Blog, amici e palestra meglio del curriculum per cercare lavoro
Sabato 24 Settembre 2011 alle 16:15 | 0 commenti
Avreste mai pensato che i contenuti del vostro blog, ritrovare un vecchio amico dell' università e in carriera lanciato nella carriera e, addirittura, andare in palestra possono salvarvi dalla disoccupazione? Il vecchio curriculum serve, cioè, sempre di meno in una società in cui relazioni reali e virtuali prendono il sopravvento più. In Inghilterra proprio il "tradizionalista" Guardian ha intervistato esperti del settore e ha navigato in rete trovandovi e suggerendo metodi inconsueti e creativi perché chi cerca un posto abbia una chance in più.
Magari aggiungendo al reale un pizzico di ironia il compassato quotidiano suggerisce come proporsi al meglio affiancando al talento personale un po' di spudoratezza. Sul vecchio curriculum, se proprio serve, leggete cosa suggerisce: «Arruffianalo. A partire dalla forma, giocando con i caratteri e con i colori a seconda dell' azienda a cui ti vuoi rivolgere. L' importante è essere nella rete giusta perché più che la qualità delle nostre competenze conta chi le conosce». A vendersi bene nel proprio giro, continua il Guardian, aiuta anche un blog a tema e magari presentarsi a un colloquio di lavoro dopo una seduta in palestra. Bluff e abbellimento dei propri dati fino a che punto aiutano? Paolo Citterio, presidente dell' Associazione direttori del personale, su La Repubblica frena: «I bluff durano poco quello che serve è un po' di maestria per evidenziare le proprie caratteristiche in funzione di ciò che sta a cuore alle aziende. Ad esempio, bisogna sapere che i datori di lavoro puntano sempre più sulla rapidità dei candidati. Il voto finale conta poco, l' importante è essersi laureati in tempi debiti. E poi, certo, il futuro è Internet. L' importante è essere sui siti specializzati: da Jobrapido a Job advisor, da Monster a Linkedin». Anche un big americano della consulenza in risorse umane, la Kelly Service, la pensa così: 33 candidati su 100, secondo una ricerca condotta in 30 Paesi, cercano lavoro attraverso i social network anche se in Italia la percentuale scende al 18%. E d'altra parte solo Linkedin ha, nel nostro Paese, una comunità di 1,7 milioni di iscritti. Anche se siamo ancora indietro rispetto a Germania, Francia e Gran Bretagna. Ma la rete può diventare anche un boomerang con pareri espressi troppo istintivamente sui social network, come la discriminazione razziale e gli insulti nei confronti dei precedenti datori di lavoro: «il 20 per cento dei direttori del personale», afferma Citterio, «cerca informazioni sui social network». Web a parte, in Italia il principale canale di ricerca di lavoro rimana il passaparola, cioè la rete di conoscenze personali, che è determinante nel 25 per cento dei casi. «E' ancora così, anche se sempre meno» ammette Andrea Cammelli, direttore del consorzio universitario di Almalaurea, che ai neo laureati consiglia di restare in contatto, di formare un network ma che sfata il vecchio luogo comune della flessibilità dicendo ai giovani: «Accettate lavori a tempo e poco qualificati al massimo per un anno e mezzo». Gli inglesi, sempre loro, consigliano addirittura di appostarsi davanti al luogo di lavoro, per studiare abitudini e vestiti dei futuri colleghi. È così utile? «L' aspetto motivazionale è sempre più importante», dice Giovanni Buttitta, direttore delle relazioni esterne della società Terna. «Ma è meglio evitare finzioni grottesche, perché a selezionare i candidati ci sono degli psicologi e se ne accorgono subito. Quanto al look, basta non esagerare ed evitare di presentarsi ai colloqui in pantaloncini».
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