Al festival del Cinema in scena i retroscena di Femen: femministe sotto padrone?
Giovedi 5 Settembre 2013 alle 23:05 | 0 commenti
Può dirsi femminista un movimento il cui leader era un uomo che si autodefinisce un " patriarca" e un " fottuto coniglio"? E' l'interrogativo che chiunque abbia visto "Ukraina Ne Bordel" (Ukraine is not a bordel), il documentario proiettato in questi giorni alla 70° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia sulla la vita delle Femen - attiviste ucraine che protestano contro la condizione di sudditanza della donna nella società contemporanea esibendosi in tutto il mondo con il seno nudo -, ha stampato sul volto finita la proiezione.
E la risposta non può essere che negativa. Le Femen, reclutate in base alla bellezza fisica, accondiscendenti e dipendenti in tutto per tutto al loro padre-padrone Victor, che ha plasmato le giovani attiviste ucraine orchestrando ogni loro apparizione pubblica gestendo anche le donazioni che arrivavano all'organizzazione dai sostenitori, viste attraverso l'occhio della telecamera sono molto lontane dall'immagine di donna che il femminismo come movimento storico e culturale evoca. La contraddizione insita ad un'organizzazione che lotta contro il patriarcato ma che è guidata da un maschilista (e probabile erotomane) è riconosciuta anche dalle ragazze che alla fine della proiezione si definiscono, pur con delle ovvie ritrosie, come "schiave" e "vittime della sindrome di Stoccolma".
Le Femen, giunte ieri al Lido di Venezia con tanto di seno nudo, hanno dichiarato di aver spostato il loro quartier generale a Parigi e di essersi liberate dal loro padrone Victor già da un anno. Ma sarà vero?
Intanto anche oggi non si sono negate ai fotografi e ai curiosi prima e dopo la seconda proiezione del documentario. Bellissime nei loro tubini neri, l' incarnato chiaro illuminato dal rossetto rosso e incorniciato dai capelli biondi ornati dalle ghirlande di fiori che le hanno accompagnate in tante proteste, si abbracciano, salutano sorridono come delle autentiche dive. Solo Irina, la prima a liberarsi dalla dipendenza da Victor come dichiara nel documentario, semina i fotografi e si infila nel furgone. Il tutto mentre la regista Kitty Green ringrazia con modestia per i numerosi applausi ricevuti. Lei, che ha palesato con un'abile regia i retroscena delle azioni delle sostenitrici del gentil sesso mediaticamente più forti in questi ultimi anni, è apparsa come la vera Femminista di "Ukraine Ne Bordel".Â
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