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Credito, la stretta c'è. E si sente

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 21 Marzo 2009 alle 17:24 | 0 commenti

Un’indagine di Confindustria conferma: cresce il numero di aziende in difficoltà coi finanziamenti. Due imprese su tre denunciano un atteggiamento più restrittivo da parte delle banche

La difficoltà di molte aziende ad ottenere finanziamenti, siano questi mutui o affidamenti, è sicuramente uno degli aspetti più problematici di questa crisi. Ne avevamo parlato proprio la settimana scorsa, con un articolo in cui si sottolineavano gli ostacoli con cui devono fare i conti molte imprese, costrette a fronteggiare improvvise richieste di rientro o aumenti dei costi. La conferma arriva adesso da un’indagine svolta da Confindustria Vicenza che, con un’articolata ricerca tra  i propri associati, fotografa qual è lo stato del rapporto tra aziende e banche nel nostro territorio. Fissando con precisione quelle che finora erano più che altro impressioni e testimonianze difficili da quantificare.


Meno affidamenti...
In pratica, la ricerca ha cercato di verificare se e come è cambiato dopo gli ultimi sei mesi di turbolenze finanziarie, il rapporto tra le imprese e il mondo del credito. A partire da quella stretta creditizia di cui tanto si parla, e che è uno degli effetti più immediati ed evidenti della crisi. In effetti, i dati confermano che le imprese che hanno denunciato una riduzione negli affidamenti sono passate dal 6,5% di giugno 2007 all’8,8% di ottobre 2008 e al 15,7% di febbraio 2009. In quattro mesi, quindi, il numero è praticamente raddoppiato. “Negli ultimi mesi questo fenomeno è risultato decisamente rilevante e in espansione – commenta il presidente di Assindustria Roberto Zuccato -. L’indagine fotografa una realtà che purtroppo si aggiunge a una situazione congiunturale critica e di notevole difficoltà finanziaria, che vede un allungamento nei tempi di pagamento e un’impennata degli insoluti".

...e costi più alti
Le banche, dunque, hanno stretto i cordoni della borsa: ottenere un prestito è più difficile,sono necessarie maggiori garanzie, e se lo si ottiene la cifra concessa è probabilmente inferiore rispetto al passato. E a costi più alti. Un altro dei dati che emerge dall’indagine dell’associazione è infatti quello relativo agli spread applicati ai finanziamenti, cioè ai ricarichi applicati dalle banche rispetto ai tassi di interesse ufficiali. Qui, per quanto riguarda il breve termine, il 32,9% delle imprese ha dichiarato uno spread inferiore o uguale allo 0,40%, il 31,9% ha segnalato un valore compreso tra lo 0,41 e lo 0,80% e l’11,5% un dato che si colloca tra lo 0,81 e l’1%. Il 23,7% delle aziende ha uno spread superiore all’1% (il 6,5% addirittura superiore al 2%). Lo spread medio ha subito un incremento di 0,6 punti.
Stesso scenario con i finanziamenti a medio termine: anche qui si rileva un inasprimento delle condizioni: in questo caso il 25,1% delle aziende ha segnalato uno spread compreso tra lo 0,91 e l’1%; nel 30,7% dei casi lo spread è risultato compreso tra l’1,20  e l’1,50%.

Il risultato è che, complessivamente, due aziende su tre (64%) hanno denunciato un atteggiamento più restrittivo nel comportamento delle banche, sia in termini di quantità che di costo del credito erogato. Inoltre, nel 19,8% delle ditte si è rilevato un aumento delle garanzie richieste a supporto dei fidi concessi.

Il capitale che non t’aspetti
Al di là dei fattori legati alla crisi, dal sondaggio emergono anche dati interessanti sulla come è strutturato il rapporto tra aziende e banche in provincia. La ricerca conferma ad esempio, la prevalenza del ricorso al debito bancario a breve termine (64,5%) rispetto a quello a medio termine (35,5%). E, un po’ a sorpresa, rivela che il 61,3% degli imprenditori ritiene la propria azienda sufficientemente capitalizzata, a fronte del 32% che invece denuncia una sottocapitalizzazione. “Questo è un primo elemento nuovo e interessante –sottolinea il presidente -. Si tratta di una visione che a una prima lettura potrebbe risultare sorprendente, ma invece è in linea con la reale suddivisione delle imprese industriali in base al grado di solidità finanziaria".


I re del mercato
Ancora, dall’indagine emergono la tendenza a ridurre il numero di banche con cui si lavora (il 40 per cento delle aziende lavora con non più di tre banche, e il 72 per cento con non più di cinque), la scarsa conoscenza dei profili di rating imposti dal protocollo Basilea 2 (solo il 26 per cento dimostra di padroneggiarli con sicurezza), e la distribuzione del mercato vicentino: la banca che ha la maggior quota è il gruppo Unicredit con un 22,8%, seguito dalla Banca Popolare di Vicenza con il 18,7%, dalla Cassa di Risparmio del Veneto (ex Intesa San Paolo) con il 16,5%, dal Banco Popolare (8,6%) e dalle Banche di Credito Cooperativo (8%). Seguono nell’ordine Banca Antonveneta – Mps (6,4%), Veneto Banca (4,4%), Banca Popolare di Marostica (3,9%), Banca Nazionale del Lavoro (2,2%).

Interventi immediati
 “L’indagine sul rapporto banca-impresa ci dà alcune conferme e alcune interessanti novità – conclude Zuccato -. Una certezza per tutti è che le aziende hanno bisogno di un intervento che riporti il mercato del credito nel suo normale alveo di operatività. A questo scopo può risultare molto utile il potenziamento della dotazione finanziaria e dell’operatività del  fondo centrale di garanzia, che può facilitare e rendere meno rischiosa per le banche l’erogazione di finanziamenti a supporto del circolante. La situazione economica che il paese sta attraversando è molto seria e va affrontata con estrema rapidità. L’impressione è che fino ad oggi metà del paese, quella che vive di attività sganciate dai concetti di produttività e competitività, non si sia resa conto della gravità della situazione e non abbia valutato bene il livello dell’ostacolo da superare". 


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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