Lotta alla corruzione? Una chimera senza trasparenza
Lunedi 7 Ottobre 2013 alle 18:46 | 0 commenti
Le dichiarazioni dell'eurodeputato del Pdl, il vicentino Sergio Berlato, sul peso della corruzione in Italia sono più che comprensibili. Quasi ovvie verrebbe da dire. Uno dei problemi che però affliggono il nostro Paese riguarda il modo con cui alle enunciazioni di principio seguono i fatti. Pensare che la magistratura, che pure ha grandissime responsabilità per la mancata vigilanza nei confronti dei reati della pubblica amministrazione, possa da sola correggere un andazzo che definire storto è poco.
Uno dei sistemi con cui chi gestisce la res publica è messo nelle condizioni di essere soggetto al controllo del cittadino elettore è quello di potere accendere i riflettori proprio nei confronti di pratiche e procedure solitamente chiuse a chiave nei cassetti.
Da decenni tutte le democrazie occidentali consentono (alla stampa, come al cittadino comune) l'accesso generalizzato alle pratiche degli enti pubblici proprio per cercare di diradare quelle zone oscure in cui si annidano quei comportamenti distorti che portano anche alla corruzione. Da quando però è stata varata la legge sulla trasparenza di acqua sotto i ponti ne è passata e l'idea dell'ente pubblico come casa di vetro è rimasta una chimera.
L'attuale legge infatti garantisce l'accesso agli atti (sempre che le amministrazioni la rispettino) solo a chi manifesta un interesse diretto e giuridicamente motivato. È la foglia di fico con cui politicanti e burocrati più o meno senza scrupoli stendono la prima cortina fumogena nei confronti di chi cerca di far chiarezza. Se Berlato nella sua analisi è sincero, e così appare, dovrebbe contemporaneamente richiamare il suo partito in una con il parlamento affinché legiferi al più presto in senso europeo. Altrimenti il controllo dal basso, che è uno dei sistemi principali per imporre a politici, burocrati e signori del mondo economico, quanto meno un minimo di decenza in più rischia di trasformarsi un uno slogan. Una per tutti, è sufficiente vedere la miasmatica melina che gli uffici di palazzo Trissino stanno imbastendo dopo che Sel e M5S hanno cheisto le carte sull'ex Cotorossi. Il che fra l'altro è anche uno dei primi effetti di un nuovo statuto del comune che acclama la trasparenza ma poi la relega a mera funzione di stoviglia da credenza.
In Italia come nel Veneto, la corruzione non è una semplice eccezione, ma un sistema silenziosamente approvato non solo da gruppi di potere, ma da veri e propri blocchi sociali, visto che la corruzione è il principale veicolo per una iniqua ridistribuzione dei benefici che gli enti dovrebbero generare in modo equo per la collettività .
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