16 ottobre, per non dimenticare la deportazione di ebrei e oltre 2000 Carabinieri
Martedi 16 Ottobre 2018 alle 15:26 | 0 commenti
Oggi, 16 ottobre 1943 è una data di dolore di estrema importanza per la comunità ebraica di Roma, per la città intera, per tutto il mondo ebraico. Dal libro di Fausto Cohen, la Grande Razzia del Vecchio Ghetto di Roma:…†cominciò alle 5:30 del 16 ottobre 1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle 26 zone operative in cui il Comando tedesco aveva diviso la città alla ricerca di altre vittime.Â
Quando il rastrellamento si concluse erano stati catturati 1.022 (N.d.R. i primi) ebrei romani. Due giorni dopo 18 vagoni piombati furono trasferiti ad Auschwitz. Solo 15 di loro sono tornati alla fine del conflitto: 14 uomini e una donna…tutti i duecento bambini sono mortiâ€.
Tra le tante storie, voglio ricordare quella di Settimio Calò, si è salvato per il vizio di quello che spesso porta alla morte: il fumo. Era uscito dalla sua casa, prima dell’alba, in via Portico di Ottavia 49, per fare la fila per comprare le sigarette. Quando rientrò non trovò più nessuno. Deportati tutti: la moglie, Clelia Frascati e i dieci figli, il più grande aveva 21 anni ed il più piccolo 4 mesi. Sue queste parole “Mi gettai contro le porte, volevo unirmi agli altri, non capivo più niente... poi mi sedetti a terra e cominciai a piangere. Ho vissuto solo perché ho sempre sperato di riaverne almeno uno, magari Samuele. Rimasi vivo io solo e vorrei essere morto“. Settimio è morto tanti anni fa, senza ritrovare mai più nessuno….era il fratello della nonna della mia amica Letizia Caviglia che aggiunge “Al momento della retata in casa c’era anche Settimio Caviglia, fratello di mio padre. La sera prima aveva voluto andare a dormire da zio Settimio Calò, per giocare con i cuginetti, deportarono anche lui e nessuno più tornòâ€.
Questa drammatico episodio dell’Italia non è disgiunto da quello della deportazione di circa 2.000 carabinieri. Le retate hanno avuto ragioni diverse, perché mai nella storia della deportazione e dell’annientamento degli ebrei ci sono stati e ci sono argomenti o termini di paragoni con quello che è stato il dramma ebraico. Chiunque cerchi di trovare delle similitudini con quella tragedia è ingiusto, incoerente e privo di coscienza umana. E’ un falso!
Anche l’Arma dei Carabinieri ha subito una deportazione di massa, una storia ancora oggi poco conosciuta, perché i Carabinieri hanno custodito in silenzio la memoria della cattura e la conseguente deportazione di oltre 2000 dei suoi uomini presenti nella capitale nel 1943. Tra i tanti episodi di guerra passata, non sufficientemente conosciuta va ricordato il sacrificio di oltre 2.000 uomini dell’Arma dei Carabinieri, deportati 7 ottobre, alcuni giorni prima della deportazione degli Ebrei Romani. Il tutto è venuto a galla grazie a una studiosa - Anna Maria Casavola- che ne ha pubblicato un libro nel 2008 “La deportazione dei Carabinieri Romani nei Lager Nazistiâ€. La storia dei carabinieri che si opposero al regime nazista non ha purtroppo avuto la visibilità che essa merita. La deportazione dei Carabinieri avvenne perché il boia Kappler, ufficiale tedesco delle SS, comandante dell’SD e della Gestapo a Roma e il comando tedesco non si fidavano della maggior parte dei carabinieri che avevano già dimostrato di aiutare la Resistenza, facendo fuggire i prigionieri politici dalle carceri, avvertendo la popolazione di possibile retate delle SS. Prima di essere deportati, i carabinieri furono rastrellati nelle varie caserme, disarmati, e minacciati che se avessero cercato di fuggire o di avvertire le proprie famiglie, i tedeschi si sarebbero vendicati nei confronti di quest’ultime.
Viviamo in un mondo di ingiustizia, più affascinato dal male che dal bene, ci troviamo davanti a un’Arma bersaglio del caso Cucchi e a una Polizia di Stato che passa indenne sull’Assassinio del piccolo ebreo Stefano Taché clicca qui. Due episodi che non rendono onore alle Forze dell’Ordine Italiane, con ritardo i Carabinieri hanno cominciato a parlare, ma lo Stato Italiano non ha ancora ricordato, almeno ufficialmente, chi e perché diede l’ordine alle Volanti della polizia di lasciare il quartiere ebraico poco prima dell’attentato. Se vogliamo andare avanti dobbiamo impegnarci, anche se costa una grande fatica a ricordare le Forze dell’Ordine per il bene che hanno fatto e che faranno, ma questo silenzio su Stefanino Tachè mi brucia dentro quanto l’umiliazione sofferta dal popolo ebraico europeo durante la Seconda Guerra Mondiale, la perdita di quelle mie radici yiddish, sulle quali, nonostante il non ritorno ed il tentativo di annientamento, io ho costruito il mio stile di vita.
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