Confindustria alla guida del Paese? No, grazie
Sabato 16 Luglio 2011 alle 22:39 | 0 commenti
Zuccato e Marcegaglia, soddisfatti dell'accordo firmato con i sindacati confederali, affermano che "tutti remiamo nella stessa direzione". Sì, una direzione sempre più appiattita sui bisogni dei padroni (Da VicenzaPiù e Ovest-Alto Vicentino n. 217).
Ho ascoltato con la dovuta attenzione la relazione del presidente Zuccato e le conclusioni di Emma Marcegaglia all'assemblea di Confindustria Vicentina tenutasi lo scorso 4 luglio. I contenuti dei due discorsi hanno suscitato consensi e approvazione. Addirittura ovazioni quando, entrambi, hanno accusato la "politica" e i "politici" di essere una casta di inetti e incapaci.
Su questo potevano anche avere ragione se si riferivano a "questa politica" (quella fatta da un governo composto non tanto da politici ma da cortigiani e da un'opposizione parlamentare molto "lenta" e in preda a torpore diffuso) e ai politici che applaudivano dalle prime file. Tra questi spiccava l'imprenditore Calearo, ben conosciuto per aver avuto alti incarichi in Confindustria, per aver cambiato più volte casacca e bandiera in parlamento e per essere il consigliere personale dell'imprenditore-premier Berlusconi per il commercio estero (difficile, invece, ricordare suoi interventi e proposte politiche serie). Mi vorrei soffermare, però, su un paio di temi trattati. Zuccato e Marcegaglia hanno parlato dei giovani che "sono precari per definizione" e che, proprio perché non trovano lavoro o lo trovano non a tempo indeterminato, non hanno futuro. Hanno sostenuto che il carico fiscale deve essere spostato dai lavoratori e dalle imprese alle rendite finanziarie. Queste sono affermazioni condivisibili. Affermazioni che sono punti fondamentali del programma di quelle forze politiche di sinistra (comunisti in testa) che non sono più in parlamento e vengono sistematicamente oscurate dai principali organi di informazione. Potrebbe venire il dubbio che Zuccato e Marcegaglia abbiano cambiato radicalmente idea, che si siano "convertiti sulla via di Damasco". Che abbiano ripudiato quanto hanno sostenuto fino a pochi mesi fa. Potrebbe ... ma, invece, mi viene il sospetto che sia null'altro che un gioco di delegittimazione della "politica" in quanto tale che deve essere sostituita da chi "fa impresa", da chi "è abituato a faticare". Perché se dopo quelle due affermazioni non ci sono proposte concrete tutto si riduce a belle frasi di propaganda. Se non si chiede di cancellare la legge 30 sul mercato del lavoro (quella impropriamente chiamata "legge Biagi"), se non si propongono leggi che facciano pagare più tasse a chi è più ricco, se non si affronta il tema della disoccupazione giovanile investendo nel lavoro sicuro, continuativo e giustamente retribuito, se non si affronta il tema dell'evasione fiscale pretendendo condanne severe a chi sgarra (e non dicendo che bisogna colpire chi evade ma senza infierire troppo, perché altrimenti si "colpisce l'impresa"), se si continuano a chiudere le fabbriche per delocalizzare dove i lavoratori hanno meno diritti, se non si abbandona l'idea di modificare la Costituzione e, invece, si pretende che venga attuata, ogni affermazione diventa slogan, reclame del "governo prossimo venturo". Un governo che spazzi via i "politici", la casta, e che veda gli imprenditori al timone del paese. Senza ricordarsi, o volendo nascondere, che Confindustria, in tutti questi decenni, ha governato dettando l'agenda politica a quei politici (più o meno onesti ma comunque accondiscendenti alle necessità imprenditoriali) che occupavano e occupano le poltrone governative. Non a caso si sono chieste ulteriori privatizzazioni citando il caso di AIM risanata. Non a caso un politico navigato come il sindaco Variati si è affrettato a dire che si, si può fare, che AIM può e deve aprirsi al mercato. Non a caso Zuccato e Marcegaglia, affermando che "tutti remiamo nella stessa direzione", hanno tessuto le lodi ai sindacati confederali e all'accordo recentemente siglato con i segretari nazionali di CGIL, CISL e UIL. La presidente nazionale di Confindustria ha spiegato che le regole contenute nell'accordo interconfederale "dicono che se io faccio un contratto aziendale con la maggioranza dei membri delle mie RSU, delle mie RSA, quello vale per tutti e nessuno lo può discutere. Dicono che se tu sindacato firmi questo accordo, il giorno dopo non ti metti a scioperare contro questo accordo come spesso è successo". Parole di chi ha ottenuto la "tregua sindacale" e può governare con la concordia e l'approvazione di chi rappresenta le parti sociali. In pratica si passerebbe dal governo dell'imprenditore Berlusconi al governo diretto di tutta Confindustria. Remando, però, tutti nella stessa direzione. Una direzione sempre più appiattita sui "bisogni dei padroni". Quella di guidare il paese (si badi bene, guidare e non governare) è stata, a mio avviso, la vera proposta venuta fuori dall'assemblea di Confindustria vicentina. Una proposta molto concreta alla quale, però, non mi adeguo. Non posso e non voglio. Perché proprio qui a Vicenza gli stessi imprenditori che oggi protestano contro "la politica", solo pochi anni fa, si alzarono in piedi rendendo omaggio all'imprenditore Berlusconi entusiasti di farsi rappresentare da lui. Perché una recente assemblea confindustriale, alla presenza della presidente Marcegaglia, ha visto gli imprenditori applaudire l'amministratore delegato della Thyssen condannato dal tribunale di Torino a 16 anni e mezzo per omicidio volontario. Perché il mio sogno, la mia "utopia", è di vivere in un paese normale, senza che gli interessi dei ricchi e dei potenti soffochino i diritti dei cittadini. Un paese dove la nostra bellissima Costituzione non venga tenuta fuori dai cancelli delle fabbriche. Un paese dove il lavoro, e non l'impresa, sia veramente il primo diritto di ogni cittadino.
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