Canone Rai sui computer, carnevale per il Palazzo ma il cittadino è già in Quaresima
Domenica 19 Febbraio 2012 alle 11:02 | 0 commenti
Di Roberto Ciambetti
Nel 1938 al festival del Cinema di Venezia "Biancaneve e i sette Nani", il film della Walt Disney si vide assegnato il Gran Trofeo d'Arte della Biennale; sempre in tema di fumetti il 10 giugno su "Action Comics" era uscita la prima storia di Superman.Passano generazioni e generazioni di bambini e adolescenti, e nemmeno l'invasione dei Man-Ga giapponesi riesce a mandare in soffitta né Biancaneve né Superman, che per altro non solo i soli prodotti del 1938 ad essere ancora tra noi.
Il 21 febbraio di quel fatidico anno, infatti, vedeva la luce il Regio Decreto legge 246 "Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni". Vale la pena di leggere l'art. 1 di quel decreto: "Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto...". Appellarsi a questo decreto e mandare via la richiesta di pagamento di canoni Rai, da un minimo di 200 € a un massimo di 6 mila €, ad aziende, imprese, artigiani, liberi professionisti fino ai medici per qualche burocrate è stato un tutt'uno: visto che computer, Ipad o aggeggi similari, sono apparecchi atti alla ricezione di radioaudizioni, per milioni di contribuenti si prospetta l'ennesimo prelievo forzoso, che va ad aggiungersi all'Imu, alle accise, all'aumento di imposte varie, addizionali ecc.ecc. Da un lato la legge impone l'uso delle tecnologie avanzate, il possesso di posta elettronica certificata, l'obbligo dell'informatizzazione per la semplificazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e imprese e contestualmente tassa gli apparecchi il cui uso è imposto dal legislatore: siamo a situazioni che forse si vedono solo nei cartoni animati.
Ciò che colpisce in questa vicenda è l'arroganza della burocrazia codina che ha promosso questa iniziativa che dimostra la divaricazione esistente tra questa burocrazia di Palazzo e la realtà quotidiana: Biancaneve e Superman sono tra noi e sarebbe bello scoprire quale anima candida, quale Biancaneve, abbia avuto l'idea di rifarsi al Regio Decreto 246 per chiedere il canone su computer e Ipad e quale Superman vorrà riscuotere questo balzello: che si trattino degli stessi burocrati che, nel decreto per le semplificazioni del governo Monti, hanno previsto l'aggiunta di una frase al terzo comma all'art. 42 del Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773 per cui la licenza di caccia dovrà essere rinnovata ogni anno anziché ogni sei (alla faccia delle semplificazioni) senza sapere che l'art.42 in questione non ha tre commi, visto che i primi due sono stati abrogati nel 1975?
Ci verrà risposto che la Rai aveva l'obbligo di far rispettare il primo articolo del Regio Decreto n.246 del 21 febbraio convertito in legge 4 giugno 1938, n. 880, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 5 luglio 1938, n. 150. Chissà perché quando una legge prevede un salasso al cittadino questa si applica sempre mentre le leggi che tutelano i diritti dei consumatori o del cittadino rimangono lettera morta o non vengono applicate, valga per tutte la norma introdotta nel 2009 dall'allora ministro Roberto Calderoli, che prevedeva l'obbligo della chiarezza di ogni legge promulgata che dovrebbe (ed è un obbligo vigente a dire il vero) essere scritta in maniera chiara e comprensibile a tutti: riforma epocale quella voluta da Calderoli, rimasta inapplicata, perché ad applicare le leggi, nei palazzi romani, ci sono tanti Superman e tante Whitesnow, non esattamente dei Civil servant ma maschere. E forse non è un caso se il compleanno del Regio Decreto 246 del 1938 quest'anno cada proprio Martedì Grasso, ultimo di carnevale; un martedì grasso, sì, ma solo per la Rai: il cittadino è già in Quaresima.
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