Credito bancario, il Patriarca di Venezia parla di "sistema fattosi soffocante e depressivo"
Lunedi 19 Dicembre 2016 alle 09:17 | 0 commenti
Banche, il decreto per Mps, ma anche per le venete e Carige, è atteso venerdì prossimo. Mentre per Bpvi e Veneto Banca, dopo le comunicazioni di Bce sulle dotazioni di capitale attese a fine marzo 2017, scattano cento giorni per definire i programmi e i fondi necessari per il futuro, dal piano industriale per la fusione alla messa in sicurezza della liquidità , dalla vendita delle sofferenze alla definizione dell’aumento di capitale. Che il Fondo Atlante, padrone delle due ex popolari, potrà mettere in campo, sapendo di avere comunque una rete di sicurezza. Definita col decreto che il governo si prepara ad approvare venerdì, se fallisse l’ultimo tentativo di realizzare, tra lunedì e venerdì, l’aumento di capitale di Montepaschi.
Qui il primo passaggio è la conversione volontaria in azioni delle obbligazioni subordinate, che si chiuderà mercoledì. Tocca in maniera rilevante anche il Veneto, al pari della raccolta messa sotto pressione in questi giorni, visto che Mps, con l’acquisizione di Antonveneta nel 2008, ha una quota di mercato regionale dell’8,23% sugli impieghi e del 6% dei depositi. Tocca i privati, ma anche investitori istituzionali come Fondazione Cariparo, in prima linea sulla conversione dei 200 milioni dell’obbligazione Fresh, data per fatta ieri sera, emessa nel 2008 per acquisire Antonveneta, e di cui la Fondazione detiene ancora titoli per 4,5 milioni di euro nominali, degli originari 30, in gran parte ceduti con perdite per 14. Il decreto del governo avrebbe una dotazione tra i 10 e i 15 miliardi, per un intervento di sistema sulle ricapitalizzazioni di Mps, Carige e delle due venete. L’indiscrezione è rimbalzata ieri anche a Venezia, al convegno sulle banche alla Fondazione Marcianum. Incontro a cui era presente anche il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Il cardinale ha parlato del credito in Veneto come di «uno degli elementi portanti e dei nervi scoperti della nostra vita sociale. Occorre impegnarsi per il benessere e lo sviluppo del territorio a fronte di un sistema fattosi soffocante e depressivo». Con lui Pier Paolo Baretta, il sottosegretario all’Economia del governo Renzi (in vista di riconferma) che su Bpvi e Veneto Banca ha confermato il favore alla fusione, «con un piano industriale credibile, che gestisca il rilancio finanziario e la ristrutturazione senza licenziamenti». Si vedrà come la cosa andrà avanti nei fatti, nel piano che Fabrizio Viola, Ad a Vicenza e presidente del comitato strategico in Veneto Banca, sta preparando per fine gennaio. Soprattutto dopo che Bpvi e Veneto Banca hanno comunicato l’altro ieri le decisioni Bce sulla dotazione di capitale richiesta (già note in bozza a settembre): il 10,25% del coefficiente Tier 1 transitional al 31 marzo 2017. Dato che non lascia grandi spazi di manovra rispetto al 10,75% che entrambe avevano a giugno. Nel caso di Vicenza, significa avere ancora 110 milioni di margine rispetto alle richieste, dopo i 650 milioni dell’aumento di capitale da 1.500 bruciati con le perdite messe in conto nella semestrale. In più Bce ha chiesto ad entrambe impegnativi piani per rialzare la liquidità , uno dei fattori più sotto pressione quest’anno, del 10% oltre i minimi regolamentari e ridurre i crediti in sofferenza, la cui vendita richiama la necessità di nuovo capitale. Situazione delicata, al punto che le due banche hanno in sostanza detto di non poter dire ora se i coefficienti patrimoniali supereranno le richieste dopo aver predisposto il bilancio 2016. Come dire che il nuovo aumento di capitale è alle porte e che la dimensione dipenderà dalle nuove pulizie e dai numeri del piano di fusione. Si vedrà se intanto partirà l’offerta di rimborso ai vecchi soci per le azioni azzerate. Alla vigilia, la settimana entrante è annunciata come decisiva. Il cda di Veneto Banca dovrebbe decidere giovedì. Si vedrà se stavolta le attese non saranno deluse.
Di Federico Nicoletti e Davide Tamiello, da Corriere del Veneto
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