Banco Popolare avanti tutta su Bpm, fuori strada Popolare di Vicenza e Veneto Banca
Domenica 20 Marzo 2016 alle 13:18 | 0 commenti
Mentre durante l'assemblea di ieri a Lodi vengono ancora esclusi piani alternativi del Banco Popolare con Veneto Banca e BpVi ("Non esistono ipotesi di aggregazione", ribadisce l'Ad Saviotti), l'istituto, con testa pensante a Verona e con sedi a Lodi e Novara, territori delle banche locali che con Verona hanno costituito un mega polo, va avanti verso la fusione con Bpm non escludendo, sia pure obtorto collo, l'aumento di capitale, come dice alla fine il suo Ad che si impegna a rispettare le richieste della Bce davanti al suo supervisore, la lettone Ilze Rainska. Ci racconta l'assemblea di ieri il collega del Corriere della Sera, Stefano Righi, autore, tra l'altro, di "Il grande imbroglio" da poco disponibile presso le librerie di tutt'Italia.
Banco Popolare va avanti su Bpm Non escluso l'aumento di capitale
Saviotti: rispetteremo le richieste della Bce. A Lodi il supervisore dell'Eurotower
Di Stefano Righi, da Il Corriere della Sera
Avanti verso Milano. Il Banco Popolare dopo la lettera della Bce non lascia, raddoppia. Il presidente Carlo Fratta Pasini e l'amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, lo hanno ripetutamente affermato davanti ai 7.157 soci (41.360 con le deleghe) presenti a Lodi e nelle due sedi video collegate di Lucca e Verona: la fusione con la Banca Popolare di Milano è il primo obiettivo strategico dell'istituto, l'unica alternativa al rimanere soli.
Sarà il consiglio di amministrazione già convocato per dopodomani, martedì pomeriggio, a Verona, a individuare le «capital actions» da mettere in atto per soddisfare le richieste delle autorità europee di Vigilanza.
Se alla Bpm è arrivato un richiamo sulla governance, il Banco deve fare i conti con la richiesta di più elevati parametri patrimoniali. Non basta un indicatore Cet1 al 12,4 per cento, quasi tre punti percentuali oltre il livello richiesto dalla Banca centrale europea. La Bce vuole di più. L'equivalente di una cifra superiore al miliardo di euro. Saviotti ha strenuamente allontanato l'ipotesi di un nuovo aumento di capitale, eppure ieri al termine dell'assemblea ha ammesso di non poter escludere «al 100 per cento» di doverne far ricorso. Ma prima di arrivare a questo intende giocarsi molte carte.
In attesa della riunione di martedì, in cima alla lista delle possibili cessioni ci sono le attività di Banca Depositaria. Poi, sono in corso trattative per la cessione di crediti in sofferenza (Npl) per circa 600-700 milioni di euro. A quel punto potrebbero essere cedute anche alcune attività nel mondo della bancassurance, come Popolare Vita e Avipop assicurazioni. Se vi fosse la necessità di un ulteriore rafforzamento, prima di toccare i gioielli di famiglia, ovvero la partecipazione al 39% in Agos Ducato o una quota di Banca Aletti, il Banco potrebbe pensare anche alla emissione di strumenti ibridi di capitale, che sono già allo studio.
È un ampio ventaglio di possibilità perché nessuno può più permettersi di sottovalutare la Bce. Ieri il supervisory board della Banca centrale europea ha mandato a Lodi la lettone Ilze Rainska, in qualità di osservatrice. È rimasta per cinque ore seduta in prima fila ascoltando le traduzioni in cuffia, prendendo appunti e declinando con ferma cortesia ogni invito al commento. Si è mossa solo nel momento dello scontato conteggio dei voti per andare a congedarsi da Saviotti, che le aveva dedicato un saluto di benvenuto in apertura di assemblea. Ma davanti al fotografo del Corriere, ligia e gelida, ha rifiutato di stringere la mano all'amministratore delegato del Banco, per non dare adito ad aspettative.
Il bilancio è stato approvato con il 99,7 per cento di voti favorevoli, che si motiva con il ritorno all'utile dopo 4 anni (430 milioni) e una cedola di 15 centesimi.
In attesa dell'assemblea della Bpm il 30 aprile e delle riunioni dei consigli convocati dopodomani, la tanto attesa fusione riprende dunque quota grazie all'endorsement governativo di venerdì e alla chiara volontà espressa dal Banco.
Restano alcune incognite, come quella evidenziata dal segretario generale della Fabi, il principale sindacato dei bancari, Lando Maria Sileoni che, pur non avendo posizioni prevenute sull'operazione Banco-Bpm, chiede di sapere «quali sono stati i motivi che hanno portato al fallimento delle trattative Ubi-Bpm. Ce lo chiedono - dice Sileoni - i lavoratori della stessa Bpm».
Sospeso invece il giudizio di Agostino Megale della Fisac-Cgil: «Ci esprimeremo quando, superando i ritardi, gli amministratori delegati si decideranno a confrontarsi con le rappresentative sindacali». L'annuncio potrebbe essere vicino .
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