17 marzo 2011, improbabile 150° anniversario: la bandiera bianca di un anarchico triste
Giovedi 17 Marzo 2011 alle 20:29 | 0 commenti
Questa mattina mi sono alzato triste, perché conciliare con il mio animo anarchico i festeggiamenti per il 150° dell'Unità , non è cosa facile. Io amo la mia patria e la chiamo ancora patria, solo che la patria che ho fatto a tempo a conoscere non esiste più da un pezzo. Non che anche allora non valesse la pena essere anarchici in contrapposizione ai difetti di quel tempo, ma adesso si sta esagerando forte, e non è più possibile sopportare lo squallore.
La tristezza mi è passata quando sono riuscito a scherzarci su con un conoscente che è passato davanti a casa mia mentre ero intento a sbattere un lenzuolo che mi era servito a raccogliere della legna in macchina. Visto che il conoscente mi osservava, gli ho detto che quella era la bandiera italiana che ha perso i colori. Infatti per me in quel momento era diventata la bandiera bianca della resa. Resa alla perdita di sovranità nazionale, resa alla corruzione, resa alla perdita dei valori fondamentali, resa a questo sistema di amministrazione pubblica che produce solo ricchezza per pochi e disastri per tutti.
Altro motivo per non festeggiare: non si può festeggiare quello che non c'è. Non ci sono i 150 anni.
Qualche data: 1861, cosiddetta unità d'Italia, ma ci mancava qualche pezzo. 1866, entra il Veneto. 1870, entra Roma. 1919, entrano Trentino, Sud Tirolo e Friuli-Venezia Giulia con annessi i territori istriani e dalmati, Zara e Fiume. 1945, si perdono i territori slavi, suddivisione in zona A e zona B, entrambe di pertinenza dell'Italia, ma amministrate dai due paesi separatamente. 1975, trattato di Osimo, accordo definitivo per la perdita dei territori (autore il tanto osannato, ma non da me che lo considero un pessimo politico, Mariano Rumor). Peccato che il trattato non sia stato ratificato con legge costituzionale dal Parlamento, rendendolo praticamente nullo, e questo è il primo grosso problema, perché quei territori tornano di pertinenza dell'Italia allo scioglimento della Repubblica Federale di Jugoslavia (anche se i politici italiani, pessimi anch'essi - tutti - non se ne sono accorti). Il secondo è che detti territori sono stati fagocitati solo da Slovenia e Croazia, che, nel caso fosse stato un diritto (ma abbiamo visto che non lo è), tale diritto spettava a tutti e sette gli ex stati federati. Guai in vista per gli anni futuri e impossibilità di festeggiare non solo i 150 anni, ma neanche uno, perché per raggiungere un sicuro tracciato dei confini nazionali dobbiamo ancora mangiare tanta polenta. Solo allora festeggerò. Ma noi non ci saremo, come disse quel tale.
La mancata ratifica dei trattati internazionali in parlamento è una pessima abitudine che non è cessata: quinta base americana di Vicenza, detta Dal Molin, docet. Stiamo ancora attendendo che i vacui discorsi o vaneggiamenti o farfugliamenti che dir si voglia di Berlusconi e Prodi si traducano in volontà dei cittadini italiani attraverso il voto dei loro rappresentanti.
Campa cavallo, che l'erba cresce.
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