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25 anni fa: Gabriella d'oro

Di Paolo Mutterle Martedi 11 Agosto 2009 alle 08:00 | 0 commenti

L'arrivo ai Giochi di Los AngelesLos Angeles, 11 agosto 1984. Gabriella Dorio realizza il suo sogno fin da ragazzina: vincere un'Olimpiade. Oggi la sua passione per l'atletica è ancora immutata, così come l'emozione per il ricordo di quel giorno.

 

 

 

"C'è chi dice che vincere un mondiale e vincere un'Olimpiade è la stessa cosa. E invece non è così, le due cose non si possono nemmeno paragonare. L'Olimpiade è una storia a parte, l'Olimpiade è... l'Olimpiade". Venticinque anni dopo il trionfo nei 1500 metri che l'ha resa un'icona dell'atletica italiana e mondiale, Gabriella Dorio è ancora capace di emozionarsi e di emozionare. La foto che in quel 11 agosto del 1984 la immortalò sul traguardo di Los Angeles parla al cuore di tutti gli sportivi, in particolare dei vicentini che hanno adottato questa ragazza bionda ed esile nata a Veggiano, ma cresciuta a Cavazzale e ora marosticense, in nazionale dall'età di sedici anni e capace di raggiungere il massimo obiettivo possibile per un atleta: l'oro olimpico.

 

Gabriella Dorio, come festeggerà questa ricorrenza? Aprirà il cassetto dei ricordi?

"A dire il vero non avevo ancora pensato all'anniversario. Quel che è fatto è fatto, anche le scarpette e la medaglia oggi hanno un valore relativo. L'emozione però resta sempre presente, perchè una vittoria a un'Olimpiade è qualcosa di unico, di difficile da raggiungere. Quel che conta di più è sapere di aver scritto una pagina importante dello sport e dell'atletica, di aver raggiunto un successo che rappresenta un orgoglio per me, per la mia famiglia e per tanti appassionati".

È vero che rischiò di non partecipare a quei Giochi per un infortunio?

"Diciamo che arrivavo da un inverno piuttosto travagliato. Avevo vinto con un buon tempo i campionati italiani indoor e la Federazione mi fece partecipare agli Europei, anche se non avevo la preparazione specifica. I tendini si infiammarono e a febbraio andai in America per curarli. Nei mesi successivi mi sono sempre allenata, scegliendo di fare pochissime gare per non perdere giorni preziosi di allenamento. Così prima dell'Olimpiade non avevo fatto dei grandi tempi, e molti tecnici e addetti ai lavori erano dubbiosi. Feci l'ultima gara in Italia a Grosseto dopo quattro giorni intensi di carico e il risultato fu tutt'altro che eccellente. Da bordo pista il commissario tecnico di allora (Sandro Giovannelli, ndr) mi urlò: Non ti ci porto alle Olimpiadi! E la cosa destò un po' di scalpore. Ma io e il mio allenatore sapevamo di poter ottenere un risultato importante".

Di quel giorno ormai le è stato chiesto tutto, dal suo stato d'animo alle fasi della gara. C'è qualcosa che si è tenuta per sé?

"C'è un aneddoto che non mi ricordo di aver raccontato. L'approccio alla gara per me non era una routine, ognuna aveva qualcosa di diverso. Una mia caratteristica è sempre stata quella di controllare le emozioni, di amministrare la paura senza bruciare troppe energie. La notte prima delle competizioni importanti ero sempre serena e dormivo bene. Il giorno dei 1500 metri passai un bel po' di tempo al telefono con mio marito Carlo, eravamo sposati da due anni, il quale era ancora senza biglietto. La gara si avvicinava e a un certo punto gli dissi: il biglietto non te l'ho trovato, ora però non ho tempo perché devo pensare alla gara! Quando la partenza si avvicinava, niente mi distraeva. La mia forza principale è sempre stata nella testa, nella capacità di caricarmi e di tirare fuori il massimo".

Suo marito alla fine riuscì a entrare allo stadio?

"Alla fine sì, ma si dovette arrangiare chiamando direttamente qualcuno della Federazione. Infatti dopo la vittoria feci il giro d'onore cercando mio marito in mezzo a centomila persone, dato che non sapevo in quale settore si trovasse".

Gabriella Dorio mostra l'oro olimpicoIn molte interviste ha dichiarato che il suo sogno partiva da molto lontano.

"A 14 anni partecipai ai Giochi della Gioventù a Roma, allo Stadio dei Marmi. Avevo iniziato con l'atletica da due mesi un po' per caso, e lì vinsi i 1000 metri. Dopo la foto ricordo con la squadra di Vicenza mi alzai e dissi: Io da grande vincerò l'Olimpiade! La cosa al momento suscitò qualche risata, qualcuno pensò che mi ero montata la testa, ma per me era una reazione normale e dal quel momento dentro di me non ho mai smesso di crederci".

La lezione è che bisogna credere nei sogni?

"Penso di essere stata fortunata nella mia carriera, perché ho iniziato a vincere da giovanissima. Il primo titolo assoluto l'ho vinto a 17 anni, a 19 ho partecipato alla mia prima Olimpiade a Montreal con l'obiettivo di fare esperienza. In Canada poi ho battuto il record italiano negli 800 metri e sono arrivata sesta in finale nei 1500. Sono convintissima che avere come sogno o come obiettivo quello di vincere una medaglia d'oro mi abbia aiutato molto. Ma se penso alla mia carriera non mi fermo a quella gara, sono molto legata a tutte e cinque le finali olimpiche disputate, una nel 1976, due a Mosca nel 1980 e due a Los Angeles".

Un oro olimpico e nessun titolo mondiale: non è un po' strano?

"A dire il vero un mondiale lo stavo vincendo, nel 1983 a Helsinki. Ero in grande forma, ma non riuscivo a recuperare le energie e dopo le batterie mi sono sentita svuotata. Tornata in Italia feci le analisi e scoprii che alcuni valori ematici erano sballati, emoglobina e ferritina erano molto basse e ed erano la causa della stanchezza, ma il danno ormai era fatto. Oggi non succederebbe perché gli atleti sono più controllati. Nel 1984 la mia preparazione fu ancora più attenta. La dieta e le regole erano ferree; tra gli amici ero famosa perché ero quella che alle 10 andava sempre a letto, anche se c'era una festa. Niente era lasciato al caso".

La sua è una vita dedicata allo sport, anche dopo che ha smesso di gareggiare.

"Fino a poco tempo sono stata caposquadra delle squadre nazionali giovanili, attualmente seguo i ragazzi del Gruppo Atletico Bassano. Il Gab è una piccola società e devo occuparmi un po' di tutto, sia da dirigente che da tecnico, anche cercare soldi e sponsor per garantire la sopravvivenza. I risultati però non mancano: siamo la nona società in Italia con gli allievi e la tredicesima con le allieve. Non male, considerando che le nostre avversarie si chiamano Roma, Milano, Fiamme Gialle. E poi mi impegno nella promozione del Gioca Atletica nelle scuole. Sono convinta che lo sport in giovane età faccia bene, non solo al fisico ma anche alla mente. E l'atletica è bella. Certo, non tutti possono diventare dei campioni, ma praticandola uno si migliora, impara a superare i propri limiti. Lo sport insegna a dare il massimo".

Cosa pensa dell'atletica di oggi? L'Italia è in declino?

"E' difficile fare un paragone con gli anni '80, è stata l'epoca migliore per la squadra azzurra, basti pensare a gente come Mennea, Sara Simeoni, Francesco Panetta, Alberto Cova. La concorrenza era maggiore e questo sicuramente era un bello stimolo, ma il problema è che i ragazzi di oggi fanno fatica a far fatica... Quando mi allenavo al campo a Vicenza era il mio allenatore a dovermi dire basta, perché io avrei continuato a correre sempre... Oggi invece è già dura portare i giovani in pista! I talenti? Ce ne sono ancora, eccome! I ragazzi di oggi mangiano meglio e si vedono fisici migliori rispetto a trent'anni fa, ma bisogna vedere se poi hanno voglia di correre... Per emergere bisogna organizzare la propria vita in un certo modo, dare delle priorità. Sacrifici? Io non ho mai parlato di sacrifici ma di scelte, mi piaceva tutto quello che facevo, so che può suonare strano ma per me era divertente persino far fatica".

Nell'atletica girano più soldi, ma in molte discipline le prestazioni non migliorano. Non è che il professionismo "vizia" gli atleti?

"Se c'è un atleta che arriva nei gruppi sportivi militari e si sente appagato, la colpa è dell'atleta, non dei gruppi sportivi militari. Magari ci fossero stati ai miei tempi! Spesso ero costretta a mangiare fegato, anche se non mi piaceva, perché la bistecca non me la potevo permettere. Oggi manca la fame. Certo, se facciamo dei paragoni con altri sport dominati dal denaro, l'atletica rimane uno sport povero e bellissimo, in cui gli avversari oggi come un tempo si chiamano metro e cronometro. Quando capita la giornata storta si vede e non si possono trovare alibi esterni o dare la colpa all'arbitro. Io in queste condizioni mi esaltavo, nella società di oggi forse è più difficile".

In conclusione, cosa direbbe a un adolescente che come lei sogna di vincere un'Olimpiade?

"Di non smettere, sognare è una bella esperienza e solo pensarlo è esaltante. Beato chi ha questa idea in testa. Ma serve anche perseveranza: dopotutto io ho deciso il mio sogno a 14 anni e ho dovuto aspettare di averne 27 per realizzarlo. E non importa che sia di vincere un titolo italiano, mondiale oppure olimpico, quello che conta è il modo di viverlo. Avere un sogno da inseguire è comunque bello".

 La Dorio in una foto recente con altro olimpionico di Los Angeles: Alberto Cova

 

Gabriella Dorio è nata a Veggiano, ai confini tra le province di Padova e Vicenza, il 27 giugno 1957. Cresce a Cavazzale, dove inizia la sua carriera per caso, partecipando a una corsa campestre con la scuola e arrivando prima (su due). Qualche mese più tardi, nel 1971, vince i 1000 metri ai Giochi della Gioventù. Allenata dal fratello Santo, podista per passione, negli anni successivi batte tutti i primati di categoria e a 16 anni ottiene la prima di  65 convocazioni in nazionale.

Partecipa a tre Olimpiadi. A Montreal nel 1976 è sesta; a Mosca nel 1980 è quarta. A Los Angeles nel 1984 è medaglia d'oro nei 1500 metri piani. E' stata l'ultima donna italiana a vincere un oro olimpico nell'atletica, la terza della storia dopo Ondina Valla e Sara Simeoni. Ancora oggi è l'atleta che detiene il maggior numero di record italiani all'aperto, ben 12, di cui 5 assoluti. Nel 1991 vince l'ultima medaglia ai Giochi del Mediterraneo. Lascia l'agonismo nel 1992.

Attualmente vive a Marsan di Marostica con i figli Anna Chiara e Davide e il marito Carlo.

 

LINK CONSIGLIATI

http://it.wikipedia.org/wiki/Gabriella_Dorio

http://www.olimpiadi.it/campioni/Gabriella_Dorio/Intervista/index.html

http://aforismi.meglio.it/aforismi-di.htm?n=Gabriella+Dorio

http://www.podistidoc.it/articoli/824/gabriella_dorio_e_l_essenza_del_mezzofondo_femminile_in_italia.htm

 

 

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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