Stevan: una terza via per la ripresa
Mercoledi 25 Novembre 2009 alle 15:21 | non commentabile
Provincia di Vicenza
L'Assessore Provinciale al Sociale Maria Nives Stevan affida al testo che segue alcune riflessioni in merito alla crisi economica e ai suoi effetti negativi sulla popolazione, prospettando una "terza via" per la ripresa.
Vanifichiamo secoli di sacrifici e di progresso?
Terza via più che mai necessaria su scala mondiale
La crisi economica sta aggravando i suoi effetti sociali e interessando un numero crescente di famiglie: italiane in generale, vicentine in particolare. I dati della Caritas per un verso e dell'Istat per un altro sono conformi alla realtà che dal mio assessorato posso rilevare ogni giorno.
Tuttavia non mi sembra che venga messo in dovuto rilievo né dall'istituto di carità , né da quello di statistica, il disagio reale in cui versano le famiglie venete, forse perché per cultura e per educazione il malessere viene da queste nascosto con pudore, come se dovessero vergognarsi di essere in difficoltà . Un pudore sconosciuto ai poveri di altra provenienza che, infatti, non hanno remore nel rivolgersi a parrocchie cristiane o a istituzioni pubbliche per chiedere aiuti economici o materiali, al punto che la percezione che si ha dall'interno di queste strutture è di una povertà che riguarda solo i nuovi venuti, e che siano questi i destinatari naturali delle risorse di prima necessità . Ma le cose non sono in questi termini: la povertà è in aumento soprattutto tra gli italiani, come si evince dalle fredde statistiche dell'Istat.
A tal proposito, il recente rapporto dell'Istituto nazionale di Statistica evidenzia come la popolazione italiana stia invecchiando, la disoccupazione stia crescendo, il PIL sia stagnante e che l'unico dato in significativa crescita sia quello del numero degli immigrati.
Per anni abbiamo sentito recitare la tiritera sulla necessità di nuova immigrazione per fare i lavori che noi rifiuteremmo, per sostenere le pensioni e per incrementare il PIL, ma la crisi attuale dimostra che il modello era sbagliato e dunque va cambiato. Come?
Per anni la Lega Nord è stata trattata come una banda di beoti o di eretici da bruciare, ma oggi è venuto il momento di ascoltarci quando diciamo che va incrementato il PIL pro-capite piuttosto che quello generale, puntando al benessere dei singoli e delle famiglie. L'Istat informa che i cittadini con più di 65 anni sono il 143% di quelli con meno di 15 anni, ciò significa che senza perdere posti di lavoro e con il PIL pressoché costante la popolazione è destinata a diminuire, aumentando così la ricchezza pro-capite, a condizione di bloccare i flussi migratori.
Nel frattempo però sarebbe necessario destinare alle famiglie giovani fondate sul matrimonio le risorse recuperate da un coraggioso taglio della spesa pubblica, per incrementare il tasso di fecondità delle donne italiane spesso limitate nel fare figli da difficoltà finanziarie che sono molto più gravi di quanto comunemente si creda.
Il discorso non si può liquidare con poche parole e meriterebbe di venire supportato con dati ed esempi. Tuttavia è evidente a tutti che il modello socialista sia fallito ovunque, che quello capitalista sia arrivato anch'esso al collasso e che quella Terza Via da tanto tempo cercata, ma mai trovata, è oggi più che mai necessaria. La mia convinzione è che questa non sia nella globalizzazione e nel mondialismo, bensì nell'economia a diverse velocità in un contesto di comunità diverse, perché se è vero che l'umanità è una e il pianeta è lo stesso per tutti, è vero anche che i popoli sono tanti, le terre diverse e i modi di produzione o di organizzazione politica e sociale molteplici. La Terza Via è nella valorizzazione delle diversità , che niente ha da spartire con la discriminazione; è nel federalismo e nel regionalismo, politico ed economico, su scala mondiale. Altrimenti, con l'ingresso nei mercati di 3 miliardi di persone tra Cina, India, Brasile e Russia, più alcuni Paesi dell'Africa, il reddito nostro si adeguerà inevitabilmente a quello di questi popoli, vanificando secoli di sacrifici e di progresso faticoso dei nostri avi. Per rispetto al loro lavoro non possiamo permetterlo: non è giusto!