Campo Marzo. Quelle proposte portate via dall'alluvione
Mercoledi 22 Dicembre 2010 alle 23:59 | 0 commenti
Campo Marzo. Quelle proposte portate via dall'alluvione: VicenzaPiù n. 204
Intervista al Presidente dell'Unione Immigrati Ousmane Condè per non dimenticare che sull'area verde c'era un progetto che coinvolgeva anche i cittadini stranieri. Se ne riparlerà a breve.
di Carlotta Buosi e Enrico Soli
C'era una volta un insieme di buoni propositi, sottoscritti dall'amministrazione, per risolvere i problemi di Campo Marzio non solo con la repressione ma anche attraverso il dialogo con gli immigrati. Era il 22 di ottobre e Variati la definì un' "operazione di educazione civica". Il primo cittadino disse anche di voler bruciare i tempi.
Signor Condè, sono passati due mesi dall'inizio delle restrizioni operate in Campo Marzio, che idea si è fatto dell'operazione?
"Quella dell'amministrazione è stata una scelta dolorosa per me, ma mi rendo conto che fosse necessaria. La situazione non è certo positiva, ma non condivido il fatto che la colpa venga data solamente agli immigrati. La delinquenza c'è non solo dove si trovano gli stranieri: è una bugia dettata dalla xenofobia di molte campagne elettorali. Dalle ultime restrizioni stiamo facendo il massimo per garantire il controllo; sono state fatte anche alcune proposte all'amministrazione. Purtroppo l'alluvione ha ostacolato il progetto".
Può ricordarci quali fossero le proposte?
"Per esempio si era pensato di affliggere cartelli e pubblicare volantini nelle lingue più parlate dagli immigrati per ricordare di non buttare cartacce per terra e di coinvolgere anche alcuni mediatori italiani che spiegassero che cosa fare e ricordassero le norme a cui bisogna attenersi. Molte associazioni hanno dato la loro disponibilità a fare da mediatrici, e questo è positivo anche se non possono certo svolgere l'azione delle forze dell'ordine che in molti casi è necessaria. Certo è che il pugno di ferro, da solo, non risolve il problema, ma, come è già successo, lo sposta in altre zone della città ".
Si tratta quindi di cercare degli individui che diventino esempi nelle loro comunità ?
"Sì. Molti rappresentanti delle associazioni poi parlano durante la preghiera o nelle occasioni di ritrovo, ma la collaborazione con gli italiani è fondamentale. Entro una settimana abbiamo in programma di trovarci per decidere il futuro delle proposte con l'amministrazione".
Spostandoci in un ambito più generico, che cosa ne pensa riguardo al nuovo termine di tempo, più lungo, e alle condizioni poste per ottenere la cittadinanza italiana?
"Condivido per quanto riguarda la lingua: è fondamentale per chi voglia vivere e lavorare qui parlare italiano, ma è anche vero che bisognerebbe organizzare per questo più corsi, più iniziative per aiutare chi non lo sa. Anche quest'anno abbiamo organizzato dei corsi auto-finanziati, ma ci rendiamo conto di quanto sia importante. Per quanto riguarda il periodo più lungo di attesa, è indispensabile valutare distinguendo i diversi casi e i motivi che spingono qualcuno a venire qui".
In qualità di recente cittadino italiano, di fronte ai casi di discriminazione che purtroppo talvolta si verificano, le capita di sentirsi offeso, discriminato?
"Il problema di molti stranieri, è che dopo anni che non vivono nel loro paese, quando vi tornano vengono etichettati come "italiani", mentre qui li chiamano extracomunitari. Di dove sono, dunque, queste persone? I bambini appena arrivati qui piangono perché non capiscono, vogliono andare a casa, ma spesso per la seconda generazione è ancora peggio: per quei ragazzi che, senza permesso di soggiorno, non possono stipulare contratti lavorativi e quindi avere una vita normale".
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