La settimana dell'artigianato per la cultura
Mercoledi 17 Marzo 2010 alle 12:30Confartigianato
La mostra, allestita nel centro espositivo dell'artigianato vicentino
di Contrà del Monte, apre sabato 13 marzo e chiude il 30 aprile
LA SETTIMANA DELL'ARTIGIANATO PER LA CULTURA:
LE SCULTURE DI LANARO E PERLOTTO A VIART
Nel corso della Settimana dell'Artigianato, accanto alla mostra permanente di opere dell'artigianato artistico vicentino, lo spazio espositivo di ViArt a Palazzo del Monte in Contrà del Monte a Vicenza propone da sabato 13 marzo Meta-Morfosi, una rassegna di sculture in metallo degli artisti Roberto Lanaro e Gilberto Perlotto, che sarà aperta fino al 30 aprile. Ai visitatori di ViArt verrà offerto un omaggio di benvenuto e inoltre il Centro Espositivo, nelle giornate di venerdì 19 e sabato 20 marzo, prolungherà l'orario di apertura fino alle ore 23.
Roberto Lanaro, nato a Molvena nel 1946, ha iniziato a esporre a vent'anni e oggi ha al suo attivo oltre sessanta mostre, tra personali e collettive, in Italia e all'estero. Secondo il critico Dino Formaggio «È scultore di notevole potenza astrattiva e creativa. Figlio d'arte, con la lavorazione del ferro nel sangue, incorporata nell'officina paterna dove intere generazioni di fabbri erano passate a partire dai primi anni del ‘700, ha saputo portare l'arte della scultura del ferro a una delle sue espressioni più alte e più culturalmente valide (...). Lo troviamo nel 1974, assetato di nuovi stimoli di apprendimento, nei corsi estivi dell'Accademia d'Arte di Salisburgo, dove dopo vent'anni dalla sua fondazione ad opera di Kokoschka, alitavano ancora gli insegnamenti di notevoli maestri (come i costruttivismi spaziali di Somaini) e dove riscuote i primi premi di riconoscimento. Da allora, feconda e continua, sempre in piena coerenza personale, cresce e si diffonde il numero delle sue opere, capaci di infondere, nella loro sintesi di Astrazione Concreta, nella dura materia del ferro pienamente dominata, un respiro di libera vitalità del sentimento e dell'immaginazione. Nascono così costruzioni di straordinaria struttura sensibile per opere che, ormai, vanno in giro per il mondo, potenziano gli spazi delle piazze delle città in Italia e all'estero, modulano locali e pareti di banche e di edifici pubblici fino ad andare, in un'opera come L'Arco della Vita, a una modulazione di acciaio corten alta 5 metri».
Gilberto Perlotto, in arte "Gibo", è nato a Vicenza nel 1959, dove si è diplomato geometra, e vive a Trissino. Fa parte di una famiglia che forgia il ferro da oltre un secolo: è nipote di Antonio Lora e figlio di Germano Perlotto, dal quale ha appreso le tecniche di lavorazione dei metalli. Si è perfezionato con corsi di disegno e modellato presso laboratori d'arte e da autodidatta ha approfondito la lavorazione dello sbalzo e del cesello. All'attività di artista , con oltre venti mostre all'attivo in Italia e all'estero, affianca quella di restauratore di opere e monumenti con studio e praticantato in fonderie dove sperimenta le tecniche di fusione a cera persa e le finiture conservative dei metalli. Di lui ha scritto Mario Rigoni Stern: «Nella bottega del padre ha imparato l'arte di lavorare il ferro che assieme a quella della terracotta, è una delle più antiche. Nella memoria però, conserva ancora le immagini e l'uso di oggetti anche questi antichi di secoli, che oggi la tecnologia ha sostituito con altri molto più pratici ed efficaci ma che non hanno, però, l'impronta delle mani dell'uomo. Solo lo spirito di un poeta poteva pensare; fermiamoli nel tempo e nel ricordo con il ferro forgiato al calor bianco e battuto sull'incudine; trasmettiamo per sempre il loro ricordo per quello che sono stati nella vita di tanti e per quello che sanno suggerirci. Così ecco la carèga di paglia consunta, il tabà ro, la monèga, il bigòlo, la chitarra con le corde rotte e la cassa armonica scollata, il tajà pan... Ora sono fissati per sempre nella solidità del metallo anche per coloro che hanno memoria labile, o per chi non li aveva visti in uso: sono qui a trasmetterci di un tempo povero, sì, ma ricco forse di altre cose che abbiamo perduto».