Sbrollini: tutele dei cronisti co.co.co.
Mercoledi 30 Novembre 2011 alle 12:19 | 0 commenti
 
				
		
		On. Daniela SbrolliniI, Partito Democratico  -  Interrogazione a risposta scritta presentata da Daniela Sbrollini al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico.
premesso che: 
stante la scadenza del 31 dicembre 2011 prevista dal cosiddetto "collegato lavoro" (legge 4 novembre 2010, n. 183), data entro cui i lavoratori italiani detentori di contratto a termine (anche co.co.co.) in scadenza o scaduto potranno ricorrere in giudizio, impugnando il contratto contro il datore di lavoro, per vedersi riconosciuti come lavoratori dipendenti a tutti gli effetti ove ve ne fossero gli estremi, pena la perdita di tutti i diritti pregressi;		
l'art. 32 della 183/2010 infatti, intitolato "Decadenze e disposizioni  in materia di contratto di lavoro a tempo determinato", dispone al comma  1 che ora la risoluzione del rapporto, anche nei casi di sua  invalidità, debba essere impugnata in forma scritta e a pena decadenza  entro 60 giorni dal ricevimento della sua comunicazione;
i termini  previsti inizialmente dalla normativa sono stati fatti slittare più  avanti, per arrivare appunto al 31/12/2011. La normativa sopra citata è  stata impugnata in alcuni processi davanti al giudice del lavoro, e  risulta alla scrivente che in alcuni casi il giudice abbia inviato la  norma alla Corte Costituzionale per verificarne l'eventuale  incostituzionalità;
prima dell'entrata in vigore della legge  183/2010, se in una vertenza di lavoro la configurazione del rapporto  come "a termine" (anche sotto forma di co.co.co.) fosse stata dichiarata  illegittima, il giudice provvedeva a convertire il rapporto,  trasformandolo da determinato a indeterminato e stabilendo un  risarcimento pari a tutte le retribuzioni non percepite fino al  ripristino del rapporto stesso. Con la normativa suddetta il  risarcimento del lavoratore va da un minimo di 2,5 ed un massimo di 12  mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;
nel settore  giornalistico, a titolo di esempio, vi sono migliaia di giovani e non  che lavorano con contratti co.co.co. rinnovati ogni anno, e validi per  un anno, svolgendo spesso un vero e proprio lavoro dipendente  pluriennale per la stessa azienda, pagato un tanto ad ogni articolo  pubblicato. Solo un giornalista su tre (secondo i sindacati del settore)  oggi ha un vero contratto dipendente (cosiddetti "articoli 1").  L'attesa della durata di molti anni è la norma, prima di una vera  assunzione: la possibilità di fare causa è concreta ma considerata  "extrema ratio", perché nel momento in cui si impugna il contratto si è  di norma costretti a cercare un altro lavoro e ricominciare l'iter da  capo;
è inoltre evidente che l'attuale crisi ha reso ancora più grave  questa difficoltà nel cercare un'occupazione, tanto più nel settore dei  media;
Fnsi e le Assostampa regionali, organizzazioni sindacali del  settore, si sono più volte pronunciate contro il suddetto "collegato  lavoro", ritenuto un rischio e un danno per l'aspettativa di stabilità  nel lavoro di migliaia di cronisti; 
chiede:
quali iniziative il  Governo intenda adottare al fine di risolvere anzitutto questa  difficoltà immediata che vale per migliaia di co.co.co. italiani, che  perderanno ogni diritto se entro il 31 dicembre non avvieranno una causa  contro il proprio datore di lavoro; 
se il Governo adotterà un'iniziativa normativa tesa a superare le situazioni, frequenti ad esempio nel settore del giornalismo, in cui il lavoratore co.co.co. ha il proprio contratto rinnovato annualmente e una paga determinata "a cottimo", configurandosi di fatto come un dipendente in tutto e per tutto ma vivendo un perenne precariato dovuto all'abuso di uno strumento (il contratto co.co.co.) pensato inizialmente con altre finalità .
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