Chiedere non è un peccato, ma l'esercizio di un diritto
Sabato 27 Novembre 2010 alle 09:31 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Regione Veneto - Vergogna, nella sua radice etimologica ci rimanda al latino vereor, che significa rispetto, timore reverenziale. Un conoscente, che si è presentato agli sportelli del Comune per presentare la domanda per chiedere un contributo per i danni dell'alluvione del 31 ottobre e 1 novembre scorsi, mi ha detto che davanti a lui una persona anziana, giunta agli sportelli del Comune per chiedere informazioni, sembrava appunto provar vergogna nel chiedere ciò che in verità le spetta.
Questa persona stava per rinunciare a presentare la domanda, vuoi appunto per questo sentimento, vuoi anche perché spaventata da alcune incombenze burocratiche che a taluni possono pesare.
Fortunatamente, le impiegate comunali si sono dimostrate tanto pazienti quanto gentili e alla fine sono riuscite a spiegare a questo cittadino che era nel suo diritto chiedere.
Quando ho letto che sono giunte al Comune poche denunce di danni, ho ripensato a questo episodio, con una persona a disagio nel chiedere. Credo che molti vicentini siano in questa condizione e non si tratta solamente di difficoltà nell'espletare qualche passaggio burocratico, dalla richiesta di preventivi alla denuncia per documenti distrutti o diventati illeggibili, quanto appunto da quel sentimento di timore reverenziale, quella vergogna, quasi che a chiedere sia una manifestazione di inferiorità , di povertà , quella povertà , avrebbe detto Foscolo in Inghilterra, "che nessun merito lava". Ecco perché io credo che ciascuno di noi oggi debba sentirsi impegnato ad essere vicino a chi ha avuto danni e con pazienza aiutare a superare sentimenti comprensibili ma che sono fuori luogo: non bisogna aver paura e chiedere non significa umiliarsi. Oggi, chiedere un aiuto è cosa più che legittima e giusta: io so che i vicentini e quanti hanno subito danni non approfitteranno di questa sventura e, casomai cercheranno di dividere fra tutti i soldi che giungeranno dallo Stato, in modo tale che ciascuno che ha perso qualcosa, possa avere un rimborso. Il mio è un appello non solo a chi ha avuto danni, ma anche a chi può essere vicino a costoro: non c'è nulla da vergognarsi nel chiedere un rimborso, né chiedere un aiuto significa infrangere le proprie norme etiche. Anzi: l'etica ci dice cosa è giusto o non è giusto fare. Davanti al danno che tanti hanno avuto, chi ha perso l'auto come chi ha visto distrutti mobili, manufatti o utensili magari i ricordi di una vita, l'etica ci dice che chiedere non è un peccato, ma l'esercizio di un diritto.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.