150 anni:rivoluzione mancata,federalismo non voluto
Sabato 8 Maggio 2010 alle 01:06 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Lega Nord - Mentre si festeggia l'Unità , la stampa estera ironizza sul prossimo Regno delle Due Sicilie.
Nella sua rubrica nel "Corriere della Sera", Sergio Romano chiama in causa Marco Minghetti intellettuale regionalista e ministro degli Interni, che con una sua circolare nel 1861 invitava i Comuni a celebrazioni spartane, non dispendiose, per festeggiare la ricorrenza dello Statuto Albertino come atto fondante dello stato unitario sabaudo.
Sergio Soave, dalle colonne del "Foglio" richiama in causa a proposito delle celebrazioni del 150esimo anniversario Minghetti affiancandogli Cattaneo, non senza sottolineare, citando Gramsci e De Gasperi, come i grandi partiti popolari, cattolico e comunista, nella loro base e militanza registrarono sempre una forte avversione contro quello stato unitario ritagliato e organizzato attorno alle esigenze sabaude e di precisi centri di potere, finanziario ed economico.
Questa lettura presenta il Risorgimento come grande rivoluzione mancata, come grande occasione fallita nella quale sin dall'inizio le tesi federaliste e regionaliste furono accantonate proprio perché democratiche, popolari e decisamente non funzionali al progetto egemone di casa Savoia e di quelle centrali, interne come estere, che avevano tutto l'interesse a dar vita ad uno stato unitario ma debolissimo, chiamato a svolgere un ruolo marginale e subalterno nello scacchiere europeo e mediterraneo.
Rivendico il diritto di chi, dando questa lettura del processo unitario italiano, oggi non sente come particolarmente esaltante il 150esimo anniversario, anzi, non vi trova nulla per cui valga la pena di festeggiare e rispettosamente lascia pure che altri celebrino, ma non intende presenziare in maniera ipocrita. Aggiungo che a livello popolare, tra i cittadini oggi alle prese con una congiuntura economica devastante e preoccupati giustamente per gli scenari della tempesta monetaria di questi giorni, i festeggiamenti per l'Unità mi sembrano accolti, a dir poco, con freddezza e con la coscienza che in verità l'Italia, nonostante festeggiamenti e celebrazioni, sia oggi un paese disunito e frammentato. La disparità è a tal punto evidente che, di questi giorni, il settimanale Economist (si veda http://www.economist.com/world/europe/displayStory.cfm?story_id=16003661 ) ironizza e dopo aver notato come in una ipotetica riscrittura della mappa europea Austria, Slovenia e Croazia potrebbero unirsi al nord Italia (un'area "idealmente guidata dal Doge a Venezia" scrive il settimanale inglese), sostiene che "The rest of Italy, from Rome downwards, would separate and join with Sicily to form a new country, officially called the Kingdom of Two Sicilies (but nicknamed Bordello cioè ‘Il resto d'Italia da Roma in giù si separerebbe e unirebbe con la Sicilia per formare un nuovo paese, ufficialmente chiamato Regno delle Due Sicilie (ma soprannominato Bordello')". Uno stato quest'ultimo, sostiene la provocazione dell'Economist che potrebbe fare anche una bella unione monetaria con la Grecia, ma nient'altro ("It could form a currency union with Greece, but nobody else"). D'accordo, l'Economist ironizza secondo alcuni in maniera pesante, ma questo, in realtà , è quello che in tanti e non dentro la Lega Nord ma nelle redazioni di giornali come in molti cancellierati, pensano dell'Italia Unita, della quale forse non è il caso di vantarsi.
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