No alla cittadinanza per tutti
Mercoledi 18 Novembre 2009 alle 17:52 | non commentabile
On. Roberto Ciambetti
Tanti tipi di immigrazione: la cittadinanza è una soluzione per tutti?
Ogni giorno sono presenti sui quotidiani i richiami alla cittadinanza, all'immigrazione del Presidente Fini. Bisognerebbe fare parecchi distinguo, al di là del condividere o no le sue proposte. Quanti tipi di immigrazione ci sono in Italia? Siamo sicuri, ad esempio, che le donne dell'est che sono qui come badanti vorrebbero la cittadinanza? Con la cittadinanza in mano, secondo Fini, tutti i problemi svanirebbero.
Siamo abituati, infatti, ad accorgerci del fenomeno delle donne che migrano da sole dai Paesi dell'Est quando il Governo avvia una sanatoria per i loro permessi di soggiorno e per la regolarizzazione del loro lavoro. Viene da chiedersi se di fronte a migliaia di donne che vivono nel nostro Paese sia questo l'unico modo di regolamentarne la permanenza in Italia. Albanesi, ucraine, rumene, moldave, russe sono badanti o domestiche, ma quello che dovrebbe interessare le Istituzioni è che queste persone non possono esistere "solo" all'interno delle famiglie come lavoranti. Fuori cosa rappresentano? Ogni volta che c'è stato da affrontare un provvedimento di sanatoria, con molto buon senso lo si è fatto, vista l'urgenza dei numeri elevatissimi delle posizioni da sanare, per conciliare sia il bisogno delle famiglie sia l'instabilità delle lavoratrici straniere. Tuttavia, contesto che questo sia l'unico approccio da sostenere di fronte ad una migrazione del tutto particolare. L'implosione del sistema sovietico ha avviato nei Paesi dell'Europa centro -orientale una massiccia migrazione di donne. Donne che da sole hanno scelto di andarsene dai loro Paesi, lasciando alle loro spalle una famiglia. E spesso queste donne fanno saltare lo stereotipo dell'uomo capo-famiglia che emigra per primo: sono loro che se ne vanno in cerca di reddito da trasferire alla famiglia di origine. In molti casi dietro a donne fra i quaranta e i cinquanta anni ci sono mariti che hanno fallito la propria riconversione lavorativa e la donna rimane l'unica che reperisce il mantenimento per i figli. Si può intuire che una migrazione simile, probabilmente molto articolata e differente a seconda delle nazionalità di origine coinvolte, ci pone questioni da affrontare in campo di accoglienza sociale e sanitaria, ma ci dovrebbe spingere anche a distinguere le differenze nell'essere immigrate atipiche, per valutarne profili di tutela diversa. La loro permanenza in Italia è provvisoria: si tratta di una provvisorietà che a volte dura anni, ma sempre provvisoria è. Il permanere è vincolato dal risparmiare denaro da inviare nella patria di origine. Quindi permangono un po' di anni, ritornano a casa, rientrano e così via. I ricongiungimenti, poi, sono difficili. Queste donne si dividono tra il Paese in cui lavorano e il paese di origine dove devono mantenere gli affetti e i figli, magari l'idea di comprare una casa. Sono donne spezzate a metà . Non me ne voglia il Presidente Fini, ma come vede la sensibilità dell'analisi politica di un leghista verso le politiche immigratorie non è frettolosa né fatta di slogan, anzi. Ribadisco che il riconoscimento della cittadinanza non scioglierebbe le istanze di integrazione delle donne dell'est. Muovo questa provocazione. E' più utile che si assecondino percorsi lavorativi temporanei ma più certi. Se maggiore stabilità lavorativa per più anni può indurre ad un buon rientro nei Paesi di origine, se la felicità sta nei figli, è giusto che queste donne rientrino. Al di là degli stereotipi a loro legati (sono considerate libere in certi atteggiamenti perché sole), è opportuno guardare "oltre" e capire che non è a soli colpi di cittadinanza che si fanno le politiche di integrazione. Ne sono esempio le donne cittadine transnazionali. Vincenti sarebbero i rapporti bilaterali con i loro Paesi di origine, dove dovrebbero essere agevolati e più trasparenti i viaggi dei loro beni. Tuttavia la loro permanenza in Italia abbisogna di assistenza soprattutto psicologica per il fatto di essere nella maggioranza madri divise. Quante cose da analizzare, Presidente Fini. I proclami servono a volte a ben poco, le politiche di cittadinanza non nascono da un palco e nemmeno fanno clamore, lasciamole agli esperti queste faccende, poi il politico potrà realizzare con più oculatezza le norme.
Roberto Ciambetti - Capogruppo Lega Nord Liga Veneta