Chiari segnali dal governo a regioni con deficit sanità
Venerdi 14 Maggio 2010 alle 20:33 | 0 commenti
Roberto Ciambetti - Dopo Atene e Madrid è Lisbona ad annunciare misure draconiane per riequilibrare le sorti dell'economia nazionale: tagli agli stipendi dei dipendenti pubblici, giri di vite per le pensioni, stop alle spese; per i paesi del Mediterraneo europeo si preannunciano anni duri. Anche in Italia (finalmente, come suggerisce il presidente Zaia) non si scherza: sono chiari i segnali dati dal governo a quelle regioni che hanno situazioni deficitarie nella sanità e che hanno dimostrato di non avere né conti a posto, né di aver avviato veri processi di riorganizzazione e questo, probabilmente, è solo l'inizio di una nuova stagione, che costringerà a rispolverare una parola (e una prassi) che in troppi avevano dimenticato: austerity.
Cosa faranno i veneti che sanno di avere un residuo fiscale attivo, che sanno, cioè, di versare a stato ed enti pubblici ben 6 miliardi e 900 milioni, circa, di Euro in più di quelli che poi ricevono complessivamente? Saranno disposti a sostenere ulteriori sacrifici nel nome della coesione nazionale? Dovremo tirar la cinghia anche per gli altri? A guardar bene è la stessa domanda che ha attraversato la Germania nelle settimane scorse quando i tedeschi si sono chiesti perché pagare per permettere ad altri di godere dei benefici dei loro sacrifici. E non è una questione nuova.
Nel 1996 Kenichi Ohmae, ancor oggi uno dei più noti guru del mondo degli affari a livello mondiale, scriveva in un suo noto saggio sul dissolvimento dello stato-nazione dove emergevano singolari analogie tra Giappone e Italia: "Storicamente, l'etica dell'equa ripartizione dei contributi per il bene comune (anche se poi i benefici non sono necessariamente distribuiti con la stessa equità ) ha sempre rappresentato il fondamento su cui poggiano le società veramente democratiche, così come le nazioni che attorno a esse si sono formate. Quando questa etica vacilla o viene meno, accade altrettanto al collante che assicura la coesione di quelle nazioni". E a far vacillare quest'etica non è tanto la crisi economica, quanto la crisi morale, il mancato rispetto delle regole, il senso di impunità , la corruzione: i conti pubblici devastati, davanti a un rapporto qualità -spesa altrettanto disorientante, sono le specchio di una società disorientata e mal guidata.
La coesione nazionale non è data solo dalla solidarietà , solidarietà che in Veneto prende la forma (e sostanza) di 6 milioni e 900 mila Euro. Oltre alla solidarietà ci sono giustizia, uguaglianza, responsabilità e il Mezzogiorno (al pari della Grecia) ha bisogno di una nuova classe dirigente, che si rimbocchi le maniche e faccia leva su quella parte di popolazione che esiste e che non è più disposta a vivere alle spalle degli altri.
Lo stato non può basarsi solo sulla solidarietà di poche regioni chiamate a pagare il conto di altre aree in cui la classe politica non si assume alcuna responsabilità , continua a coltivare clientele e a costruire il consenso e a basare il proprio potere sulla spesa tanto c'è sempre un santo che, prima o poi provvede: sarà anche una coincidenza, ma palazzo Balbi, sede della Giunta regionale, sorge vicino al campo e alla chiesa di San Pantaleon o Pantalon; appunto, quel Pantalon che, alla fine, paga. Oggi paga 6 miliardi e 900 mila Euro circa. Ma fino a quando e, soprattutto, perché?
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