Buona Pasqua a chi?
Venerdi 6 Aprile 2012 alle 20:50 | 0 commenti
I recenti scandali che investono i partiti che siedono in parlamento sono emblematici del degrado al quale è arrivato il "fare politica". È la "questione morale" che sta distruggendo l'Italia e le nostre istituzioni democratiche. Oggi la lega nord è nella bufera. Umberto Bossi ha rassegnato le dimissioni da segretario federale ed ora è un triunvirato (Calderoli, Maroni e Manuela Dal Lago) a traghettare quel partito fino al congresso. L'ex tesoriere Belsito è stato "licenziato" e al suo posto è stato messo Stefano Stefani.
Cambia la direzione di fronte a un'inchiesta che sta rivelando utilizzi "impropri" (e personali) del denaro del partito e dei "rimborsi elettorali". Una brutta storia della quale è difficile rallegrarsi persino per chi è avversario (da sempre) della lega. Una brutta storia che segue quelle che hanno investito autorevoli membri della lega stessa, del PDL, del PD, dell'ex Margherita. Un'ombra cupa che sembra non salvare nessuno. Ed è proprio su questo che sarebbe bene riflettere.
Quanto sta emergendo in questi ultimi mesi è il risultato di quanto si è seminato negli ultimi decenni. La trasformazione dei partiti in comitati elettorali e in gruppi di affari è la caratteristica principale della cosiddetta "seconda repubblica". Tutta la politica è stata indirizzata al raggiungimento di obiettivi personali e particolari. Si è persa il conflitto ideale, il dibattito serio e anche aspro tra progetti diversi della società , dello sviluppo, dell'economia, del lavoro. Si è accettato che il modello vincente, quello capitalista, fosse immutabile nel tempo e nello spazio. La contrapposizione e il conflitto sono diventati battaglie per il tornaconto di gruppo (o personale). La passione politica si è trasformata in "bramosia della poltrona". La politica si è confusa con gli affari. È diventata essa stessa un affare. Ha trionfato, quel "cancro" della società italiana che Enrico Berlinguer denunciò oltre trent'anni fa: la "questione morale", ovvero l'occupazione delle istituzioni da parte di partiti trasformati in comitati d'affari. Governo e sottogoverno sono stati lottizzati come e più di prima. Questo è stato (ed è) il vero scandalo. Non solo la sottrazione di denaro pubblico e collettivo per fini personali, ma l'occupazione di tutte le poltrone che offrivano potere e, soprattutto, ingenti quantità di denaro da parte di personaggi mediocri che garantivano consenso a questo o quel comitato elettorale. Lo Stato, il bene collettivo, è stato svenduto a pochi affaristi. Difficile ricordare, in questi ultimi decenni, qualche figura di statista. Difficile ricordare qualche progetto serio di trasformazione (in un senso o nell'altro) della società . Facilissimo, invece, ricordare "l'assalto alla diligenza" da parte di personaggi inquietanti, abituati a pratiche prossime all'illegalità . Ci abbiamo rimesso tutti e quasi tutti sono responsabili. Quel "quasi" salva chi ha denunciato tali pratiche, chi le ha contrastate e continua a farlo. La colpa è di chi le ha messe in atto e di chi ha permesso lo scempio. Di chi non ha capito e di chi ha chiuso gli occhi. La colpa è dei protagonisti della corruzione e degli indifferenti.
Ma ci voleva tanto a vedere che qualcosa non andava? Non ci si poteva porre il dubbio che nominare uno come Francesco Belsito vicepresidente di Fincantieri e, quindi, sottosegretario dell'ultimo governo Berlusconi fosse per lo meno "strano"? Non si doveva capire il disastro che potevano creare questi personaggi in posti così importanti? Si faceva (e, per molti versi, si continua a fare) finta di nulla. Qualsiasi nomina "strana" è stata giustificata dalla "costruzione del consenso". Consenso generato dalla spartizione dei posti che contano nelle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate ... la questione morale non è stata più al centro della "politica". Quando l'amoralità è diventata una caratteristica "normale", la vera Politica è stata assassinata. Ma senza Politica (quella fatta per passione e per cambiare la società e non il conto in banca personale) non si può andare da nessuna parte. Si resta a guardare, si diventa sudditi al servizio di chi ha il potere e la ricchezza. Di chi ne può fare a meno perché è un privilegiato. Con la cancellazione della Politica si colpiscono gli interessi dei più deboli che divisi non hanno la forza per opporsi al volere del "padrone". Con la fine della politica vincono quelli che l'hanno fatta morire. Che sono, poi, gli stessi che hanno creato crisi, disoccupazione e miseria.
Dal "malaffare dei politicanti" si può e si deve uscire. Ci vuole una grande spinta democratica che rimetta al centro dell'azione le questioni reali (la mancanza di lavoro, l'aumento del costo della vita, la crescita della povertà , la diminuzione della conoscenza, la maggiore precarietà della salute, la sempre minore sicurezza nei posti di lavoro ...). E partire da queste affrontandole dalla parte di chi ne subisce i danni. Si può e si deve far pagare, finalmente, chi non ha mai pagato. Chi ha accumulato enormi ricchezze. Fare Politica vuol dire, oggi come ieri, chiedere che non ci siano più differenze enormi tra cittadini (com'è possibile che i 10 italiani più ricchi possiedano, da soli, più ricchezza di quanta ne hanno tre milioni di poveri?). Fare Politica vuol dire costruire un progetto di società basata sui diritti costituzionali. Una società migliore e più giusta che possa farci diventare un paese civile e dove gli inganni, la corruzione, il malaffare e l'arricchimento personale con i soldi collettivi siano condannati (e puniti) con severità e senza alcuna giustificazione.
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