Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, la fusione accelera
Domenica 29 Gennaio 2017 alle 09:37 | 0 commenti
Martedì i consigli dei due istituti a Roma. Sul tavolo il piano industriale e l'integrazione Verso un bond garantito dallo Stato. Rimborsi, spinta della rete per le transazioni con i soci
Si stringono i tempi per la fusione tra la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Martedì 31 sono convocati i board, e la città in cui si riuniranno è sintomatica di quello che sarà il futuro dei due istituti: Roma. I vertici saranno già nella capitale per altri impegni. Verosimilmente avranno un incontro al ministero dell'Economia. La Commissione europea una decina di giorni fa ha dato il via libera allo schema grazie al quale il Tesoro si appresta a emanare i decreti di concessione della garanzia dello Stato a sostegno dell'accesso alla liquidità delle banche venete. Su questa base i due istituti si preparano ora a emettere un bond per recuperare liquidità , come ha fatto di recente Mps.
Nel frattempo prosegue il lavoro dei capi azienda - Fabrizio Viola per Vicenza e Cristiano Carrus per Montebelluna - per mettere a punto il piano di fusione e quello industriale, che devono essere presentati a breve alla Bce: «Nei prossimi giorni, molto presto presenteremo alle autorità centrali» il piano strategico e di fusione con Popolare di Vicenza, ha detto Carrus, a margine del Forex di Modena. La conferma è arrivata anche dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco nel suo intervento a Modena. I due istituti potrebbero approvare un primo schema del progetto di integrazione, con un affinamento delle stime sul fabbisogno di capitale che si potrebbe generare dalla svalutazione e dallo scorporo dei crediti deteriorati, da cedere verosimilmente al fondo Atlante, che è azionista al 98% dei due istituti.
Per il futuro delle banche di Vicenza e Montebelluna è cruciale il successo della transazione (ovvero un'adesione prossima all'80%) con i soci che hanno perso quasi tutto l'investimento in azioni. Finora circa 25 mila risparmiatori su 175 mila interessati hanno già aderito all'offerta, che scade a metà marzo. E le filiali stanno compiendo un grande sforzo per illustrare la proposta ai clienti-soci.
I due istituti vogliono presentarsi sul mercato per l'inevitabile aumento di capitale (il fondo Atlante ha già versato 930 milioni in «conto futuro aumento di capitale») senza avere a bilancio il rischio delle cause per il risarcimento dei danni. L'offerta di transazione «non è modificabile, ma è allo studio un tavolo per i casi di azionisti più bisognosi, con uno stanziamento di 30 milioni di euro», ha detto il presidente della vicentina Gianni Mion.
Nel caso in cui non andasse in porto la ricapitalizzazione privata, si profilerebbe solo la strada della «ricapitalizzazione precauzionale» coperta dallo Stato con le risorse del decreto «Salva-risparmio» (20 miliardi in tutto, di cui circa un terzo destinati a Mps). Perché ciò possa avvenire, come ha ricordato Visco, serve che le banche non abbiano superato lo stress test della Bce della scorsa estate nel cosiddetto «scenario avverso». Quel risultato, basato sui dati a fine 2015, non è mai stato reso noto ma sembra che PopVi e Veneto Banca non l'abbiano centrato. Una bocciatura che ora - se l'aumento sul mercato dovesse andare male - paradossalmente servirà ad evitare il bail-in, potenzialmente disastroso.
di Fausta Chiesa e Fabrizio Massaro, da Il Corriere della Sera
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