Banca Finint, Giovanni Perissinotto presidente. Conto dalle banche: BPVi e Veneto Banca sono costate 3,5 mln
Venerdi 22 Luglio 2016 alle 09:21 | 0 commenti
Finint «arruola» Perissinotto. Dopo l’arrivo di Luciano Colombini, l’ex direttore generale di Popolare di Vicenza, venti giorni fa, da amministratore delegato di Banca Finint, ora la finanziaria di Enrico Marchi ed Andrea De Vido mette a segno il secondo colpo con l’ex amministratore delegato delle Generali, nominato presidente di Finint Investments sgr, la società di gestione del risparmio nell’ambito dell’area operativa che fa capo a Banca Finint. Ancora una delle aree di competenza di Andrea De Vido, in cui il socio storico di Marchi viene sostituito da un manager, in un processo di presa di distanza dai ruoli di prima linea, interpretato come il preludio di una rottura definitiva tra i due, che invece non c’è stata.
Scelta che fa notizia, quella di Perissinotto. Nel periodo dell’ex manager alle Generali Marchi e De Vido, insieme ad altri nomi, da Veneto Banca agli Amenduni agli Zoppas, avevano creato un solido collegamento con il Leone, tra i soci veneti riuniti nel nocciolo di Ferak da un lato e gli investimenti delle Generali dall’altro, ad iniziare da Save, in cui Trieste era socio di controllo al fianco di Finint. Rapporto messo duramente sotto accusa tre anni fa, tra la cacciata di Perissinotto, la burrascosa uscita di Trieste da Save e le accuse sugli affari incrociati, con tanto di inchieste penali e minacciate azioni di responsabilità delle nuove Generali di Mario Greco. Tre anni dopo la buriana non ha portato a nulla, Greco ha già preso il volo e il valore del titolo e caduto poco sopra gli 11 euro.
Situazione che serve un assist a porta vuota a Marchi su tutto il fronte: «Fosse stato per me - dice riferendosi alla chiamata di Perissinotto - l’operazione si sarebbe fatta prima. Avevo già sondato la disponibilità ; ma Perissinotto, da galantuomo qual è, ha detto ‘aspettiamo che le cose si risolvano’. Quel che successo intorno alle Generali è stato un bluff. Forse con il tempo si spiegherà il perché di un’operazione, che non è stata una delle idee migliori, viste le turbolenze e i risultati creati».
Perissinotto va a occupare una casella in una delle aree di business che funzionano meglio. La Sgr ha chiuso il 2015 con un utile netto di 1,2 milioni di euro, un patrimonio gestito di 1,3 miliardi, 222 milioni in più sul 2014, ripartiti in 17 fondi alternativi immobiliari riservati, 5 mobiliari riservati chiusi, 2 mobiliari riservati aperti e 10 gestioni patrimoniali. L’arrivo di Perissinotto, vista da Conegliano, ha un significato preciso: «Ha esperienza e collegamenti con gli investitori e può darci consigli sulla gestione - dice Marchi - nell’ottica di una crescita ulteriore». L’ovvia altra domanda è sui possibili altri incarichi di Perissinotto: «Per il momento siamo contenti di una collaborazione importante - replica Marchi -. Cominciamo così. Con il tempo si vedrà ».
Ma c’è un ultimo fronte su Generali: i conti. La partecipazione nel colosso assicurativo è tra quelle finanziarie che pesano nel bilancio consolidato 2015 di Conegliano: 28,8 milioni di svalutazioni, che seguono ai 21 dell’anno precedente, decisivi per la perdita netta consolidata di 6,6 milioni del 2015. Le svalutazioni riferibili alla quota in Generali sono di 5,6 milioni; ma il grosso riguarda ancora le banche, con oltre 15 milioni: la quota Mps è di 11,6 milioni, dopo i 18,3 del 2014, Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono costate 2,4 e 1,1 milioni. Svalutazioni tutt’altro che chiuse, specie su Mps: «Chiaro che ne avremo anche quest’anno, vista come sta andando - chiude Marchi -. In Mps speravamo di dare un contributo attraverso Antonveneta. Ci è costato caro. D’altra parte teniamo in conto l’adagio che chi rischia perde soldi, chi non rischia perde gli affari. In compenso le attività operative vanno bene e la somma algebrica tra i due fronti è positiva. Aver attraversato questi anni difficili con le attività operative che crescono e senza aumenti di capitale è già una grande soddisfazione».
Di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto
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