Carabinieri di Vicenza arrestano un albanese per reati commessi a Bergamo
Sabato 9 Giugno 2012 alle 18:11 | non commentabile
Carabinieri di Vicenza - I carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Vicenza hanno rintracciato in via Luzzatti, presso il bar “Amiciziaâ€, e tratto in arresto un albanese classe 1981, dimorante in Vicenza, gravato da precedenti di p.g., destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Bergamo in data 23 maggio 2012.
Risulta responsabile dei reati, in concorso, di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, estorsione e tentato omicidio, fatti commessi in Bergamo e provincia. L’arrestato e’ stato rinchiuso nella casa circondariale di Vicenza a disposizione dell’a.g. mandante. Si allega comunicato stampa del comando provinciale dei carabinieri di Bergamo che ha condotto l’operazione. I nominativi sono volutamente omessi per ragioni investigative.
L’indagine “LETTO A TRE PIAZZE†scaturiva dalle testimonianze rese nel maggio 2008 da una prostituta rumena sulla S.P. Villa d’Almè – Dalmine, che riferiva di essere vittima da qualche tempo di un tentativo di estorsione posto in essere da un uomo albanese attraverso la sua fidanzata-prostituta.
Nel successivo giugno 2008 la donna veniva fatta oggetto, da parte di due sconosciuti, di alcune esplosioni di colpi di arma da fuoco indirizzate alla sua vettura TOYOTA Paseo. Dell’episodio risultavano testimoni altre due prostitute.
Dai primi approfondimenti investigativi emergeva un chiaro scenario: le donne, prostitute lungo la strada provinciale s.p. 470 Villa d’Almè – Dalmine e sp 525 Lallio – Osio Sotto, erano “gestite†da diversi gruppi criminali di etnia albanese e rumena, talvolta in lotta per il controllo del territorio del meretricio.
Le successive indagini, che consentivano inoltre di appurare la connivenza di cittadini italiani, permettevano di accertare il vero e proprio “reclutamento†di ragazze dell’Est europeo da avviare alla prostituzione, fatte immigrare clandestinamente in Italia, anche con l’inganno, evidenziando il sistematico ricorso, da parte degli sfruttatori, alla gestione e controllo a distanza delle ragazze sia attraverso numerose telefonate sia per mezzo di controlli visivi.
Le meretrici comunicavano telefonicamente ai rispettivi protettori/sfruttatori tutti i loro spostamenti e ricevevano istruzioni circa i comportamenti da tenere in relazione alle situazioni contingenti. Sovente le prostitute e i loro sfruttatori, per eludere eventuali investigazioni delle forze dell’ordine, cambiavano le schede SIM e i telefoni cellulari.
Le indagini consentivano di individuare due sodalizi criminali dediti all’arruolamento ed allo sfruttamento delle prostitute, con i compiti di accompagnamento e dunque favoreggiamento dei reati operati da cittadini italiani “vicini†alle meretrici, che apparentemente fungevano da autisti in quanto accompagnavano le ragazze sul luogo dove si prostituivano, ma che in realtà  fornivano appoggio logistico in quanto le avvisavano dei controlli delle Forze dell’Ordine, acquistano profilattici ed altro.
Gli elementi di spicco risultavano essere entrambi albanesi.
I due gruppi, di cui una donna, annoveravano in tutto 17 elementi, di cui 6 italiani, 4 rumeni, gli altri 7 albanesi. Venivano identificate circa 20 prostitute, tutte rumene. Particolare il ruolo di una donna del secondo gruppo, che agiva come una sorta di “procacciatrice di affariâ€: si è accertato che lei e il fratello in Romania si accordavano per individuare delle giovani rumene da spedire in Italia con l’inganno di un lavoro onesto ma in realtà per avviarle alla prostituzione. Individuata una giovane donna, questa accettava di venire in Italia convinta di fare il lavoro di badante, costretta dalla necessità di mantenere lei stessa, i suoi due bambini e la sua famiglia. Pagato il viaggio dai fratelli malviventi, la donna arrivava a Bergamo nell’ottobre 2009, e dal giorno successivo si stava già prostituendo procurando i primi guadagni allo sfruttatore.
Nel corso dell’indagine  - luglio 2009 - si registravano tentativi di omicidio nei confronti di cittadini albanesi e rumeni, succeduti nel teatro della lotta per la spartizione dei luoghi della prostituzione, i cd. “Letti†(da cui il nome dell’indagine): solo per coincidenze fortuite non veniva ucciso alcuno dei contendenti. La disponibilità e il ricorso ad acquisti di armi per “sanare†situazioni di ingerenza di territorio da appartenenti ad altre bande portava all’arresto di 2 albanesi, a Boltiere (BG) il 20.12.2009 per la detenzione di una pistola cal. 7,65 con matricola abrasa; un altro albanese era tratto in arresto a Treviglio (BG) il 30.9.2009 per detenzione di droga e di munizionamento cal. 7,65; Un altro albanese veniva arrestato a Seriate (BG) il 6.10.2009 per la detenzione di una pistola clandestina cal. 7,65 e relativo munizionamento.
Alcuni indagati avevano inoltre documenti falsi per eludere l’identificazione; per lo stesso motivo facevano ricorso a sim-card intestate a persone inesistenti, da utilizzare su telefoni repentinamente dismessi.