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Zuccato, imprenditore di lotta e di governo

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 24 Luglio 2011 alle 01:07 | 0 commenti

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Da La Repubblica, Affari e finanza di Paolo Possamai

Disse una volta Bob Dylan: "Essere giovani vuol dire tenere aperto l'oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro". Con queste parole, Roberto Zuccato ha concluso la sua relazione dinanzi agli associati di Confindustria Vicenza, un paio di settimane fa. Il presidente voleva rompere schemi e liturgie, stili e convenzioni. Ha parlato di delusione e solitudine, di "abissale lontananza del Palazzo" dagli italiani.

Da allora si sono moltiplicati i segnali di un ritorno del sistema confindustriale nordista a un approccio movimentista e, insieme, di profonda insofferenza nei riguardi della politica e del governo Berlusconi. Ma il detonatore lo ha innescato lui, complice pure l'indagine realizzata tra i suoi associati dalla Demos di Ilvo Diamanti. Oggi Zuccato, pacato nei modi quanto determinato nel perseguire gli obiettivi, con voce calma sillaba: "Di concreto il governo non ha fatto quasi niente per aiutarci a uscire fuori dalla crisi. E lo dice una terra che aveva fatto un importante investimento di fiducia in questa maggioranza, che è stata distratta da temi tutt'affatto distanti dalle vere priorità".
Zuccato non ha voluto nemmeno un politico sul palco il giorno dell'assemblea, perché "siamo stufi di promesse e impegni generici. L'Italia sta andando a fuoco e destra e sinistra non sanno far altro che litigare. E di questo andare alla deriva, che rischia di farci fare la fine della Grecia, a fare le spese sono soprattutto i nostri giovani. Stiamo perdendo una intera generazione, come se fosse passata la falce della guerra, come se ci fosse stata una tragica carestia. Stiamo perdendo la speranza". Ecco il richiamo al menestrello Dylan, chiamato in causa di fronte alla platea in gessato.
Roberto Zuccato è un tipico esponente dell'imprenditoria di prima generazione nordestina. Dopo un decennio e più passato in giro per il mondo con il catalogo di aziende di cui era dipendente, Zuccato nel 1987 assieme al suo socio Nicola Franceschi ha creato AresLine. Produce poltrone per ufficio e per sale conferenze, teatri, aule universitarie. L'impresa va bene, anche quest'anno è attesa una crescita attorno al 34% in un comparto devastato dalla crisi, esporta il 40% della produzione, anche in Cina con la linea griffata Pininfarina. Lui dice che "in azienda non c'è modo di annoiarsi di sicuro". Lo dice rivolto a quelli che, in vista dell'anno venturo, quando lascerà la presidenza di Confindustria Vicenza e compirà 60 anni, lo danno tra i favoriti per la leadership confindustriale del Veneto. Ma nel caso in cui gli toccasse in eredità il testimone da Andrea Tomat, il suo programma lo ha già scritto. Basta leggere la relazione di chiusura vicentina per scoprirlo, tra citazioni di Luigi Einaudi, Francesco De Gregori (la storia siamo noi è il refrain), Carlo Collodi.
Le priorità indicate sono: una grande riforma fiscale (il carico va spostato su rendite finanziarie e consumi), l'abbattimento del debito pubblico, la riduzione degli sprechi e dell'invadenza della politica, le liberalizzazioni dei servizi pubblici, la modernizzazione delle infrastrutture. Tutte materie per le quali annuncia battaglia, sull'onda di un sentimento di scontento quasi universalmente condiviso dalla platea degli industriali. Ma non basta. A segnare il ritorno al movimentismo confindustriale degli anni '90, che contribuì a varie partite riformiste, Zuccato dice: "Siamo disposti a sostenere un referendum per la drastica riduzione del numero dei parlamentari e per la cancellazione di questa pessima legge elettorale". E aggiunge: "Siamo cittadini e non sudditi. Siamo nauseati da una classe politica che chiede a noi sacrifici e non interviene prima sui propri indecenti privilegi. Troviamo avvilente e inaccettabile essere espropriati del diritto di scegliere i nostri rappresentanti in Parlamento, che vengono oggi cooptati da segretari di partito che saranno i loro padroni".
Parole pronunciate senza foga né intonazioni partigiane. Zuccato non fa differenze tra sinistra e destra quando manifesta la sua "profonda delusione". E proprio perché non vede sponde, chiama il sistema confindustriale a riprendere in mano la fiaccola per illuminare la via alle riforme. "Forse negli ultimi anni ci siamo occupati troppo poco di ProgettoPaese e di strategie, ma a questo punto è una autentica emergenza".
Mentre sostiene queste tesi e mentre conversiamo con lui, Zuccato sta ascoltando la tavola rotonda finale alla presentazione del Rapporto 2011 della Fondazione Nord Est. Di scenari e realtà presente stanno parlando Romano Prodi e Gianni De Michelis. L'ex premier dice che di fronte all'incendio che sta bruciando l'Italia "occorre chiamare i pompieri" e definire una tregua. Cosa inimmaginabile solo qualche settimana fa, Prodi piglia una salva di applausi convinti dagli industriali nordestini che gremiscono la sala. Concetto che Zuccato riprende, citando "l'urgenza di allestire una grosse koalition come in Germania, il tempo necessario a fare le riforme - anche impopolari che nessun partito da solo vorrebbe fare e che nessuno difatti ha realizzato". Niente governissimi. La cultura bipolare non è in discussione. Ma gli unni sono alle porte e occorre unire tutte le forze. Scenari impensabili quando ancora pareva che il credito nei riguardi di Berlusconi e del centrodestra potessero reggere. L'indagine di Diamanti è venuta a dire che il re è nudo, che la fiducia verso il governo è crollata al 10% e quella verso la Regione al 34% (otto imprenditori su dieci si dicono insoddisfatti della riforma federalista). Il 21% degli imprenditori prevedono che la situazione della loro azienda peggiorerà, il 49% ritiene che nei prossimi 5 anni il settore manifatturiero italiano perderà competitività.
E qui torna in causa la questione della speranza. Speranza da ricostruire.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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