Consulenza del tribunale: rischio amianto del tutto ignorato nelle basi venete dell'Aeronautica militare
Lunedi 5 Settembre 2016 alle 10:55 | 0 commenti
L’aeronautica militare nelle basi del Nord Italia e del Veneto? «Un mondo a lungo separato» dove «il rischio amianto era del tutto ignorato». E mentre l’Italia si allarmava e correva ai ripari istituendo l’albo delle imprese di bonifica, l’aeronautica se ne stava tranquilla, continuando come se niente fosse. Ai lavoratori esposti all’amianto negli hangar, sugli aerei, sugli elicotteri e nelle officine «non veniva fornita nemmeno una mascherina antipolvere». Si chiudono con queste parole le quasi mille pagine di consulenza disposta dai sostituti procuratore di Padova Sergio Dini e Francesco Tonon ai medici legali Arthur Alexanian, Fulvio D’Orsi e Bruno Murer, incaricati di trovare l’anello di congiunzione tra le malattie incurabili di 25 ex dipendenti dell’aeronautica (23 morti).
E il loro periodo di servizio sotto le armi nelle basi della Seconda Regione Aerea del Centro Nord Italia, che tra le altre tocca le piste venete di Villafranca (Verona), Istrana (Treviso), Treviso Sant’Angelo e le friulane Cordovado e Aviano (entrambe in provincia di Pordenone) e Rivolto (Udine).
Una frase quella con cui i tre esperti consegnano ai magistrati le fondamenta scientifiche dell’accusa, che tratteggia un quadro tanto semplice quanto fatale. Dal 1986 in poi, da quando cioè il governo aveva disposto lo smantellamento e la sostituzione delle parti in amianto nelle industrie, sulle navi, nei treni e nella metropolitane, il corpo militare chiamato a difendere i cieli si era semplicemente voltato dall’altra parte. E nell’ipotesi accusatoria dei due magistrati, è proprio quello l’anello di congiunzione tanto cercato tra l’esposizione all’amianto e il lungo rosario di malattie - 13 mesoteliomi, 4 tumori polmonari, un caso di asbestosi e altre 7 patologie all’apparato respiratorio - che ora costituiscono le accuse per trenta alti ufficiali dell’aeronautica. Tra loro, tre generali veneti. Andrea Fornasiero, nato a Este (Padova) e capo di stato maggiore dell’aeronautica tra il 1999 e il 2001; Adelchi Pillinini, capo di stato maggiore tra il 1993 e il 1995, nato a Cavazzo Carnico ma residente in Veneto; e Franco Pisano, nato a Sassari e residente ad Abano, nel Padovano. Colpevoli, secondo la procura, di omicidio colposo pluriaggravato e lesioni gravissime per non aver fornito «nemmeno una mascherina antipolvere». E poi nomi altisonanti come quello del generale di Tarvisio Mario Arpino (capo di stato maggiore della Difesa e a capo dell’unità aerea di coordinamento durante la Guerra del Golfo). Ma anche altri capi di stato maggiore, direttori dell’ispettorato logistico e dirigenti del Difesan, il dipartimento di salute e igiene delle forze armate che si sono succeduti tra il 1988 e il 2004, il periodo del focus dell’incartamento da 34 faldoni.
A dare il via all’inchiesta nel 2012, erano stati i continui esposti fatti arrivare alle procure di Padova, Milano e Torino da parte di ex dipendenti dell’aeronautica, che a distanza di anni avevano scoperto l’insorgere di malattie legate all’esposizione dell’amianto. A giugno dell’anno scorso un sopralluogo dei pm Dini e Tonon nelle basi di Aviano, Istrana e Rivolto aveva portato alla luce la presenza di amianto sui rotori degli elicotteri, i freni interni agli abitacoli, nei carrelli e nei trasportatori, mentre toccava a fotografie dell’epoca (tra gli anni 70 e 90) dimostrare come perfino le tute dei piloti fossero tessute con fibre d’amianto, nello stesso periodo in cui l’Italia le bandiva.
di Nicola Munaro dal Corriere del Veneto
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