Chi pagherà per le Province? Ciambetti: Ce lo chiedevamo da mesi
Lunedi 10 Dicembre 2012 alle 20:36 | 0 commenti
Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore regionale Lega Nord  - Il lancio di agenzia è del 22 ottobre scorso quando dettai questa dichiarazione: “Bisogna capire quali competenze faranno capo alle Province e come queste andranno riorganizzate anche territorialmente;  si preannuncia una situazione di estrema complessità , ad iniziare dai rapporti con i lavoratori.
Bisognerà poi verificare quale ricaduta avrà la riorganizzazione nella quotidianità in campi tutt’altro che semplici che richiedono il governo immediato di eventuali problemi, dall’edilizia scolastica alle politiche ambientali per non parlare dei temi infrastrutturali stradali: mi chiedo infine chi pagherà eventuali costi aggiuntivi,  perché non è detto che abolendo le Province si risparmi, mentre è molto probabile, almeno per il Veneto, che si determinerà un aggravio di spese. Se così fosse, chi pagaâ€? Non ero il primo né l’unico a d avere questi dubbi: da mesi ci chiedevamo chi avrebbe pagato il conto, di riffe o di raffa, di una operazione sconclusionata, il riordino delle province,   avviata con troppa fretta e superficialità , senza i tempi e i criteri di una autentica riforma.Â
Oggi leggo le dichiarazioni allarmate del governo che in caso di mancata conversione in legge del decreto di riordino delle province parla di  "gravi e pesanti effetti che comprometterebbero la funzionalità degli enti stessi. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi che si sarebbero ottenuti con la riduzione delle Province, ci sarebbe una lievitazione dei costi a carico dei Comuni e soprattutto delle Regioni".Â
Se un assessore regionale aveva sollevato il problema relativo alle Province due mesi or sono notando il nodo possibile dell’aumento dei costi, perché un governo tecnico fatto di professori, supportato da Dipartimenti e centri studi di vaglia, si accorge solo ora, on the brink, della situazione? Quando i presidenti di provincia e l’Upi paventavano grandi rischi, compresa l’impossibilità di far fronte alle spese del riscaldamento delle scuole, si liquidarono le loro obiezioni  come fossero boutade senza senso o, peggio, l’ennesimo tentativo di salvare enti inutili che si potevano, stando ai professori ministeriali, eliminare dall’oggi al domani.
Alla base c’è una valutazione sbagliata sull’impatto di un provvedimento spacciato ai cittadini come taglia spese, ma in verità molto abborracciato, non calcolato nella sua reale portata.
Il primo errore, comunque, fu il non voler ascoltare anche nelle sedi istituzionali competenti, ad iniziare dalla Conferenza stato – Regioni  l’allarme lanciato da chi, conoscendo forse meno tecnicamente o cattedraticamente  ma più praticamente, il lavoro degli enti locali e delle Province, era alquanto preoccupato per una escalation della spesa.
Oggi quel pericolo potenziale si fa spettro concreto, ma non si scarichi nel Parlamento, né tantomeno nelle Regioni, le responsabilità di un percorso abborracciato e improvvisato oltre ogni limite, emblema di un modus operandi in cui troppo spesso si è venduto tanto, troppo,  fumo, scaricando oneri e costi nei cittadini, tra i pensionati, nelle imprese e negli  enti locali e nelle Regioni.
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