Aviaria, Il Fatto: milioni di capi abbattuti tra Lombardia e Veneto ma l'Oms rassicura sui rischi di contagio
Domenica 27 Agosto 2017 alle 09:43 | 0 commenti
Il primo uccello migratore malato è stato trovato nel dicembre del 2016 nella laguna di Grado, in provincia di Gorizia. Pochi giorni dopo, la temuta conferma dai laboratori dell'Istituto zooprofilattico di Padova: "Virus influenzale di tipo A ad alta patogenicità ". L'influenza aviaria è arrivata in Italia così. Anche se non risulta pericoloso per l'uomo, il virus H5N8 è tra i ceppi più letali di sempre per gli animali, in grado di sterminare in poco tempo centinaia di migliaia di volatili propagandosi di allevamento in allevamento. Da allora l'epidemia di aviaria che viene dai Paesi del Nord Europa, portata dagli uccelli migratori provenienti dalla Siberia, ha già fatto enormi danni all'economia del settore in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tre regioni italiane che da sole fanno l'80 % del mercato della produzione avicola nazionale.
Quasi 2,5 milioni di animali abbattuti tra tacchini, galline ovaiole e fagiani dall'inizio dell'anno, a fronte di indennizzi per gli allevatori che oramai sfiorano i 15 milioni di euro.
L'emergenza, anche se tenuta sotto controllo, è tutt'altro che terminata. Gli ultimi due focolai sono stati scoperti pochi giorni fa a Verona e a Lodi, proprio appena conclusi gli abbattimenti di animali che avevano fatto dichiarare la fine dell'emergenza: "Tutte le operazioni di abbattimento, pulizia e disinfezione si sono concluse - comunicava il 18 agosto scorso l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, centro di riferimento nazionale per l'aviaria - sia nei focolai di influenza sia negli allevamenti sottoposti ad abbattimento preventivo. Tutti i focolai di aviaria risultano quindi estinti".
Il 21 agosto arriva però il nuovo allarme. In un allevamento di tacchini nel veronese viene segnalato un aumento improvviso di mortalità negli animali, che improvvisamente non mangiano e non bevono. Anche in un centro per il ripopolamento di fagiani, pernici e anatre germanate nel Lodigiano si presentano i sintomi tipici dell'aviaria. Nuove analisi confermano la presenza del virus, altre decine di migliaia di capi abbattuti. La regione più colpita è la Lombardia: 25 focolai tra le province di Mantova, Pavia e Lodi, 1 milione e 200 mila abbattimenti e una spesa per gli indennizzi agli allevatori di circa 10 milioni di euro.
"Insieme all'assessore alla Sanità abbiamo agito anche prima che il virus si estendesse - spiega al Fatto l'assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Giovanni Fava - con una politica di ‘depopolamento preventivo', per cui inizialmente abbiamo abbattuto per precauzione circa 450 mila capi. In seguito siamo stati costretti a sopprimere anche 760 mila animali contagiati".
Ad oggi, in Lombardia quasi 860 allevamenti sono tenuti sotto controllo e le autorità sanitarie dall'inizio dell'emergenza hanno prelevato e analizzato circa 80 mila campioni. Segue il Veneto, dove a pagare il conto più alto è la provincia di Verona, sede di alcuni dei più grandi marchi italiani delle carni bianche. Mentre l'Emilia Romagna per ora è stata toccata solo marginalmente dal problema, limitato a tre allevamenti tra Parma e Bologna, dove sono stati soppressi da inizio anno 178 mila tra galline e tacchini.
Nel Nord-Est circa 16 focolai hanno portato all'abbattimento di 1 milione di volatili, con indennizzi agli avicoltori per circa 5 milioni di euro. "In un solo caso - racconta l'assessore regionale del Veneto, Giuseppe Pan - sono state abbattute in un grande stabilimento 500 mila galline ovaiole, praticamente la metà degli abbattimenti totali della regione. Servono provvedimenti per sostenere il settore e dare un futuro a queste imprese perché il danno che subiscono è enorme".
Secondo i dati Istat del 2016, il mercato italiano delle carni bianche vale per l'economia del settore circa 5,45 miliardi di euro, e al momento costituisce una delle poche filiere che produce un poco più di quanto si consuma (il 103%), garantendo integralmente l'approvvigionamento nel mercato interno. Tanto che il prossimo 12 settembre è in programma un incontro a Milano tra gli assessori competenti delle tre regioni interessate e le associazioni degli allevatori per discutere la richiesta di misure e fondi straordinari al governo. A mettere in grave crisi la produzione non sono solo gli abbattimenti di animali, ma anche i severi protocolli stabiliti dalle autorità sanitarie che sono necessari per confinare l'epidemia.
Fin dal dicembre scorso, su ordine del ministero della Salute, sono state disposte precauzioni speciali per la separazione tra il pollame domestico e quello selvatico, ordinando di tenere gli animali solitamente allevati all'aperto in capannoni o in aree non accessibili ai volatili selvatici, vietando l'ingresso degli estranei nelle aree di allevamento e stabilendo speciali procedure di controllo e di disinfezione per i mezzi di trasporto del mangime e per quelli che ritirano le deiezioni degli animali, facendo stoccare le attrezzature per l'allevamento in depositi chiusi e annotando su appositi registri tutte le entrate di persone, mezzi e animali negli allevamenti.
Misure che si sono subito aggravate con l'estensione del contagio, arrivando a stabilire ispezioni su tutti i tacchini prima della macellazione e zone di restrizione nel raggio di chilometri intorno ai focolai e alle arterie stradali percorse dagli automezzi per il trasporto dei volatili. Finora i provvedimenti sono riusciti a contenere l'epidemia, ma stanno mettendo in ginocchio gli allevatori.
di Â
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