Marina Bergamin su apprendistato a 15 anni
Lunedi 25 Gennaio 2010 alle 23:44Cgil Vicenza Â
Qualche giorno fa in un nostro convegno sulla crisi tutti convenivamo (sindacato e imprese) che non fossero opportune scorciatoie o ‘vie basse' per uscire dalla crisi e che si dovesse puntare su innovazione e conoscenza. Detto fatto: il nostro Governo intende riportare a 15 anni l'obbligo scolastico, equiparando l'apprendistato all'ultimo anno della formazione dell'obbligo e le associazioni datoriali applaudono.
La qualità del sistema scolastico, della ricerca e dei processi formativi e professionali permanenti sono ‘il futuro' e il gap in Italia, rispetto ai paesei europei e occidentali, resta consistente e rischia di ampliarsi anche rispetto ai paesi in via di veloce sviluppo.
Noi, anziché recuperare velocemente questo gap, arretriamo ancora, per rispondere alla logica del "facile, qui ed ora". Facile azzerare per questa via gli sforzi che vanno fatti per evitare la dispersione scolastica! Qui e ora servono braccia, poco importa se questi lavoratori, deboli di conoscenza e con pochissimo potere contrattuale, saranno destinati ad arrancare per tutta la vita in un mercato del lavoro sempre più complesso.
A scuola si impara ad imparare, ed è esattamente la cosa che serve in una società e in un mondo del lavoro che si muovono in fretta, che chiedono conoscenza, in cui un mestiere diventa obsoleto in pochi anni. Lo vediamo proprio nella crisi: la ricollocazione è più difficile per le basse qualifiche. E sono proprio le imprese a lamentarsi della poca capacità dei lavoratori a rimettersi in gioco.
Ma delle due l'una: o vogliamo semplicemente che il sistema dell'istruzione fornisca ai ragazzi una ‘tecnicalità ' immediatamente spendibile sul mercato (appunto "qui e ora") o mettiamo le basi perché i ragazzi apprendano rapidamente e permanentemente nella vita le specializzazioni, utili all'affermazione della persona/cittadino e quindi alle stesse imprese.
Il sistema dell'istruzione e della formazione continua dovrebbe stare all'interno di un patto in cui ad innovazione e competitività corrisponda anche la cura per la coesione sociale e il sostegno ai costi sociali dello spiazzamento (ri-qualificazione, ri-collocazione in un tessuto produttivo più evoluto). Questo crediamo fermamente. Per questo nei giorni scorsi la Cgil ha presentato un progetto di legge di iniziativa popolare sul diritto all'apprendimento permanente.
Cari imprenditori, le politiche formative devono avere una previsione ‘lunga', occorre riconsiderare le priorità alla luce di una previsione di quali saranno i fabbisogni nei prossimi vent'anni, uscendo da una cultura dell'immobilità sociale e dell'uso della risorsa umana tutta rivolta al passato.
Marina Bergamin
Segretaria generale Cgil Vicenza Vicenza
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