Bambino rasato Caldogno Vicenza Moss
Martedi 6 Novembre 2012 alle 03:30 | 0 commenti
Peggio il rammendo del buco dicono a Venezia. E Umberto Nicolai, assessore allo sport del comune di Vicenza nel buco c'è cascato in pieno quando in relazione alla nota vicenda del ragazzo rasato a zero su input di qualcuno a lui vicino perché non avrebbe ottenuto un risultato soddisfacente, o per nonnismo o per semplice goliardia, ha placidamente ammesso sul GdV di ieri a pagina 8: «Sapevo tutto da maggio... Ma alla fine chi ci rimette è lo sport». Ma come la famiglia che ritiene il bambino oggetto di una condotta da codice penale non conta un cavolo?
Delle due l'una. O la famiglia mente. E allora va additata al pubblico ludribio, oppure dice il vero e allora va presa sul serio. Ma Nicolai fa l'equidistante; è un genio perché oltre a dire una fesseria ne inanella pure un'altra ammettendo placidamente che lui da presidente del Coni berico è da maggio che sapeva. E non ha detto niente? A che titolo se ne esce solo ora sui giornali dopo che Vicenza ha fatto il giro d'Italia dello sputtanamento, meritato o no chi sa, indipendentemente dalla vicenda in sé stessa? Nicolai, nel suo mantra al GdV, fa ricorso al meglio ovvero al peggio del perbenismo ipocrita vicentino. Una pratica che raggiunge il top quando spiega di non voler gettare la croce addosso a nessuno. Ma che vuol dire? Per caso l'uscita del nostro è una difesa d'ufficio mal mascherata degli autori del gesto? O più subdolamente è una difesa d'ufficio della società in cui si sarebbe consumato il fatto, reato o non reato che sia? All'assessore si unisce in sincrono l'onorevole Daniela Sbrollini del Pd che in un suo comunicato dice più o meno le stesse cose.
Epperò nel festival dell'ipocrisia vicentina stampa e politici si tengono a braccetto. Come mai i media locali, tranne qualche eccezione, non citano il nome della piscina in cui abitualmente si allenava il piccolo che sarebbe stato oggetto delle presunte angherie durante una trasferta svizzera? Perché, come fa Repubblica invece, non si dice che è il centro Moss di Caldogno (in foto)? Forse perché, domando, l'ha costruito il Gruppo Maltauro che è tra i nomi eccellenti della Confindustria locale che controlla il GdV e che a Vicenza ha ammanigli nella giunta di centrosinistra? O magari l'ha costruito qualche altro big della imprenditoria locale? Forse perché il contiguo a Vicenza comune di Caldogno, uno dei regni dell'hinterland della speculazione edilizia assieme a Costabissara e Isola, è quel laboratorio perfetto dove incubare vecchi arnesi della politica e del lobbismo di provincia per dare vita al nuovo Ogm Pd Pdl che proprio a Caldogno governa sotto l'egida del sindaco Marcello Vezzaro? Forse perché nel board della Fondazione C4 collegata al comune di Caldogno siede il vero dominus della zona ovvero l'ex sindaco e consigliere regionale del Pdl Costantino Toniolo, in celesti rapporti con Maltauro e con la giunta di centrosinistra del capoluogo? E come mai da quando la notizia è uscita su Repubblica nessun politico locale ha azzannato alla carotide i presunti responsabili che hanno ammesso il gesto? E se non sono loro i responsabili perché non è stata azzannata alla carotide la società che doveva controllare? Garantismo o ricerca di serenità per il buon nome della società che li ingaggiò? E perché nessun politico berico ha avuto le palle di fare il nome della struttura? Ma la cosa che fa più «ridere e schifo» al tempo stesso, come lo schifo di Ciprì e Maresco è la scusa accampata da certi media locali che non hanno rivelato il nome dell'impianto per paura che fosse identificabile il bimbo. Le bugie hanno le gambe corte, le cazzate il fiato pesante. E così per sbarazzare la vicenda da ogni pelosa ipocrisia, al di là della magistratura che farà il suo lavoro, verrebbe da dire solo quattro parole: bambino rasato Caldogno Vicenza Moss...
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