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AAA Vendonsi obbligazioni subordinate BPVi e Veneto Banca: ma a rischio è l'intero settore

Di Rassegna Stampa Domenica 13 Dicembre 2015 alle 12:12 | 0 commenti

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Non è un corsa agli sportelli classica, ma il risultato è lo stesso: i "piccoli investitori" si stanno precipitando in filiale dagli intermediari finanziari chiedendo di vendere le obbligazioni subordinate su cui hanno investito i risparmi. Questo è lo scenario a cui stanno assistendo i trader da venerdì scorso. Con un primo effetto: gli investitori "istituzionali", i fondi di investimento, non aprono il portafogli, nessuno è interessato a comprare e quindi i prezzi stanno crollando. "Non c'è domanda per loro", spiegava due giorni fa alla Reuters Giuseppe Sersale, gestore del fondo Anthilia Capital. È il classico "verdetto del mercato", solo che stavolta l'oggetto è anche la tenuta nel medio periodo di un bel mucchio di istituti di credito.

Nessuno compra, tutti vendono. È il contrappasso del decreto del 22 novembre sulle 4 banche commissariate - Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFe - che sta innescando quello che si voleva evitare: l'effetto panico. L'ondata di vendite è trascinata dal retail, i piccoli risparmiatori. Le obbligazioni subordinate sono usate dalle banche per rafforzare il capitale di rischio, ma in caso di insolvenza chi le ha comprate è un "creditore subordinato", cioè èl 'ultimo a riavere qualcosa, e con le nuove norme europee sulle crisi bancarie è chiamato per primo, insieme agli azionisti, a perdere tutto. I clienti retail sono sempre state una fonte di finanziamento per le banche italiane, che gli vendevano le proprie obbligazioni attraverso le filiali. Stando agli analisti indipendenti di Consultique, le 4 banche "salvate" ne hanno piazzate 32 per un valore di quasi un miliardo: due (119 milioni di controvalore) si sono salvate; altre 12 (286 milioni) sono "in liquidazione" e vedranno forse qualcosa dalla bad bank; le restanti (593 milioni) sono"azzerate", chi le ha prese ha perso tutto.
In totale sono 368 le obbligazioni subordinate emesse dalle banche italiane per un controvalore di 61 miliardi: un bel pezzo - circa 150 - con "tagli" piccoli da mille euro. La gran parte di questa massa, 286 bond (il 78%) è senza rating, cioè il giudizio di qualche agenzia specializzata (Moody's, Standard & Poor's, Fitch, etc.) sull'affidabilità di chi li ha emessi. I restanti 82 bond hanno livello investment grade per Moody's e S&P, ma non per Fitch, che limita questo giudizio a 27 bond (agli altri 55 dà un rating "speculativo").
Per Matteo Trotta, analista del settore obbligazionario di Consultique, solo 232 bond (il 63%) sono potenzialmente "liquidi", cioè permetteranno con facilità di arrivare a incassare la cedola e sono quindi vendibili. Oltre un terzo delle obbligazioni subordinate sul mercato (136) sono invece potenzialmente "illiquide", cioè invendibili: chi le ha se le tiene e deve pregare che vada tutto bene. Le grandi banche come Unicredit (51 obbligazioni subordinate), Intesa (26) o Mediobanca (5) sono solide e offrono rendimenti più bassi di quelli di banche più traballanti. Eppure anche queste sono bersagliate dai tentativi di vendere, una manna per i fondi speculativi americani che acquistano a prezzi più bassi. Reuters segnalava lo stesso andazzo per Mps e Carige, due istituti usciti dalle forche caudine di maxiperdite e aumenti di capitale: nelle ultime settimane sono crollate in Borsa. Mps ha collocato, non di recente, 4,8 miliardi di bond subordinati "speculativi" a rendimenti molto elevati; quelli di Carige (1,13 miliardi) sono quasi tutti senza rating o con livelli "speculativi".
La vera nota dolente, però, sono Popolare di Vicenza (894 milioni) e Veneto banca (731 milioni): hanno emesso bond subordinati per 1,3 miliardi, che ora preoccupano i risparmiatori. Il 1° dicembre, per finanziarsi la banca trevigiana ha emesso 200 milioni di bond subordinati a un incredibile rendimento medio del 10,20%. Entrambe le banche assicurano rendimenti intorno all'8-9% ai risparmiatori che investono in questi strumenti, contro il 4,5 dei gruppi più grossi. In passato, gran parte di questi bond sono stati venduti ai piccoli investitori, che ora cercano in ogni modo di sbarazzarsene facendone calare il prezzo. Il problema è che si recano in filiale, ma gli ordini di vendita non vengono accettati, e solo una quota dell'ammontare dell'emissione ha diritto di recesso.
Non solo. I due istituti hanno disperato bisogno di capitale, e recentemente hanno svalutato pesantemente: per Veneto Banca il prezzo di recesso è di 7,30 euro, dai 39 di aprile (-81%); mentre Pop Vicenza ha svalutato da62,5 a 48euro (non è ancora fissato il prezzo di recesso, che per somiglianza con il caso Veneto Banca non dovrebbe superare i 12 euro, ndr). Per gli analisti al momento della quotazione in Borsa (gli azionisti di Vento Banca lo decideranno sabato prossimo, quelli di Vicenza a marzo) varranno 10-12 euro, forse. Secondo Consultique, però, a rischiare perdite nei prossimi mesi sono anche le azioni di altre banche medio-piccole non quotate sui mercati regolamentati, come la Popolare di Bari (che ha collocato 332 milioni di subordinate), CariAsti (5 milioni), Banca Sella (173 milioni) e CariBolzano (140 milioni).
Speculari a questi allarmi saranno gli sconquassi che si apriranno intorno alla gigantesca montagna di crediti in "sofferenza" (prestiti non facilmente esigibili) che pesa sui bilanci delle banche: 200 miliardi e dispari, contabilizzati di 30% del loro valore nominale. Qual è il problema? Che quelli in pancia alle consorelle "salvate" sono stati svalutati fino al 17,5% del valore nominale. Se questo fosse il prezzo medio a cui adeguarsi, rischiamo di uscirne a pezzi.

di Carlo di Foggia, da Il Fatto Quotidiano


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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