come Cina e India che mantengono elevati tassi di crescita ed agganciarci a loro.
A tal proposito mi sovviene quella simpatica storiella dei due amici che stanno amabilmente conversando, nei pressi di una linea ferroviaria, quando transita un rapido a tutta velocità , il primo dei due commenta: "certo che al giorno d'oggi le locomotive vanno davvero forte" e l'altro:"sì, ma anche i vagoni a starci dietro!".
* Giancarlo Marcotti, che cura la nuova rubrica di Economia e Mercati di VicenzaPiù, è nato a Codogno (Lodi) il 4 ottobre 1957 e si è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all'Università di Padova discutendo una tesi in Econometria.
Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi e qualificati ruoli. Rigoroso fautore dell'applicazione di un approccio scientifico ai mercati borsistici, storicamente poco incline all'utilizzo di strumenti derivati, è una voce spesso fuori dal coro e basa il proprio lavoro sullo studio delle serie storiche e dei processi stocastici.
E' Direttore di Finanza In Chiaro (www.finanzainchiaro.it), oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione Portafoglio nella quale, giornalmente, riporta le scelte di investimento effettuate.
I suoi editoriali danno ai nostri lettori spunti di riflessione su finanza, aziende, Borsa, banche e sugli altri aspetti dell'economia e sono commentabil.. La sezione divulgativa spiega su ogni numero i termini e fatti finanziari ed economici di cui si legge sempre più spesso, ma di cui non si ha spesso chiaro il significato.
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